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Validità degli articoli su "predatory journal".



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Autore Messaggio
MessaggioInviato: 20/11/2016, 13:58 
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Nome: Mauro Doneddu
Tempo fa, in questa discussione, Marco Villani chiese lumi circa pubblicazioni “scandalosamente” inadeguate, su riviste che pubblicano acriticamente qualsiasi cosa gli si invii, basta che si paghi.
Queste riviste, il cui unico scopo è incassare laute quote dagli ingenui autori che cascano nella trappola sono note come Predatory open access publishing vedi: https://en.wikipedia.org/wiki/Predatory ... publishing
Voglio tornare sull’argomento perché mi capita ogni tanto che qualcuna di queste riviste mi invii e-mail con richiesta di pubblicazioni, per cui mi è venuto da pensare alla confusione che le loro pubblicazioni creano.
Ad esempio, questa è l’ultima richiesta che ho ricevuto:
predatory.JPG


Penso che capiti a chiunque sia iscritto a siti di social networking come ResearchGate e Academia.edu. È evidente già dall’approccio che si tratta di una rivista farlocca, non mi risulta che nessuna rivista seria inviti sconosciuti a inviare pubblicazioni. Però pur non essendo riviste serie, sono molto ben camuffate; se si visita il loro sito si può verificare che hanno un archivio delle annate precedenti con decine o centinaia di articoli, hanno un “editorial Board” composto da personaggi realmente esistenti (che sono però spesso all’oscuro del fatto che il proprio nome è usato da questi imbroglioni) e di solito millantano un Impact Factor medio-alto, che ad un controllo più attento risulta del tutto fasullo. Guardate ad esempio il sito della rivista che mi ha contattato ieri: http://www.omicsonline.org/aquaculture- ... opment.php
Sembra tutto a posto, come del resto sembrava tutto a posto per la rivista su cui era pubblicato l’articolo che aveva scandalizzato Marco.
Però se si controlla su Thomson Reuters si scopre che l’Impact Factor che dichiarano è inventato, in realtà non ne hanno alcuno, e se si contattano gli appartenenti al comitato di redazione si scopre che questi sono all’oscuro del fatto che il loro nome è usato, senza permesso da parte loro, da parte della rivista. Cercando informazioni sull’editore, OMICS International Journals, si scopre presto di che si tratta, vedi https://en.wikipedia.org/wiki/OMICS_Publishing_Group
Queste riviste sono una vera e propria truffa, richiedono contributi economici elevati da parte degli autori, che si illudono di avere una pubblicazione che avrà peso sul proprio curriculum ed invece si ritrovano con una pubblicazione senza nessun valore, perché pubblica acriticamente qualsiasi cosa senza alcun referaggio e naturalmente non ha alcun IF. Tutto questo è possibile dall’avvento delle pubblicazioni digitali, che si possono metter su a costo zero. Quando esisteva solo il cartaceo mettere su una rivista comportava spese e competenze tali da scoraggiare truffatori.
Il problema che mi metto è semplice: alla fine si tratta sempre di una rivista, per cui se ad esempio viene pubblicata una nuova specie (o parecchie come nel caso dell’articolo citato da Marco), la descrizione deve essere considerata comunque formalmente valida. Si può confutare la validità della nuova specie solo con una revisione, o dimostrando che la descrizione non è rispettosa delle norme ICZN, ma per entrambe le cose serve tempo, voglia e fatica da parte di un autore esperto del gruppo sistematico, che pubblichi a riguardo qualcosa. In assenza di questo la specie rimane valida anche se è stata proposta in maniera pedestre. Il problema non me lo metto solo io: ho trovato delle pubblicazioni che denunciano il pericolo che queste truffe comportano per la scienza. Ne allego un paio.
jkms-30-1535.pdf [163.92 KiB]
Scaricato 122 volte
035.035.0101.pdf [523.35 KiB]
Scaricato 124 volte
C’è da chiedersi se in futuro questo non possa portare ad un ritorno al passato da parte dell’ICZN, con limitazioni della validità del formato digitale. Altre alternative non ne vedo.

