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Plagionotus scalaris (Brullé, 1832) Dettagli della specie

18.V.2017 - ITALIA - Lazio - RM, Quartiere Montesacro/Talenti


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MessaggioInviato: 18/05/2017, 15:32 
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Plagionotus scalaris (Brullé, 1832)

Sono quasi 50 anni che cerco insetti (49, per l'esattezza) e questa specie non mi era mai capitato di trovarla, come scrivevo anche pochi giorni fa, in questa discussione, in seguito alla quale avevo anche pensato, appena libero dagli impegni lavorativi/familiari, di farmi un giretto nella campagna a Nord di Roma, a pochi km da casa mia, per vedere se per caso riuscivo a trovarne uno su qualche fiore di malva.
Invece non è stato necessario. Stamattina, uscito da scuola, dopo le prime ore di lezione, per andare a fare l'ultima ora in succursale, passando per il prataccio dietro casa, ne ho trovati due in bella vista (si vedono tranquillamente a 10 m di distanza) appollaiati su fiori di malva selvatica lungo il sentiero che stavo percorrendo. Peccato che non avessi il tempo di controllare tutto il campo.

Magari è stato solo un caso, e non ne vedrò mai più, ma essendo la terza segnalazione per Roma e dintorni in meno di un anno, credo che questa specie tipicamente meridionale stia diventando decisamente più frequente che in passato, qui nel Lazio. Effetto del cambiamento climatico?

Lazio, Roma, Quartiere Montesacro/Talenti, 18.V.2017, M. Gigli legit

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Maurizio Gigli
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MessaggioInviato: 18/05/2017, 20:45 
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Effetti del cambiamento climatico o fluttuazioni di popolazione, ci sono anni dove in zone relativamente ampie come province o piccole regioni una specie diventa comune quando per anni non si erano visti che pochi esemplari. è il caso delle Melolontha o dei Vesperus. Con i Plagionotus mi è capitato con il floralis: l'anno scorso erano abbondanti sui fiori in questa stagione, mentre i due anni prima pur frequentando lo stesso posto erano in numero nettamente minore.

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MessaggioInviato: 18/05/2017, 21:27 
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Nome: Maurizio Gigli
Plagionotus ha scritto:
Effetti del cambiamento climatico o fluttuazioni di popolazione, ci sono anni dove in zone relativamente ampie come province o piccole regioni una specie diventa comune quando per anni non si erano visti che pochi esemplari. è il caso delle Melolontha o dei Vesperus. Con i Plagionotus mi è capitato con il floralis: l'anno scorso erano abbondanti sui fiori in questa stagione, mentre i due anni prima pur frequentando lo stesso posto erano in numero nettamente minore.

In questo caso, come del resto anche in altri, non mi sembrano le solite fluttuazioni periodiche (che nelle Melolontha, in particolare, sono note forse da secoli). Ci sono specie che un tempo, in certi territori della Penisola erano introvabili, mentre ora ci si trovano, alcune anche in numero, ma si tratta di cambiamenti avvenuti nell'arco di decine di anni, od anche parecchie decine di anni. Così come ci sono casi opposti, in cui specie comunissime sono virtualmente scomparse. In casi del genere credo che la causa vada ricercata nei cambianti ambientali, sia che siano prodotti direttamente da azioni antropiche locali, che conseguenti a cambiamenti climatici.

Giusto per farti qualche esempio, Anthaxia hungarica era ritenuta dagli entomologi della generazione precedente la mia una specie rara nel Lazio, forse anche nelle regioni limitrofe. Da qualche decennio è diventata una delle più comuni. Si trova da fine aprile a fine agosto praticamente ovunque. Cambiamento del clima? Cambiamento della vegetazione? O chissà che altro? Vallo a sapere!
Isotomus barbarae era del tutto sconosciuto in tutto il Lazio, malgrado la presenza di fior di entomologi. Ora ne trovo tracce quasi ovunque mi venga la curiosità di provare a cercarlo. I Cerambycidae aumentati di numero qui sono però relativamente pochi, mentre sono in numero discreto i Buprestidi. Forse (anzi, senza forse) il clima qui è diventato mediamente più arido negli ultimi 50 anni (benché la copertura forestale sia aumentata) e un aumento di aree xerotermiche ma con vegetazione arbustiva ed arborea potrebbe aver favorito specie notoriamente termofile come i Buprestidi (piante cresciute in condizioni di carenza idrica tendono ad essere più deboli e ad essere attaccate più facilmente).
Tra i Cerambycidae ho invece notato una regressione di varie specie, come i Morimus, prima ovunque, ora ancora comuni, ma molto meno di prima, i Cerambyx scopolii, che prima si trovavano dappertutto, ora molto meno, i Cerambyx cerdo, che erano comunissimi, ora si trovano qua e là, ma non più come prima (in compenso è aumentato il welensii). Lamia textor, praticamente sparita, ecc.

