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Informazioni su presenza di Scarabaeus in Romagna



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MessaggioInviato: 17/09/2017, 23:04 
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Località: San Pietro in Casale(BO)
Nome: Valerio Gallerati
Sul punto due intendevo dire che le origini son ormai poco importanti e comunque comuni sia alle aree dove le nostre beneamate bestiole sono estinte che alle aree dove sono ancora presenti.

Sul resto evidentemente abbiamo esperienze diverse.
Io in Emilia e Romagna, conosco pascoli anche invernali, di bassa media e alta collina, anche isolati, e dove ci sono tante specie anche rare, ma mancano comunque quelle oggetto di questo post.

Saluti

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Valerio Gallerati


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MessaggioInviato: 18/09/2017, 9:46 
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Iscritto il: 21/05/2009, 14:59
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Località: Casinalbo (MO)
Nome: Riccardo Poloni
Ho capito, sì, effettivamente le origini sono comuni sia a dove ci sono ora sia a dove non ci sono più. Ma dove ci sono pascoli di bestiame domestico questo ha sostituito i selvatici consentendo la sopravvivenza delle specie più grosse ed esigenti.

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Riccardo Poloni
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MessaggioInviato: 18/09/2017, 10:22 
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Località: San Pietro in Casale(BO)
Nome: Valerio Gallerati
È evidente...ma è passata una qualche manciata di millenni. Ed è successo ovunque, in tutta Europa ed in tutta Italia, almeno, quindi ritengo inutile considerarlo ora come un fattore fondamentale per il nostro problema. Tutto qui.
Certo è un fatto dato, che sia avvenuto, ma ritengo più utile concentrarsi su trasformazioni più recenti.
Il passaggio tra gli Uru e le vacche è innegabile e ci serve a ipotizzare quali specie siano legate ai bovini e quali no, ma ormai ragioniamo sulle vacche da migliaia di anni.
Capito il senso?
Poi approfondiremo a voce a Modena.
Ciao

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Valerio Gallerati


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MessaggioInviato: 19/09/2017, 10:48 
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Iscritto il: 21/05/2009, 14:59
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Località: Casinalbo (MO)
Nome: Riccardo Poloni
Certo, il senso l'ho capito, la mia osservazione era sorta solo per dire che se ci fosse ancora oltre alla fauna domestica anche quella selvatica come succede in altre zone del mondo, anche nelle zone senza più allevamento molti grossi coprofagi avrebbero avuto più speranze di sopravvivere.

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Riccardo Poloni
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MessaggioInviato: 19/09/2017, 20:00 
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Località: Roma
Nome: Maurizio Gigli
Premesso che parlare dei cambiamenti avvenuti migliaia di anni fa ci serve a poco, anche perché non sappiamo nulla del popolamento di coprofagi di allora, direi di concentrarci sui cambiamenti degli ultimi decenni, di cui abbiamo testimonianza diretta, o al massimo dell'ultimo secolo o poco più, per cui possiamo basarci sulle collezioni di chi ci ha preceduto (anche se non sempre il confronto è fattibile, perché molto di ciò che si trova dipende da ciò che si cerca e come si raccoglie).

Ormai sono quasi 50 anni che raccolgo Coleotteri intorno a Roma, ed in questi anni ho potuto osservare diversi cambiamenti, sia negli ambienti, che nella fequenza delle specie. Per quanto riguarda i coprofagi, è indubbio che siano diminuiti molto. Quando ero ragazzino, con conoscenze entomologiche praticamente nulle, li trovavo più o meno ovunque li cercassi, a partire dal prato di fronte a casa mia. Ora si trovano in generale molto meno, con una varietà di specie decisamente minore, e più localizzati. Alcuni posti, stravolti nel corso degli anni, o comunque molto cambiati, pur mantenendo un pascolo, sono ormai quasi privi di coprofagi, o al massimo si trova qualche specie banale. Altri sono rimasti praticamente come erano, ma i coprofagi sono molto diminuiti ed alcune specie sembrano scomparse o almeno molto rarefatte.