_________________
:hi:
Mauro


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MessaggioInviato: 20/11/2016, 21:53 
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Nome: Marco Uliana
È un argomento molto interessante, grazie della condivisione.
Mi piacerebbe sapere con che frequenza escono articoli come quelli citati da Marco Villani e quindi che peso abbiano questi "predatory journals" nel bilancio tassonomico mondiale.

In merito alla tua ipotesi conclusiva, dubito che sia possibile invertire il processo e tornare al cartaceo.
A me comunque non sembra auspicabile "castrare" le possibilità offerte dalle nuove tecnologie per arginare (nemmeno risolvere) un problema. La cattiva tassonomia è sempre esistita, in parte come conseguenza di cattivi referaggi, che a loro volta possono essere tali non solo per indolenza o dolo della rivista, ma anche per oggettiva difficoltà di trovare referee disponibili e competenti sia nel taxon che nella lingua dell'autore.
Il passaggio alla pubblicazione elettronica abbatte tempi e soprattutto costi, e ci sono riviste un tempo cartacee che stanno passando alla sola versione elettronica per questioni di convenienza e a volte sopravvivenza.


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MessaggioInviato: 21/11/2016, 20:54 
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Nome: Maurizio Gigli
A me pare che ci sia una soluzione ovvia, e neanche troppo difficile da realizzare, a questo problema.
Basterebbe che l'ICZN pubblicasse un elenco delle riviste "valide" e lo aggiornasse frequentemente, per permettere a chi vuole pubblicare "seriamente" di non cadere in questi tranelli.
Resterebbero due problemi:
1 - stabilire dei criteri ragionevoli perché una rivista sia considerata valida
2 - chi non viene fregato dalle riviste farlocche ma pubblica coscientemente su queste per evitare il controllo dei referee ed una possibile mancata accettazione di articoli indegni, potrebbe continuare a farlo.

Il passo successivo sarebbe probabilmente non considerare valide le pubblicazioni scientifiche se non pubblicate su riviste comprese nella suddetta lista. In fin dei conti, un po' come succede con le pubblicazioni cartacee (se io pubblicassi la descrizione di una nuova specie sul Corriere della Sera o su Panorama, dubito che verrebbe consideratata valida!).

Non credo assoluamente in un possibile ritorno al passato.

_________________
Maurizio Gigli
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MessaggioInviato: 22/11/2016, 10:53 
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Nome: Mauro Doneddu
Julodis ha scritto:
A me pare che ci sia una soluzione ovvia, e neanche troppo difficile da realizzare, a questo problema.
Basterebbe che l'ICZN pubblicasse un elenco delle riviste "valide" e lo aggiornasse frequentemente, per permettere a chi vuole pubblicare "seriamente" di non cadere in questi tranelli.
Resterebbero due problemi:
1 - stabilire dei criteri ragionevoli perché una rivista sia considerata valida
2 - chi non viene fregato dalle riviste farlocche ma pubblica coscientemente su queste per evitare il controllo dei referee ed una possibile mancata accettazione di articoli indegni, potrebbe continuare a farlo.

Il passo successivo sarebbe probabilmente non considerare valide le pubblicazioni scientifiche se non pubblicate su riviste comprese nella suddetta lista. In fin dei conti, un po' come succede con le pubblicazioni cartacee (se io pubblicassi la descrizione di una nuova specie sul Corriere della Sera o su Panorama, dubito che verrebbe consideratata valida!).

Non credo assoluamente in un possibile ritorno al passato.

