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Forum Entomologi Italiani

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QUALI INSETTI CONSIGLIATE DI STUDIARE



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Autore Messaggio
MessaggioInviato: 03/04/2019, 13:01 
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Iscritto il: 10/05/2010, 22:31
Messaggi: 4349
Località: Gavorrano (GR)
Nome: marco bastianini
Anche a me era venuto in mente di dichiarare il piacere godurioso che mi dà il leggere gli interventi di Andrea, ma ero un poco titubante.Ora, dopo i "coming out" :mrgreen: :mrgreen: :mrgreen: di Leonardo e Daniele mi espongo anche io.Continua a scrivere per il FEI Andrea, te ne saremo tutti grati. :ok: :ok: :ok:
:hi: :hi:

_________________
:to: Marco
"Le foreste a precedere le civiltà, i deserti a seguire."
François-René de Chateaubriand


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MessaggioInviato: 03/04/2019, 17:37 
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Iscritto il: 09/06/2012, 20:57
Messaggi: 4281
Località: Mesola (FE)
Nome: Daniele Maccapani
Clickie ha scritto:
Oh Bitoma, pur crenata,
questa notte t'ho sognata


Più tonda, come Tarphius.
Più imprecisa nei contorni, siccome Endophloeus.
Molto più cieca, povera Lagelandia….


Penso la stamperò e la appenderò sotto il disegno di Bitoma crenata che tengo sul mio tavolino da preparazione! :D

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"Lasciate questo mondo un po' migliore di come lo avete trovato" (Sir Robert Baden Powell)
Immagine Daniele


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MessaggioInviato: 03/04/2019, 23:56 
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Iscritto il: 13/10/2010, 18:21
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Nome: Andrea Liberto
Amici, mi limito a cercare ogni sera un poco di ilarità, pur scendendo all'umorismo più dozzinale.

Se diverte altri di voi (oltre che me, mentre scribacchio e sghignazzo), tanto meglio.

Primavera arriva, stiamo pronti. Buona serata, A.


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MessaggioInviato: 08/04/2019, 22:48 
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Iscritto il: 08/11/2018, 0:02
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Località: Firenze
Nome: Tommaso Lisa
Tommaso Lisa
Ferreria marqueti (Aubé, 1863)