PS - E' vero che il P. floralis ha ampie variazioni da un anno all'altro, ma nei posti in cui c'è lo trovi sempre, magari un anno ne vedi 4 o 5, un altro anno 50-60. Senza contare che nei posti in cui andiamo una volta ogni tanto la nostra visione della situazione può essere fortemente falsata da una stagione un po' in anticipo o un po' in ritardo. Come ben sai anche tu, una settimana prima o dopo (ma a volte anche meno) possono fare una enorme differenza.

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Maurizio Gigli
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MessaggioInviato: 18/05/2017, 22:56 
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Nome: Marcello Benelli
Devo dire la verità... fino a qualche anno fa ero solidamente convinto dell'importanza dei fattori esterni (antropizzazione, clima, ecc...) nella consistenza delle popolazioni di cerambicidi.
Non so se a torto o a ragione, ma sto rivedendo queste convinzioni da un po' di tempo. Penso piuttosto, adesso, che essa sia più che altro influenzata da fattori endogeni.
L'esperienza nel campo mi ha fatto maturare questa idea.
Noto, in generale, la capacità degli insetti di ricavarsi delle nicchie ecologiche, all'interno delle quali prosperare. Non si spiegherebbe altrimenti la presenza massiccia di specie, ad esempio, a livello urbano, se l'inquinamento ambientale fosse davvero così decisivo, tanto per dirne una.
Del resto anche le ricerche condotte in ambienti selvaggi o comunque isolati non hanno dimostrato una presenza maggiore di insetti, segno ulteriore di una scarsa dipendenza dal fattore umano per essi.
In generale i longicorni occupano un dato ambiente in quanto vi rinvengono il substrato necessario al proprio sviluppo, a prescindere dalle condizioni dell'ambiente stesso (poco importa che sia una discarica o un biotopo unesco insomma...); fin tanto che tale condizione è soddisfatta essi continueranno a prosperare in quel contesto. Il fattore decisivo quindi è la presenza della pianta ospite, che versi nelle giuste condizioni di aggredibilità.
La consistenza delle popolazioni è un dato illusorio, che dipende solo dalla nostra errata percezione della realtà. Probabilmente certi anni gli insetti sfarfallano prima, o dopo, e campionamenti saltuari come in genere siamo abituati ad effettuare non possono darci un quadro reale e realistico della faccenda. Probabilmente certi anni occupano una zona, e certi altri una zona 1 km più a Est, che so, e noi non li troviamo! La sola possibilità è di poter esaminare un dato luogo con costanza, nel tempo, e trarre delle conclusioni. Ma anche queste andranno poi filtrate in considerazione della possibilità, ancora una volta, che la realtà, la micro-realtà del mondo entomologico, sia totalmente differente dalla nostra percezione.
E' un po' come esaminare le cose usando i principi della fisica quantistica, nulla di ciò che ci appare è reale, e purtuttavia lo è nella misura in cui segue delle regole, diverse, non afferrabili, ma dimostrabili!
Non so se mi spiego, non so se seguite il mio ragionamento... che ne pensate?

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Marci
"S'i fosse fuoco, arderei 'l mondo,
S'i fosse vento, lo tempesterei,
S'i fosse acqua, i' l'annegherei
s'i fosse dio, mandereil' en profondo" ( Cecco Angiolieri).


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MessaggioInviato: 19/05/2017, 7:38 
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Località: Roma
Nome: Maurizio Gigli
Sostanzialmente sono d'accordo con te, soprattutto con quel che hai scritto nella seconda parte del messaggio.
Vorrei invece precisare qualcosa su questo:
Entomarci ha scritto:
Noto, in generale, la capacità degli insetti di ricavarsi delle nicchie ecologiche, all'interno delle quali prosperare. Non si spiegherebbe altrimenti la presenza massiccia di specie, ad esempio, a livello urbano, se l'inquinamento ambientale fosse davvero così decisivo, tanto per dirne una.

Gli insetti di cui ci occupiamo noi due sono di famiglie diverse ma sono comunque xilofagi (almeno, la maggior parte) allo stato larvale. Per insetti con questo modo di vita l'inquinamento ambientale può avere effetti inaspettati.
Infatti bisogna tener conto di due cose:
- il periodo in cui vengono a contatto con sostanze inquinanti, salvo casi estremi, è ridotto a quello della vita attiva dell'adulto, che spesso è breve e finalizzato alla riproduzione, e che quindi non incide molto sulla popolazione (può fare eccezione, per esempio, l'inquinamento luminoso, che può costituire un fattore importante, probabilmente, per le specie ad attività notturna, oppure la dispersione di insetticidi nel periodo di attività degli adulti)
- le larve sono generalmente protette dai fattori esterni dal legno in cui vivono.