Le riflessioni di Maurizio sembrano ragionevoli, e senz'altro condivisibili.Obbietterei solo alla frase “neanche troppo difficile da realizzare”. Ormai il panorama delle riviste, cartacee e online, è sterminato. Non pensate solo all'entomologia, ma alla zoologia in generale; più le riviste di genetica, ecologia, biologia generale, ec. Controllarle tutte, e farlo periodicamente (perchè la qualità può cambiare nel tempo) mi sembra tutt'altro che facile da realizzare. Vanno poi considerati anche i libri (una nuova specie può essere descritta anche in un libro naturalmente). Accreditare solo le riviste “sicure”, tralasciando di controllare le nuove che ogni mese nascono, sarebbe fare figli e figliastri, escludendo magari nuove iniziative fatte con tutti i crismi. Credo quindi che non si farà niente, ed il problema che ora è ancora marginale, col tempo prenderà spessore. Per rispondere alla domanda di Marco, mi pare che, per ora, il panorama della tassonomia mondiale (=numero di nuove specie descritte) è toccato in maniera ancora minimo da queste pubblicazioni, almeno nella branca che seguo con attenzione, la malacologia. Ma comunque i casi ci sono. Col tempo è inevitabile che aumenti, per un semplice motivo: è troppo facile da fare. Mi sono reso conto che in un paio di pomeriggi di lavoro chiunque può mettere su un sito di una “rivista scientifica”, non serve neanche molta fantasia, dato che si può copiare la struttura di un sito di una rivista già esistente. Naturalmente ci vuole poco a mettere su una rivista farlocca, mentre per una seria sarebbe un altro paio di maniche.

_________________
:hi:
Mauro


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MessaggioInviato: 22/11/2016, 11:37 
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Nome: Marco Uliana
A me sembra che l'ipotesi di Maurizio sia pazzesca e per fortuna non realizzabile.
Che un organismo decida se una rivista è "valida" porterebbe facilmente una situazione dispotica e distopica (gioco di parole involontario): sulla base di quali criteri oggettivi si potrebbe fare? Provate a immaginarlo.
Considerate che possiamo definire delle regole per la correttezza nomenclatura (e già qui, parlando solo di "etichette" nascono problemi, con necessità di ruling da parte di ICZN), ma non per la correttezza (serietà, validità) della tassonomia o di un lavoro tassonomico, figuriamoci per una rivista.

Ci sono riviste scarse su cui compaiono autori e lavori di tutto rispetto: capita tipicamente su riviste "non predatory" pubblicate da istituti di paesi privi di specialisti/tradizione tassonomica/faunistica, sulle quali si trovano i risultati prodotti da studiosi locali, con ancora molta necessità di crescere, e da studiosi stranieri con competenze sulla fauna locale, che tendono ad avere basi ben più solide.
Ma ci sono anche riviste di punta (ma veramente di punta) in cui compaiono lavori che definisco scandalosi perchè sono in pubblico e voglio apparire educato :D , lavori con castronerie talmente grandi che anche un referee con competenze appena basilari in materia se ne sarebbe accorto, se mai gli fossero state sottoposte.

In merito alla sede di pubblicazione, Maurizio, penso di doverti smentire... se il Corriere della Sera ospitasse la descrizione di un nuovo buprestide, assolvendo alla designazione del tipo e a poche altre modeste regole , la descrizione sarebbe valida.
Così - come dice Mauro - sono validi gli atti tassonomici e nomenclatoriali pubblicati in monografie a stampa, che chiunque può produrre anche nella propria cantina e distribuire senza sottoporre al parere di alcun comitato scientifico di redazione, come accade dai tempi di Linneo a oggi.


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MessaggioInviato: 22/11/2016, 13:26 
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Nome: Maurizio Bollino
Glaphyrus ha scritto:
sono validi gli atti tassonomici e nomenclatoriali pubblicati in monografie a stampa, che chiunque può produrre anche nella propria cantina e distribuire senza sottoporre al parere di alcun comitato scientifico di redazione, come accade dai tempi di Linneo a oggi.

incluso l'ultimo volume della collana del D'Abrera :devil: :devil: :devil:

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Maurizio Bollino


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Nome: Marco Uliana
Maurizio Bollino ha scritto:
incluso l'ultimo volume della collana del D'Abrera


infatti... mentre lo scrivevo pensavo a un amico che si considera esperto di farfalle andine :mrgreen:


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