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Ceruchus chrysomelinus (Hochenwart, 1785), consigli per l'allevamento.



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Autore Messaggio
MessaggioInviato: 11/06/2016, 12:35 
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Iscritto il: 06/11/2011, 23:59
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Località: Casola Valsenio
Nome: Carlo Arrigo Casadio
Ciao a tutti,
all'ultima edizione settembrina di Entomodena un collega mi ha gentilmente regalato una coppia di questo bellissimo Lucanide per tentarne l'allevamento; giunto a casa ho messo i due esemplari in una scatola da allevamento contenente un pezzo di legno di Abete bianco con larve di Stictoleptura rubra (puntavo a qualcosa di meglio ma in questi giorni mi sono uscite loro) sperando lo trovassero di loro gradimento. Devo dire che si sono ambientati subito ed hanno passato l'inverno in una celletta scavata nel legno morbido per poi uscire coi i primi tepori a primavera.
Oggi ho visto che sono ancora vivi (avevo dato loro dei pezzi di mela che penso abbiano mangiato) e mi chiedevo per quanto tempo ancora possono sopravvivere; inoltre non ho capito se si siano accoppiati e se la femmina abbia deposto.
Mi farebbe molto piacere avere il parere di qualche esperto di allevamenti; la mia speranza sarebbe quella di provare ad ottenere qualche coppia da liberare in una zona dell'Appennino tosco-romagnolo che mi sembra adatta alle loro esigenze.
Grazie.

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Carlo Arrigo

"Solo un entomologo può capire il piacere da me provato nel cacciare per ore in qua e in là, sotto il sole cocente, tra i rami e i ramoscelli e la corteccia degli alberi caduti"
Alfred Russel Wallace


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MessaggioInviato: 11/06/2016, 18:45 
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Iscritto il: 23/09/2009, 15:14
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Località: Verona
Nome: Alessandro Pinna
Ciao Carlo, non ho finora avuto la fortuna di allevare questa bella specie ma mi sono cimentato con i Platycerus (soprattutto caprea) che sto allevando da diversi anni. Nel loro caso devo dire che si tratta di specie ben poco esigenti: basta mantenere il legno sufficientemente umido e fresco ed il gioco è fatto! So che mio fratello sta provando con il Ceruchus, appena lo sento provo a chiedergli se ha qualche novità.
Mi chiedo però perchè tu voglia introdurre la specie in zone dove non c'è mai stata :?
:hi:

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AleP


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MessaggioInviato: 11/06/2016, 19:24 
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Iscritto il: 25/11/2009, 9:31
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Località: Lecce
Nome: Maurizio Bollino
AleP ha scritto:
Mi chiedo però perchè tu voglia introdurre la specie in zone dove non c'è mai stata

Me lo chiedo anche io! :?: :?:

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Maurizio Bollino


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MessaggioInviato: 11/06/2016, 21:39 
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Iscritto il: 06/11/2011, 23:59
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Località: Casola Valsenio
Nome: Carlo Arrigo Casadio
Grazie Alessandro per l'interessamento, intanto provo a mantenere gli adulti in vita il più a lungo possibile.
Personalmente non credo che il Ceruchus non sia mai stato presente nelle mie zone, considera che la zona del passo della Sambuca/Passo della Colla dista meno di 20 km in linea d'aria dalle Foreste Casentinesi ed il crinale Appenninico non presenta soluzioni di continuità tra le due località.
Il Ceruchus, così come l' Aesalus scarabaeoides e i vari Platycerus sono presenti nell'area del Parco delle Foreste Casentinesi, la grande differenza tra i due ambienti sta nel fatto che, mentre le foreste del parco si sono conservate nei secoli, i boschi del resto dell'Appennino Tosco-Romagnolo sono stati soggetti ad un forte sfruttamento nel corso degli anni passati, fino ai primi del dopoguerra.
Guardando le foto delle nostre colline fatte durante l'avanzata del fronte durante l'ultima guerra la cosa che più stupisce è che non c'erano quasi più alberi, tutti i terreni erano coltivati ed i boschi tagliati regolarmente per fornire legna e produrre carbone. Solo dagli anni 50/60 del secolo scorso, con il progressivo abbandono delle zone più impervie, i boschi hanno ripreso lo spazio perduto in precedenza.
Certo è che mancano gli alberi secolari, ma in alcune zone si trovano comunque Faggi, Aceri ed Abeti abbastanza vecchi (ho trovato alcuni grossi faggi con incisioni datate 1920) ed i boschi in genere sono molto meno sfruttati rispetto ad un tempo, con abbondante presenza di legna a terra in tutti gli stadi di decomposizione. Personalmente ho trovato diversi esemplari di Sinodendron cylindricum in un ceppo di Faggio e credo che l'ambiente sarebbe idoneo anche per il Ceruchus.
Sono pertanto convinto che si tratterebbe di reintrodurre la specie in un ambiente in cui in passato era molto probabilmente presente (ed in ogni caso non è una specie in grado di minacciare in alcun modo l'equilibrio di un ecosistema o arrecare danni alla flora autoctona) e non di un inserimento ex novo.