Tanto per citare alcune specie o gruppi, un netto calo l'hanno subito tutti i rotolatori, anche se qualche specie, come S. semipunctatus e laticollis, e Sysyphus, ancora si trovicchia, soprattutto l'ultimo). Bubas bison, che una volta era onnipresente e comunissimo, si trova ormai solo occasionalmente, i Cheironitis erano scarsi allora e tali sono ancora, gli Onthophagus sono ancora frequenti, ma con una fauna più monotona, meno varia che in passato. I Geotrupidae ne hanno apparentemente risentito poco, le specie molto comuni allora lo sono ancora (T. intermedius, G. spiniger, ed i pyrenaeus splendens sono comuni come allora negli ambienti adatti). Pare che anche gli Aphodius s.l. ne abbiano risentito poco. I Copris sono diminuiti, ma in alcune località sono ancora abbastanza frequenti, come pure i Typhoeus. Quelli che mi pare abbiano subito il crollo più drastico, ancor più dei grossi Scarabaeus, sono i Gymnopleurus, che fino a circa 40 anni fa erano comunissimi (li trovavo anche di fronte a casa, dentro Roma), ed ora sono praticamente scomparsi (non ne vedo più uno da non so quanti anni).

Le cause di tutto ciò sono probabilmente più di una. Non credo che tra queste ci sia il cambiamento climatico, in quanto un clima più caldo dovrebbe semmai favorirli.
Tra le cause che credevo più probabili, consideravo:
- il cambiamento delle campagne, in cui i pascoli, soprattutto quelli xerici, nelle zone di bassa quota sono diminuiti, pur non essendo scomparsi, e nel territorio si sono estese formazioni vegetazionali meno adatte alla maggior parte dei coprofagi (boscaglie e cespuglieti, in particolare)
- l'aumento (ipotetico) di cornacchie ed altri uccelli che potrebbero predare i coprofagi diurni (che spiegherebbe bene la scomparsa di Scarabaeus e Gymnopleurus, in particolare), ma che mi convince poco, perché questo aumento mi pare di averlo osservato solo presso i centri abitati
- la predazione da parte dei cinghiali, soprattutto delle larve e pupe nel terreno (ho visto spesso i "nidi" di Copris ed altri grossi coprofagi devastati da questi animali). Da notare che i cinghiali sono ora molto più numerosi e diffusi che in passato.

Recentemente, parlando con gli amici entomologi durante una delle solite cene romane, Enrico Migliaccio
ha fatto l'ipotesi che una causa potrebbe essere trovata negli antibiotici somministrati regolarmente al bestiame da allevamento (immagino col cibo), che finirebbe in parte negli escrementi. Inizialmente non ero molto convinto, ma ripensandoci potrebbe essere una spiegazione valida. Pochi giorni fa ero a Maccarese a cercare coprofagi, dopo le recenti piogge, ed ho notato che nello sterco bovino c'erano un po' di esemplari ma di relativamente poche specie, e comunque in numero abbastanza ridotto. Mentre nell'unica cacchetta di cinghiale che ho trovato era tutto un brulicare di Onthophagus di varie specie (oltre a qualche Thorectes), come ai vecchi tempi. Sarà stato un caso che fossero proprio nelle feci dell'unico animale selvatico, che certamente non si nutriva di fieno somministrato dagli allevatori? Per me potrebbe essere proprio dovuto al motivo addotto da Enrico.

In conclusione, per me gran parte della riduzione dei coprofagi è da ricercare nel fatto che il cibo a loro adatto si è ridotto, poichè gli escrementi contenenti antibiotici e/o altre sostanze usate negli allevamenti sono meno appetibili, o addirittura influenzano lo sviluppo delle larve o ne aumentano la mortalità. Inoltre alcune specie potrebbero subire una maggiore predazione da parte di uccelli o, come io credo, cinghiali. Ed a tutto questo si aggiunge il fatto che alcuni ambienti sono cambiati, diventando forse meno adatti ad alcune specie di coprofagi.

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Maurizio Gigli
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MessaggioInviato: 19/09/2017, 20:40 
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Nome: Marco Uliana
Maurizio, non è la prima volta che sento sollevare l'ipotesi degli antibiotici/antiparassitari che rimangono nelle feci, che del resto è sensata.
Due pensieri: uno "ottimista", se così si può dire: è un'ipotesi facile da testare rispetto alle altre, che entrano nel merito di complessi rapporti ecologici.
Uno di perplessità, o di stupore: possibile che con l'attenzione che stanno ricevendo questi animali e la loro scomparsa nessuno abbia ancora affrontato la questione?


