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Neanide di Diaspididae sp. - primo stadio (crawler) - phoresy on Ulomascus

15.VI.2016 - GABON - EE, Makokou, Ivindo Nat. Parc., Ipassa


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Autore Messaggio
MessaggioInviato: 01/01/2018, 0:43 
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Iscritto il: 10/03/2011, 22:48
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Nome: Massimo Plumari
:) :) :)

Esaminando alcuni Ulomascus raccolti da Silvano Biondi nel corso delle sue scorribande in Gabon, e che mi ha gentilmente prestato perché ne studiassi gli acari foretici, mi sono imbattutto in qualcosa che non ha niente a che fare con questo gruppo di artropodi.

foresia.JPG


Facendo alcune ricerche ho scoperto trattasi di ninfe di primo stadio di Diaspididae (Hemiptera, Homoptera, Coccoidea), chiamati anche “crawlers”.
Qui qualche informazione.

Montando qualche esemplare in preparati microscopici sono rimasto davvero impressionato dalle strutture che possiede questo stadio delle ben note cocciniglie (gli esemplari sono stati prima chiarificati in acido lattico a freddo e poi montati in liquido di Hoyer, esattamente come faccio con gli acari).

habitus 200X.jpg


L'esemplare fotografato misura 385 um in lunghezza (campo chiaro - ingrandimento ottico 200X)

Intanto per la posizione ventrale e molto arretrata delle parti boccali, ma soprattutto per il lunghissimo stiletto perfettamente posizionato all’interno del corpo e che ignoro come possa essere utilizzato.

apertura boccale 2.JPG


Dettaglio delle strutture boccali (campo chiaro - ingrandimento ottico 1000X)

Si possono poi osservare un paio di occhi semplici, due paia di stigmi respiratori (il primo dietro le zampe anteriori, il secondo appena posteriormente a quelle mediane), dei tarsi provvisti di unghie specializzate (quelle dei tarsi anteriori con una sola unghia, quelli dei tarsi mediani e posteriori con due unghie) e di setole altrettanto specializzate che ho poi scoperto essere molto importanti per l’adesione sull’ospite.


occhio.JPG


Dettaglio dell'occhio semplice (campo chiaro - ingrandimento ottico 1000X)


stigma.JPG


Dettaglio dello stigma. Si vede la trachea principale che si dirama in trachee più piccole (contrasto di fase - ingrandimento ottico 1000X)


tarso I.JPG


Dettaglio del primo tarso (contrasto di fase - ingrandimento ottico 1000X)


tarsi II-III.JPG


Dettaglio del secondo e terzo tarso (campo chiaro - ingrandimento ottico 1000X)


microscultura dorsale 1.JPG


microscultura dorsale 2.JPG


Dettagli della microscultura dorsale (contrasto di fase - ingrandimento ottico 1000X)


margine segmenti posteriori.JPG


Dettaglio del margine laterale dei segmenti più posteriori (notare l'alternanza tra un'estremità dei segmenti acuminata e una decisamente più spiniforme).

Inizialmente ho pensato che, oltre ad avere davanti molto probabilmente una specie nuova (considerato il posto da cui proviene), questo esempio di foresia non fosse con buona probabilità conosciuto. Ho scoperto poi in rete questo interessantissimo lavoro in cui gli autori dimostrano la capacità di queste ninfe di attaccarsi (in condizioni controllate di laboratorio) ad alcune specie di insetti e utilizzarli per farsi trasportare. Gli autori hanno anche scoperto che le 4 setole che si trovano all’estremità di ciascun tarso, che fino ad allora si pensava essere coinvolte primariamente nell’adesione alle piante, hanno una struttura a ventosa (bellissime le foto in microscopia a scansione) e hanno ipotizzato che potrebbero essere invece utilizzate principalmente per attaccarsi ad un ospite. Tuttavia essi concludono che la dispersione tramite foresia in natura rimane da dimostrare. Pur ammettendo che non ho fatto molte ricerche, non sono riuscito a trovare nessun aggiornamento in merito.

Interessante osservare che su 6 Ulomascus esaminati, appartenenti a diverse specie, solo su due (probabilmente della stessa specie) erano presenti queste ninfe, ma non acari, questi ultimi ritrovati sugli altri esemplari di Ulomascus. Su uno dei due Ulomascus (non quello fotografato) ho contato 26 ninfe. Questa scoperta potrebbe fornire quindi anche qualche informazione sull’ecologia di questi curculionidi.

Il materiale è a disposizione degli specialisti per essere ulteriormente studiato.

:hi:

A proposito...Buon anno a tutti! :birra:

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Massimo Plumari
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Rerum natura nusquam magis quam in minimis tota est - Plinio il vecchio (Hist. Nat., XI, 1)


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MessaggioInviato: 01/01/2018, 10:17 
 

Iscritto il: 10/08/2010, 14:39
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Nome: Carlo Monari
Bellissimo intervento. Grazie Massimo per la condivisione, e naturalmente buon anno.