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Carlo Arrigo

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MessaggioInviato: 11/06/2016, 21:52 
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Località: Alfonsine (RA)
Nome: Marco Villani
Penso anch'io che l'areale della specie fosse meno discontinuo lungo tutto l'Appennino settentrionale fino alle Alpi. Piuttosto dovresti assicurarti che gli esemplari provengono quantomeno dall'Appennino, meglio se dalle Foreste Casentinesi.

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La natura non conosce pause nel progresso e nello sviluppo, ed attacca la sua maledizione su tutta l'inattività.” [GOETHE]


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MessaggioInviato: 11/06/2016, 23:16 
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Nome: Andrea Petrioli
Sono pienamente d'accordo che la zona indicata da Carlo abbia in passato ospitato il Ceruchus. Pertanto non vedrei quel gran "danno ambientale" se venisse reinserita una nuova popolazione purché questa sia di provenienza "appenninica".
Se le bestiole venissero dalle Alpi beh, potrebbe con il tempo "rimescolare geneticamente" le vicine popolazioni casentinessi e in qualche maniera "contaminare" l'isolamento geografico avvenuto fin ora.
In questo caso la cosa non mi piacerebbe...... Ma questa è una considerazione puramente personale.

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Andrea


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MessaggioInviato: 12/06/2016, 8:26 
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Per cui potremmo ricreare in Italia boschi di Gingko biloba, visto che fino a 3 milioni di anni fa c'erano?

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MessaggioInviato: 12/06/2016, 10:53 
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Nome: Carlo Arrigo Casadio
Julodis ha scritto:
Per cui potremmo ricreare in Italia boschi di Gingko biloba, visto che fino a 3 milioni di anni fa c'erano?

Scusa Maurizio ma non capisco cosa centri il tuo discorso, io mi riferivo ad un cambiamento avvenuto ad opera dell'uomo nel corso di poco più di un secolo, non a cambiamenti ambientali avvenuti nel corso di milioni di anni; allora perché non reintrodurre elefanti, iene leoni ecc., visto che ne sono stati trovati i resti fossili nelle sabbie gialle dell'appennino?
Se il Ceruchus è presente in un ambiente simile (ma meno degradato da parte dell'azione antropica) a meno di 20 km di distanza non vedo quale sia il problema a provare ad ampliarne l'areale, dato che, come sai bene, non è un parassita primario e quindi non può in nessun modo arrecare danni all'ecosistema.
Molto più appropiata mi sembra l'obiezzione sollevata sia da Marco che da Andrea, sul fatto di utilizzare esemplari provenienti da zone appenniniche e non esemplari alpini, per non interferire con le popolazioni a livello genetico, cosa a cui, sinceramente, non avevo pensato ma che terrò in debita considerazione.
Con lo stesso principio mi piacerebbe provare anche con la Rosalia alpina, anche questa molto abbondante nelle Foreste Casentinesi e scomparsa dal nostro crinale per opera dell'uomo e non per fattori naturali.