Si sporge, inforcando lenti d'ingrandimento a occhiale, sopra fredde vasche da sviluppo fotografico colme d'acqua. Sono caduti qui gli insetti setacciati dal terriccio raccolto sotto pietre interrate o tra le radici d’impervie leccete della Sicilia settentrionale. Ad uno dei quattro microscopi stereoscopici allineati sul banco da lavoro osserviamo poi insieme, in silenzio, i coleotteri schiumati dalla superficie. Uno per uno, passandoli in rassegna mentre si contorcono in spasmi collosi sul vetrino. Ingrandimenti vertiginosi e non facilmente regolabili consentono di mettere in risalto i palpi mascellari, gli onichi falciformi e oscillanti. “Come quel tale Curculionide proveniente dal terriccio di una sughereta di Niscemi – mi confida quasi si trattasse di un segreto d'inestimabile valore - del genere Solariola, uno dei pochi ad avere un solo onichio in cima ai tarsi”. Scruto troppo a lungo nel microscopio, gli insetti ancora vivi si spostano e al loro posto appaiono luminescenze. Riflessi rappresi. Folgori sulla schiuma. Dopo vengono riposti accuratamente con la punta del pennello in microflaconi o provette flipcap da sette millilitri, ciascuna etichettata con luogo e data di cattura. Torniamo quindi a sporgerci su queste vasche nelle quali aggallano nuotando occasionali reperti. Loro sembrano i superstiti di un naufragio. O lo siamo noi, sospesi nel freddo della tarda notte di un giorno lavorativo, già spinti oltre la soglia della nuova giornata, dimentichi di ruoli e schemi, di noi stessi. Sul fondo si agitano invece dei vermi semitrasparenti, translucidi, biancastri, di varie misure. Gliommeri con l’apparato digerente in evidenza, all’interno del quale si muove il contenuto di detriti scuri come lettere. Il riflesso del mio volto s’increspa sulla superficie illuminata violentemente dalla lampada alogena da chirurgia. Con sorpresa e giubilo individuo arenato sul bordo uno Scidmenide col caratteristico restringimento tra la testa e il torace e tra il torace e l’addome e la conseguente somiglianza con le formiche, da cui deriva il nome. Fuori c’è solo il buio vivo della notte, in questa periferia urbana. Sprofondano intanto i nostri profili, intersecando le corrispettive linee su quelle che sembrano le onde del fiume Lete, ciò in cui ci stiamo perdendo per un eccesso di passione. La tensione superficiale dell’acqua è alta. Per esempio non avviluppa questo grumo coeso di formiche endogee, pallide e allungate, che oltre a galleggiare paiono protette da una formidabile forza. È una membrana elastica la superficie liquida. Non appena v’immergo la punta del pennello di pelo di martora o la punta delle pinzette per afferrare una zampa o un’antenna ecco che ogni cosa si ritrae, allungandosi fino a sfuggire. Gli acari invece sono sprofondati subito sul fondo, coi ventri gonfi, obesi. Così pure una zecca, resa quasi sferica. Con non poco disappunto mi fa notare che da questo pulviscolo biologico emergono poche sorprese, laddove invece a me pare essere tutta una meraviglia di creature asfittiche e paradossali. Di analoga forma altamente convessa sono gli Isteridi, Coleotteri la cui grandezza non supera il millimetro. Ecco finalmente una Reicheia italica, l’unico carabo che troveremo in tutta la nostra escursione in queste acque di lavaggio di terre insulari. Tre macchine piene, bagagliaio e sedili posteriori, di sacchi di terra di bosco, portati su dalla Sicilia la scorsa settimana, apposta per cavare queste poche creature infinitesimali. Ma dal primo vaglio è sortito una nuova specie. E diversi Pselafidi molto interessanti. Dapprima, in laboratorio, hanno calato la terra grezza in secchi d’acqua, in modo da separare l’inorganico, che si deposita sul fondo, dall’organico, che galleggia. Poi la poltiglia inorganica superficiale è stata posta ad asciugare su delle griglie a maglia fine. Sotto ai setacci sta appunto questa vasca bianca da sviluppo fotografico mentre sopra viene acceso un ventilatore, ad intervalli, per seccare più rapidamente il detrito e spingere gli insetti verso l’umido. Nel terriccio estratto dal profondo della cavità carsica della Grotta del Lauro è stato trovato il Duvalius patronitii, nuovo taxon anoftalmo. Mi porge un ritaglio di un quotidiano locale, con tanto di foto ingrandita del coleottero e del gruppo di speleo entomologi. “Occorre cercare quelli giallo chiari – sussurra, increspando l’acqua - non quelli scuri, perché se sono giallo chiari sono depigmentati, anoftalmi, candidati quindi più probabilmente ad essere endemismi, mentre quelli scuri sono coleotteri banali, con le ali, e volando sono più diffusi, ma anche più difficili da determinare…”. Gli credo sulla parola. Finché non aggalla la Ferreria marqueti, Curculionide cieco del genere Raymondionymus della grandezza di poco più d’un millimetro. A prima vista appare simile ad un banale infestante delle derrate alimentari, ma dal colore più pallido. Dopo averla traslata in punta di pelo di martora sul vetrino, la fotografo al microscopio stereoscopico. La variabilità di questo splendore! Tutto sommato la specie non è rara, capita abbastanza di frequente, anche se con esemplari isolati, in vagliate di profondità, specie quando abbonda l’intrico di radichette, ovvero alla base degli alberi. Muta maschera entomologica, medico della peste, tettarella di biberon in caucciù. Un modo rapido d’identificazione è la settima interstria che nella parte posteriore, vista dall’alto, assume un aspetto careniforme.