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Ciao

Carlo


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MessaggioInviato: 01/01/2018, 11:05 
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Iscritto il: 10/05/2010, 22:31
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Località: Gavorrano (GR)
Nome: marco bastianini
Complimenti Massimo
post interessante e splendide fotografie.
Buon anno anche a te :birra: :birra: :birra: :birra:

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:to: Marco
"Le foreste a precedere le civiltà, i deserti a seguire."
François-René de Chateaubriand


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MessaggioInviato: 01/01/2018, 14:35 
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Nome: Marco Selis
Bellissimo post Massimo, corredato da foto fantastiche di un animale particolarissimo :o

Buon anno! :birra:


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MessaggioInviato: 01/01/2018, 17:03 
 

Iscritto il: 14/04/2011, 12:21
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Nome: Rinaldo Nicoli Aldini
Esprimo anch'io un apprezzamento per la documentazione microscopica fornita. Riguardo alle appendici boccali, visto il quesito che è stato posto, vorrei ricordare che nei Diaspididi (fin dalla prima età neanidale - da seguace della scuola entomologica italiana di Guido Grandi, preferisco usare in questo caso il termine 'neanide' al termine 'ninfa', considerato anche il particolare tipo di metamorfosi di questi insetti, che tra l'altro è diverso nei maschi rispetto alle femmine) il fascio degli stiletti (non è un singolo stiletto ma un insieme derivante dalla coaptazione di più stiletti) è spesso molto lungo, più dell'insetto, e in riposo trova collocazione in una 'tasca' situata ventralmente nell'insetto ed estesa fino all'addome (la tasca è detta 'crumena'), nella quale gli stiletti possono anche avvolgersi su sé stessi a spirale. Sotto l'azione di muscoli protrattori gli stiletti possono essere fatti uscire oltre il 'rostro' (labbro inferiore, che li tiene uniti) e manovrati con una certa pressione per farli penetrare via via attraverso i tessuti vegetali, per raggiungere la fonte alimentare da suggere (linfa), 'fissando' nel contempo la neanide al vegetale. Sotto l'azione di muscoli retrattori, gli stiletti possono essere ritirati entro il corpo dell'insetto.


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MessaggioInviato: 01/01/2018, 17:21 
 

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Nome: Adriana Lecis
Complimenti! Bellissimo lavoro! Buon Anno anche a te!


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MessaggioInviato: 01/01/2018, 22:50 
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Nome: Massimo Plumari
Ringrazio tutti per i complimenti, anche se posso assicurarvi che le immagini originali al microscopio sono ben diverse dalle mie fotografie, gran parte delle quali sono state fatte al volo con una vecchia compatta. Ringrazio anche Nicola per la precisazione riferita al termine più appropriato di neanide, per la quale concordo, e per la spiegazione di come funzioni il fascio di stiletti.

Aggiungo un'ultima osservazione per rimarcare la straordinaria capacità di adesione di queste neanidi. Esse sono rimaste attaccate al loro ospite dopo che quest'ultimo è stato ucciso in etere acetico, rimasto per x giorni nel flacone di raccolta e preparato infine a secco.

:hi:

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Massimo Plumari
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MessaggioInviato: 02/01/2018, 11:04 
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Iscritto il: 08/02/2010, 23:01
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Nome: Silvano Biondi
Complimenti anche da parte mia Massimo per le osservazioni e le immagini. Ovviamente sono curioso di sapere quali sono le ipotesi che questa scoperta consente di fare riguardo all'ecologia degli Ulomascus (tenuto conto che finora non se ne sa assolutamente nulla).

:hi:

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Silvano


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MessaggioInviato: 02/01/2018, 23:29 
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Nome: Massimo Plumari
Ciao Silvano!

Ovviamente non ho nessuna ipotesi per il momento :cry:

Mi riferivo al fatto che forse cercando di identificare questi Diaspididi a livello di genere o gruppo di specie, se non addirittura di specie (non sia mai che sia stata già descritta), si potrebbero ottenere informazioni sulle piante ospiti e la vegetazione e quindi indirettamente anche sui microhabitat frequentati da questa specie di Ulomascus. Microhabitat che non necessariamente siano anche i prediletti delle altre specie da te raccolte. Ti ricordo che sugli altri esemplari non ho trovato questi emitteri, ma più di una specie di acari, e viceversa. Come accennai in questo post, l'altra specie di Africasejus che più assomiglia a quella da te raccolta è stata trovata in associazione con il legno morto. Si tratta quindi di un puzzle che dev'essere pian piano composto (sempre se si riesce a trovare un numero sufficiente di pezzi :mrgreen: ).

Per le prossime volte io proverei a battere la vegetazione e a vagliare, anche grossolanamente materiale da piante morte, oltre che a cercare cocciniglie nei paraggi....

:hi:

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Massimo Plumari
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