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Carlo Arrigo

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MessaggioInviato: 12/06/2016, 14:14 
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Era un esempio estremo. Personalmente sono contrario comunque alla reintroduzione di specie scomparse in un determinato ambiente, sia che la scomparsa sia recente, sia che sia più antica. Lo capirei solo se fosse necessario per motivi particolari (ad esempio, per tenere sotto controllo specie che in assenza di quella estinta aumentano troppo di numero e diventano un problema per l'ambiente stesso, o cose simili).
In un caso come questo di cui stiamo discutendo, penso che, quando l'ambiente sarà tornato idoneo al Ceruchus, visto che vive a meno di 20 km di distanza, prima o poi troverà il modo di tornarci da solo, senza bisogno di introdurlo.

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MessaggioInviato: 13/06/2016, 8:59 
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Nome: Marco Uliana
Torno sull'argomento allevamento. Non ho molta esperienza coi lucanidi, ma concordo con Alessandro nel suggerire legno bello umido. Tutte le volte che ho avuto modo di trovare larve di Platycerus stavano in legno assai umido e facilmente sfasciabile almeno in alcune porzioni, si trattava di ceppi o anche rami caduti al suolo e immersi nel muschio o nella lettiera. Certo non so se anche Ceruchus abbia gli stessi gusti.

Hai provato a cercare in rete? Trattandosi di una specie di interesse conservazionistico sicuramente ci saranno informazioni in merito alla sua ecologia. In due minuti ho trovato questo.
http://stud.epsilon.slu.se/5212/1/karlsson_m_130123.pdf


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MessaggioInviato: 13/06/2016, 20:58 
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Nome: Carlo Arrigo Casadio
Ciao Marco e grazie,
avevo letto qualcosa, infatti li ho sistemati in una scatola contenente un pezzo di tronco di Abete ancora compatto ma molto morbido ed umido e mi sembra che l'abbiano gradito dato che sono ancora vivi.
Credo che per capire se la femmina abbia deposto o meno non mi resta che aspettare.

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MessaggioInviato: 13/06/2016, 23:57 
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Nome: Alessandro Pinna
Ciao Carlo, concordo che non dovrebbe essere una specie che possa arrecare danno, tuttavia sarei comunque prudente nell'introdurla in zone dove non sappiamo per certo che ci fosse in passato (mi sembra infatti di capire che la sua passata presenza nelle zone dove la vuoi introdurre sia solo ipotizzata sulla base della vicinanza alle Foreste Casentinesi). Oltre al fatto già sottolineato che introdurre ess di provenienza alpina sarebbe ulteriormente sconsigliato.
Detto questo, relativamente all'allevamento, ricordo che il legno, oltre che umido, dovrebbe essere di colore rosso, indice questo della presenza di funghi di cui forse si nutrono le larve, più che del legno stesso.
Facci sapere come va!
:hi:

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AleP


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MessaggioInviato: 15/06/2016, 15:31 
 

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Nome: Luca Bartolozzi
Ciao Carlo,

come entomologo e come specialista di Lucanidi sconsiglio assolutamente qualsiasi rilascio in natura di esemplari di cui non si conosce la provenienza (potrebbero addirittura essere di altri paesi!). Già in passato sono stati fatti danni con introduzioni/reintroduzioni non controllate. Una popolazione autoctona di Ceruchus chrysomelinus esiste già nel Parco delle Foreste Casentinesi; quando le condizioni delle foreste circostanti saranno idonee, la specie espanderà il suo areale da sola.

Cordiali saluti

Luca Bartolozzi
Museo di Storia Naturale dell'Università degli Studi di Firenze


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MessaggioInviato: 15/06/2016, 17:45 
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Località: Casola Valsenio
Nome: Carlo Arrigo Casadio
Grazie a tutti per gli interventi,
dopo le prime obbiezioni avevo già abbandonato l'idea diel rilascio in natura, come già scritto non avevo considerato i possibili effetti negativi sulle popolazioni autoctone dell'Appennino settentrionale.
A presto.

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Carlo Arrigo

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MessaggioInviato: 15/06/2016, 17:53 
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Località: Casola Valsenio
Nome: Carlo Arrigo Casadio
Anche se non è la sezione giusta ne approfitto per dare il benvenuto al Dott. Bartolozzi.
Benvenuto sul FEI.

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Carlo Arrigo

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