Dentro la tomba, del morto rimane solo la parte inferiore. Il resto è stato schiacciato dalla pressione della terra nel corso degli anni, dato che la sepoltura sembra risalire al primo secolo dopo Cristo. L’inumazione in un bara di piombo, a sua volta riposta in un sarcofago in legno, pratica marginale riservata a una élite, contiene ciò che resta del corpo di una giovane donna, e dodici monete con effigiati i profili di vari imperatori da presentare a Caronte come obolo per passare lo Stige e incamminarsi verso i Campi Elisi (e così serviranno i soldi anche nell’aldilà, come una maledizione senza scampo). Era una ragazza giovane, adolescente nubile in buono stato di salute, i denti poco consumati, ed è fin troppo facile immaginarla bella, di una bellezza arcaica e lontana, ma non esotica, bensì letteralmente atavica. È stato rinvenuto anche qualche frammento di pelliccia e di tessuti, lì dentro. Immagino una tunica bianca di lino, un mazzo semplice di fiori di fine inverno. E della calcite. Oltre ad alcuni insetti fossilizzati. Quando le radici di qualche albero hanno iniziato a rompere il guscio, a creare una scissura, prima di farlo definitivamente collassare su se stesso, s’è originata una micro caverna. Eccolo, l’ecosistema entomologico di una antica sepoltura. Il pavimento di quest’ipogeo posto a circa tre metri sotto terra è costituito da una lastra di piombo, perforata in un punto per lasciar defluire il liquore della decomposizione, e da un sottile strato di calce spenta, usata per profilassi durante l’esposizione. La volta da una placca rettangolare chiusa a bordo pendente con martellature. A seguito del collasso della terra sulla porzione anteriore del feretro, frammenti del cranio sono stati trovati nei paraggi. A Évreux nell’antica Gallia Lionese, sulla strada verso Chartres, sopra questa necropoli dev’essere nei secoli cresciuto un bosco. Occorre ricostruire la vita e le circostanze che hanno portato a questo evento: alle ossa dei piedi aderiva un tessuto radicolare nel quale sono stati trovati resti sparsi d’insetti. Sia per gli insetti che per le radici sembra essere avvenuto un rapido processo di fossilizzazione attuato in modo molto rapido, forse dovuto al piombo. La mineralizzazione ha permesso che si conservassero i tessuti chitinosi. Tra nervature, fili di tendini e vene. La sola essiccazione non basterebbe infatti a giustificare quest’ottimo stato di conservazione. Le radichette degli alberi hanno inglobato parte delle tibie in un ammasso setoso. I coleotteri sono largamente dominanti all’interno delle specie trovate nel sarcofago: seppur ridotti ad ammassi tritati, ammontano a circa una decina. Gli acari invece sono poco rappresentati e solo due, dato inquietante, sono le pupe di dittero Calliphoride, cosa particolare giacché l’entomologia forense spiega che sono le più presenti su un cadavere in decomposizione. La ragazza potrebbe essere quindi forse deceduta in una stagione fredda, forse d’inverno. Questa camera ardente entomologica contiene una specie di Elateride, l’Agriotes pilosellus le cui larve si sono introdotte nella bara seguendo la trama delle radici, delle radici deformi, bianchissime. Probabilmente uno o più cicli vitali si sono svolti nell’ipogeo a seguito della schiusa. L’elateride, stretto e lungo, d’un colore insipido, vive nei boschi, quei boschi che dovevano aver ricoperto la necropoli e che oggigiorno sono stati abbattuti per fare spazio a una periferia industriale costellata di capannoni, centri commerciali e aree di rifornimento. Vennero attratti dalla materia organica o dalle radicine che in tale antro hanno potuto pullulare a dismisura. I reperti sono stati ripuliti accuratamente con un pennello umido di martora e in seguito repertoriati in piccoli flaconi. Occorrerebbe sollevare la questione della durata della presenza di questi insetti nella bara, se si è trattato di una sola stagione o di più anni, e se in epoca recente o assai prossima all’inumazione. Anche alcuni frammenti dell’esoscheletro di Carabidi, carnivori e predatori, sono stati scoperti nei i campioni dell’interno della bara, testimoniati dalla presenza di piccole specie di Trechini. Un addome abbastanza ben conservato potrebbe corrispondere a Trechoblemus micros. Poi alcuni frammenti del pronoto e delle elitre. Povere cose, resti irrilevanti. D’altra parte il numero d’insetti presenti ma in seguito decomposti, in quanto non calcificati, doveva essere assai maggiore. È stato isolato un titubante Annomatus sp., una specie umicola ed endogea molto piccola, di circa 1,5 millimetri. Gli Annomatus del Veneto sono stati studiati da Roberto Pace (il quale annota: “il marchese Spinola citava vivere in grotte tenebrose insetti di debolissimo potere visivo, e altri che pure hanno rudimento di occhio, come l’Annomatus”). Tra gli altri insetti rinvenuti in compagnia dei resti della bella dormiente, spunta la Ferreria marqueti, Curculionide tipicamente endogeo e anoftalmo. I Raymondionymidae endogei sono attirati dalle minute radicine delle piante e si sviluppano nel substrato a seconda del grado di umidità. È possibile che questa specie sia entrata dalle medesime radici che hanno scassato la bara. La riprova che la terra è viva in questa degenza millenaria.