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MessaggioInviato: 19/09/2017, 21:26 
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Nome: Riccardo Poloni
Sono certo che un ruolo sia da imputare agli sverminanti e agli antibiotici, più i primi forse perchè agiscono contro altri metazoi e in alcuni casi altri artropodi, mentre gli antibiotici agiscono contro i batteri e quindi probabilmente sono meno dannosi.
Quello che ci tenevo a sottolineare è che in molti casi almeno non è il solo fattore. Il fatto che qualche migliaia di anni fa i coprofagi fossero dipendenti da animali selvatici Maurizio non penso sia così poco importante, perchè si potrebbe presupporre che in zone con tanti ungulati selvatici e grossi animali in generale le popolazioni di coprofagi dovrebbero resistere.
Il lavoro sugli Scarabaeus spagnoli non lo trovavo, ma eccolo qua
7d61997cf94267ceb25326e983c538194421.pdf [760.92 KiB]
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Riccardo Poloni
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MessaggioInviato: 19/09/2017, 22:42 
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Iscritto il: 30/12/2009, 22:20
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Nome: Maurizio Gigli
Plagionotus ha scritto:
Il fatto che qualche migliaia di anni fa i coprofagi fossero dipendenti da animali selvatici Maurizio non penso sia così poco importante, perchè si potrebbe presupporre che in zone con tanti ungulati selvatici e grossi animali in generale le popolazioni di coprofagi dovrebbero resistere.


Non intendevo sminuire l'importanza di questo fattore, ma solo evidenziare che è difficile tenerne conto, semplicemente perché non conosciamo che entomofauna coprofaga ci fosse allora. E comunque, 100 anni fa, o anche solo 50, in zone come l'Emilia Romagna o il Lazio non c'erano più ungulati selvatici di oggi, anzi forse ce n'erano meno (50 anni fa, certamente meno di adesso), però il bestiame d'allevamento era alimentato in modo diverso da adesso.

Io credo che per un coprofago lo sterco di una mucca maremmana non sia così diverso da quello che poteva essere quello di un uro, a patto che mangi più o meno le stesse cose del suo antenato. Ma se l'alimentazione è diversa, cambia pure lo sterco.

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Maurizio Gigli
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MessaggioInviato: 20/09/2017, 0:23 
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Nome: Valerio Gallerati
Sono molto contento di vedere che questo problema che mi intristisce da anni, appassioni anche tanti altri amici :ok:
Ciao Marco :mrgreen:
Indubbiamente servirebbe un approccio più scientifico, un lavoro basato su dati misurabili e comparabili...ma temo sarà molto difficile poterne vedere la realizzazione.

Siamo costretti a procedere empiricamente, o peggio a formulare ipotesi e teorie non dimostrabili.

Per questo penso che tutte le osservazioni scaturite da queste chiacchiere abbiano un senso ed un peso, probabilmente differente, secondo le zone d'Italia.

Ad esempio, Maurizio, posso garantirti che una delle specie attualmente demograficamente esplose, qui nel bolognese, è proprio Bubas bison, che tu registri invece in calo a Roma.
Qui ormai si trova veramente ovunque e spesso purtroppo, si trova proprio solo lui.
Non era così anche solo 15 anni fa.

Vorrei però richiamare un po' tutti gli amici, all'ordine.
Cioè al titolo del post.
Si parlava di Scarabaeus e di Emilia Romagna.
Alcune mie osservazioni sull'habitat di S.pius, infatti, sono strettamente legate al nostro contesto che non può avere alcun legame con altre zone.
Non è certo razzismo, ma il semplice tentativo di riportare il discorso al suo principio, nel tentativo di restringere il campo delle osservazioni e delle cause ed effetti.
È probabile che per i rotolatori Bolognesi, tutto si riduca alla scomparsa dei pascoli intesi come luogo e come pabulum, ma ribadisco che alcune discrepanze mi spingono a pensare che ci sia qualche ragione di più.
Una cosa è certa però, negli anni 60 non esisteva il problema di suidi e corvidi e penso che anche i vermicidi non fossero ancora di uso corrente...eppure S.pius si estingueva in quegli anni...