Io cambierei un po' la cosa, intanto parlando di antropizzazione, più che di inquinamento, comprendendo così anche effetti come il cambiamento della vegetazione, lo sconvolgimento del terreno, la creazione di microhabitat artificiali, ecc.

In ambiente urbano uno xilofago non è detto che debba avere problemi e quindi scomparire o ridursi di numero. Può anche succedere il contrario. Basta, come hai giustamente osservato, che rimangano le sue piante ospiti.

Faccio un esempio: Eurythyrea micans nel Lazio è relativamente diffusa nelle aree di pianura, però è molto più frequente dentro Roma che in campagna! Che cosa la può favorire?
- I pioppi, sue piante ospiti, ci sono sia in città che fuori, ma in città spesso vivono in condizioni non ottimali, quindi sono spesso sofferenti, non tanto da morirne, ma evidentemente possono essere più facilmente soggetti ad attacchi di xilofagi.
- il clima in città è mediamente più caldo e più arido che in campagna (a Roma ci saranno mediamente 2-3 gradi in più che pochi km fuori dalla città, nella mia zona, probabilmente di più in centro. Questo è un fattore che probabilmente favorisce un Buprestidae, notoriamente termofilo
- predatori e parassiti potrebbero essere presenti in misura diversa
- i trattamenti con insetticidi sono di solito inferiori in città (quando non assenti) che nella campagna coltivata (e di conseguenza nelle zone circostanti)

In ogni caso, si tratta di ambienti con caratteristiche un po' diverse da quelli che si trovano in campagna, quindi è normale che certe specie vi si trovino meno, ed altre di più.

Sono poi completamente d'accordo col fatto che agli insetti xilofagi non importi nulla se si trovano in un parco nazionale o sul bordo di una discarica, a patto che ci sia la pianta ospite (eccetto i pochi legati ad ambienti particolari), anzi spesso vivono meglio sulle piante stressate di ambienti alterati, anche se non sono in città.

Se affrontiamo il discorso in senso più generale, però, ovvero se sia vero o meno che la fauna entomologica, in Italia, è cambiata nel corso del tempo, secondo me ci sono indizi importanti in tal senso.

Come dicevo, io raccolgo, anche negli stessi posti, ormai da 49 anni, e c'è gente, anche sul Forum, che lo fa da ancora prima. In questi anni ho notato un netto cambiamento nell'entomofauna, non solo imputabile all'affinamento o al cambiamento delle mie tecniche di ricerca, ma ad un reale cambiamento nella fauna. Alcune specie allora rare sono diventate più frequenti, a volte addirittura comuni, altre specie allora comunissime sono quasi scomparse (non voglio parlare di estinzione locale, perché in entomologia è quasi impossibile stabilirlo con certezza). Più o meno posso distinguere, in base ai ricordi e al materiale in collezione, tre periodi di cambiamento, a cavallo tra gli anni '70 e '80, inizio anni '90, e poco dopo il 2000. Cambiamenti più netti nell'area urbana in cui vivo (che i questi anni è passata da estrema periferia a piena città), ed in alcune zone rurali particolarmente antropizzate, minori, ma comunque evidenti, nelle zone più naturali.
Se poi sento i racconti di chi ha cominciato a raccogliere 10 o 20 anni prima di me, noto differenze ancora maggiori. Per non parlare se faccio il confronto con ciò che trovava Luigioni ai suoi tempi, circa un secolo fa, e quel che trovo io, negli stessi posti. Faccio qualche esempio: Elytrodon luigioni in quantità (io sono riuscito a trovarne 2, in due occasioni diverse, parecchi anni fa, e peggio è andata a tutti gli altri che l'anno cercato), a Maccarese trovò l'Aromia moschata ambrosiaca e la Rosalia alpina (Maccarese è a due passi dal mare, a 0 metri di altezza), che nessuno ha mai più visto. Sempre lungo la costa, ritrovamenti come Meloe cavensis e Meloe variegatus, specie che non passano certo inosservate, mai più viste da nessuno, e tantissime altre specie.
Sono cambiamenti evidenti della presenza di specie di insetti, anche xilofagi, che dipendono apparentemente da cambiamenti ambientali, non solo da fluttuazioni numeriche normali delle specie. Se invece facciamo un discorso nell'arco di pochi anni, che so, cinque o sei, allora sono daccordo che si tratti probabilmente solo di fluttuazioni delle popolazioni.

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Maurizio Gigli
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