Ho circa quattro anni. Sono in cucina, convalescente dopo una malattia. Pallido, con un pigiama a stelline. La mamma s’accinge con amore a preparare un riso in bianco. Scoperchiato il barattolo ecco, tra i candidi chicchi, aggirarsi inattesa e brulicante la torma di tonchi neri del riso.


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Tommaso Lisa

"La realtà non è direttamente sé stessa, essa si presenta attraverso la sua incompleta o fallita simbolizzazione."
Slavoj Žižek
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MessaggioInviato: 16/04/2019, 1:14 
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Iscritto il: 13/10/2010, 18:21
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Nome: Andrea Liberto
Intanto rinnovo le mie scuse a Daniele, sperando di aver pareggiato i conti con la rimetta scema su Bitoma crenata.

Poi, ho finalmente rimesso le mani su un divertente ed acuto lavoro di Roberto Poggi (Bollettino dell'Associazione Romana di Entomologia 51 (1-4): 81-85. Lavoro targato 1996, in realtà uscito nel 1997). Lo avevo in mente, non riuscivo a ritrovarlo, sapevo che cadeva "a ciccio" su questa discussione, e che potrebbe riportarla in un alveo più concreto e realistico.

Il titolo del lavoro: "Gli eletti ed i reietti. Ovvero riflessioni sui gruppi sistematici preferiti dagli entomologi italiani".

In estrema sintesi, un buon ritratto dello stato allora attuale della ricerca tassonomica in entomologia;

ed un buon punto di partenza ben documentato per tentare, chi dovesse volerlo, una sintesi attuale.

Non credo ci siano da attendersi enormi differenze, forse (lo suggeriscono i viaggi nel forum) un maggiore interesse per alcuni gruppi di Imenotteri. Ma la sostanza è quella di quel lavoro, comprese le relative spiegazioni.

Infine, nelle nostre discussioni segnate da troppa mia animosità, Daniele aveva ragione, alla luce di quanto ben documentato da Roberto. Mi cospargo il capo di cenere, senza troppo soffrire.

Primo perché ormai quasi calvo, secondo perché prima o poi dovrò pur confondere l'olfatto dei predatori che mi attendono all'abbeverata.

Ciao, A.


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 Oggetto del messaggio: QUALI INSETTI CONSIGLIATE DI STUDIARE
MessaggioInviato: 11/10/2019, 15:48 
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Iscritto il: 08/11/2018, 0:02
Messaggi: 153
Località: Firenze
Nome: Tommaso Lisa
Ecco che, a meno di un anno dalla data di apertura di questo argomento, posso darvi una risposta piuttosto precisa in merito a "Quali insetti ho deciso di studiare"...

Studierò per ora gli insetti di carta, o meglio nel particolare i Coleotteri e i Lepidotteri (evitando tutti gli altri, specie se sociali come formiche e api, se non marginalmente), ma solo quelli citati nelle opere letterarie e nell'iconografia artistica.
Ho istituito un database di immagini e una antologia di testi in merito.
Per ora lo studio si concentra particolarmente su Ernst Junger, Vladimir Nabokov, Roger Caillois, Giorgio Celli, Guido Gozzano e Hermann Hesse.
Per la pittura, vorrei limitarmi allo studio delle collezioni medicee della villa di Poggio a Caiano (dove comunque si trovano Otto Marseus Van Schrieck e diversi suoi scolari, oltre alla Giovanna Garzoni).

Osserverò l'Entomologia da questa Specola, a cavallo tra creazione artistica e studio della natura.

Beninteso non tralascerò neppure l'entomologia sul campo e quella collezionistica, riprendendo la raccolta delle Cicindele paleartiche (già avviata da adolescente) alla quale affiancherò i Libytheidi mondiali e gli Scolitidi toscani.

Per ora raccolgo materiale, scrivo riflessioni e appunti, e poi chissà che tra qualche anno non venga fuori un bel libro. Contattatemi in messaggio privato per consigli o collaborazioni nella ricerca.

Grazie e a presto!

_________________
Tommaso Lisa

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Slavoj Žižek


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