Saluti cari a tutti

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Valerio Gallerati


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MessaggioInviato: 20/09/2017, 8:26 
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Iscritto il: 05/02/2009, 17:28
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Nome: Marco Uliana
Valerio Gallerati ha scritto:
Indubbiamente servirebbe un approccio più scientifico, un lavoro basato su dati misurabili e comparabili...ma temo sarà molto difficile poterne vedere la realizzazione.


Perchè mai? Si fanno cose molto molto più difficili e dispendiose. Comparare sperimentalmente il tasso di sopravvivenza degli scarabei su sterco trattato e non trattato è una bazzecola a confronto.


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MessaggioInviato: 20/09/2017, 8:53 
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Iscritto il: 05/02/2009, 17:28
Messaggi: 3204
Nome: Marco Uliana
Infatti, basta cercare un pò nel web e si trovano cose interessanti:
Questo articolo
Floate, K. D. (2006). Endectocide use in cattle and fecal residues: environmental effects in Canada. Canadian Journal of Veterinary Research, 70(1), 1–10.

presenta dati sperimentali sul rapporto fra insetti coprofili e sterco di vacche trattate o meno.
Riporto questa immagine che mostra la differenza fra il numero di insetti che sfarfallano da sterco non trattato (settimana 0) e quelli che sfarfallano dopo il trattamento, conteggiati ogni settimana per le prime 12 settimane dal trattamento. Ogni commento è superfluo.

emergence from dung.jpg



Peggio ancora, quest'altro articolo
Floate, K. D. (2007). Endectocide residues affect insect attraction to dung from treated cattle: implications for toxicity tests. Medical and Veterinary Entomology 21(4), 312–322

indaga l’ipotesi che lo sterco trattato con pesticidi attragga i coprofili diversamente da quello non trattato. Contrariamente a quello che uno si aspetta, e tristemente, lo sterco trattato risulta spesso più attrattivo rispetto a quello non trattato, con le conseguenze che si possono facilmente dedurre...


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MessaggioInviato: 20/09/2017, 15:47 
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Località: Alfonsine (RA)
Nome: Marco Villani
Mi rifaccio vivo su questo argomento solo per ricordare che anche dei normali antibiotici possono danneggiare indirettamente i coprofagi, o almeno le loro larve. Infatti mi risulta che queste ultime facciano affidamento per digerire su una particolare flora batterica che vive all'interno del loro apparato digerente, che nel caso di escrementi contaminati da antibiotici sarebbe sterminata.
Marco.

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La natura non conosce pause nel progresso e nello sviluppo, ed attacca la sua maledizione su tutta l'inattività.” [GOETHE]


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MessaggioInviato: 20/09/2017, 18:08 
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Iscritto il: 21/05/2009, 14:59
Messaggi: 6962
Località: Casinalbo (MO)
Nome: Riccardo Poloni
Naturalmente marco, infatti ho parlato di probabile effetto maggiore degli sverminanti, ma senza dubbio anche gli antibiotici hanno il loro effetto. Del resto, quando li prendiamo noi ci sentiamo spossati, abbiamo spesso disturbi collaterali e prendiamo i fermenti lattici

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Riccardo Poloni
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MessaggioInviato: 20/09/2017, 19:28 
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Iscritto il: 06/11/2011, 23:59
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Località: Casola Valsenio
Nome: Carlo Arrigo Casadio
Però non è che gli animali al pascolo vengano nutriti con antibiotici, la loro somministrazione è regolamentata da severi protocolli sanitari, molto più restrittivi rispetto ad altri paesi europei.

_________________
Carlo Arrigo

"Solo un entomologo può capire il piacere da me provato nel cacciare per ore in qua e in là, sotto il sole cocente, tra i rami e i ramoscelli e la corteccia degli alberi caduti"
Alfred Russel Wallace


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MessaggioInviato: 20/09/2017, 22:16 
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Iscritto il: 05/02/2009, 17:31
Messaggi: 9527
Località: milano
Nome: maurizio pavesi
Carlo A. ha scritto:
Però non è che gli animali al pascolo vengano nutriti con antibiotici, la loro somministrazione è regolamentata da severi protocolli sanitari, molto più restrittivi rispetto ad altri paesi europei.

ok, ma poi vengono anche applicati :? ?

qualcosa come 7 secoli fa, il sommo dante scriveva

"le leggi son, ma chi pon mano ad esse?"


e a leggerlo, a tratti si ha l'impressione che in certe cose, da allora non sia cambiato granché :x

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