Sostanzialmente sono d'accordo con te, soprattutto con quel che hai scritto nella seconda parte del messaggio.
Vorrei invece precisare qualcosa su questo:
Entomarci ha scritto:
Noto, in generale, la capacità degli insetti di ricavarsi delle nicchie ecologiche, all'interno delle quali prosperare. Non si spiegherebbe altrimenti la presenza massiccia di specie, ad esempio, a livello urbano, se l'inquinamento ambientale fosse davvero così decisivo, tanto per dirne una.
Gli insetti di cui ci occupiamo noi due sono di famiglie diverse ma sono comunque xilofagi (almeno, la maggior parte) allo stato larvale. Per insetti con questo modo di vita l'inquinamento ambientale può avere effetti inaspettati.
Infatti bisogna tener conto di due cose:
- il periodo in cui vengono a contatto con sostanze inquinanti, salvo casi estremi, è ridotto a quello della vita attiva dell'adulto, che spesso è breve e finalizzato alla riproduzione, e che quindi non incide molto sulla popolazione (può fare eccezione, per esempio, l'inquinamento luminoso, che può costituire un fattore importante, probabilmente, per le specie ad attività notturna, oppure la dispersione di insetticidi nel periodo di attività degli adulti)
- le larve sono generalmente protette dai fattori esterni dal legno in cui vivono.
Io cambierei un po' la cosa, intanto parlando di antropizzazione, più che di inquinamento, comprendendo così anche effetti come il cambiamento della vegetazione, lo sconvolgimento del terreno, la creazione di microhabitat artificiali, ecc.
In ambiente urbano uno xilofago non è detto che debba avere problemi e quindi scomparire o ridursi di numero. Può anche succedere il contrario. Basta, come hai giustamente osservato, che rimangano le sue piante ospiti.
Faccio un esempio: Eurythyrea micans nel Lazio è relativamente diffusa nelle aree di pianura, però è molto più frequente dentro Roma che in campagna! Che cosa la può favorire?
- I pioppi, sue piante ospiti, ci sono sia in città che fuori, ma in città spesso vivono in condizioni non ottimali, quindi sono spesso sofferenti, non tanto da morirne, ma evidentemente possono essere più facilmente soggetti ad attacchi di xilofagi.
- il clima in città è mediamente più caldo e più arido che in campagna (a Roma ci saranno mediamente 2-3 gradi in più che pochi km fuori dalla città, nella mia zona, probabilmente di più in centro. Questo è un fattore che probabilmente favorisce un Buprestidae, notoriamente termofilo
- predatori e parassiti potrebbero essere presenti in misura diversa
- i trattamenti con insetticidi sono di solito inferiori in città (quando non assenti) che nella campagna coltivata (e di conseguenza nelle zone circostanti)
In ogni caso, si tratta di ambienti con caratteristiche un po' diverse da quelli che si trovano in campagna, quindi è normale che certe specie vi si trovino meno, ed altre di più.
Sono poi completamente d'accordo col fatto che agli insetti xilofagi non importi nulla se si trovano in un parco nazionale o sul bordo di una discarica, a patto che ci sia la pianta ospite (eccetto i pochi legati ad ambienti particolari), anzi spesso vivono meglio sulle piante stressate di ambienti alterati, anche se non sono in città.
Se affrontiamo il discorso in senso più generale, però, ovvero se sia vero o meno che la fauna entomologica, in Italia, è cambiata nel corso del tempo, secondo me ci sono indizi importanti in tal senso.
Come dicevo, io raccolgo, anche negli stessi posti, ormai da 49 anni, e c'è gente, anche sul Forum, che lo fa da ancora prima. In questi anni ho notato un netto cambiamento nell'entomofauna, non solo imputabile all'affinamento o al cambiamento delle mie tecniche di ricerca, ma ad un reale cambiamento nella fauna. Alcune specie allora rare sono diventate più frequenti, a volte addirittura comuni, altre specie allora comunissime sono quasi scomparse (non voglio parlare di estinzione locale, perché in entomologia è quasi impossibile stabilirlo con certezza). Più o meno posso distinguere, in base ai ricordi e al materiale in collezione, tre periodi di cambiamento, a cavallo tra gli anni '70 e '80, inizio anni '90, e poco dopo il 2000. Cambiamenti più netti nell'area urbana in cui vivo (che i questi anni è passata da estrema periferia a piena città), ed in alcune zone rurali particolarmente antropizzate, minori, ma comunque evidenti, nelle zone più naturali.
Se poi sento i racconti di chi ha cominciato a raccogliere 10 o 20 anni prima di me, noto differenze ancora maggiori. Per non parlare se faccio il confronto con ciò che trovava Luigioni ai suoi tempi, circa un secolo fa, e quel che trovo io, negli stessi posti. Faccio qualche esempio: Elytrodon luigioni in quantità (io sono riuscito a trovarne 2, in due occasioni diverse, parecchi anni fa, e peggio è andata a tutti gli altri che l'anno cercato), a Maccarese trovò l'Aromia moschata ambrosiaca e la Rosalia alpina (Maccarese è a due passi dal mare, a 0 metri di altezza), che nessuno ha mai più visto. Sempre lungo la costa, ritrovamenti come Meloe cavensis e Meloe variegatus, specie che non passano certo inosservate, mai più viste da nessuno, e tantissime altre specie.
Sono cambiamenti evidenti della presenza di specie di insetti, anche xilofagi, che dipendono apparentemente da cambiamenti ambientali, non solo da fluttuazioni numeriche normali delle specie. Se invece facciamo un discorso nell'arco di pochi anni, che so, cinque o sei, allora sono daccordo che si tratti probabilmente solo di fluttuazioni delle popolazioni.