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Papilio machaon Linnaeus, 1758 - Papilionidae Papilioninae
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Autore:  Agdistis [ 25/12/2010, 22:11 ]
Oggetto del messaggio:  Papilio machaon Linnaeus, 1758 - Papilionidae Papilioninae

Papilio machaon -

FVG Carso goriziano
L'esemplare maggiore ha le dimensioni medie della seconda gen. 60 mm, mentre il primo è della prime generazione ( aprile ) ma sensibilmente piu' piccolo 47 mm
maschi a confronto
P 001.jpg



Allegati:
femmina 74 mm e i due maschi della foto precedente
P 005.jpg


Autore:  Maurizio Bollino [ 26/12/2010, 0:23 ]
Oggetto del messaggio:  Re: Papilio machaon

Ecco!! Questo è quello che intendevo qui.

Belle differenze veramente, ma in generale devo dire che i Lepidotteri, tranne casi sporadici e del tutto accidentali, hanno un range di variazione dimensionale abbastanza contenuto. Al massimo, a spanne, direi che possono variare per un ± 30%.
Bazzicando un pò i Coleotteri, mi sono reso conto che in questi la variazione è decisamente più ampia, con esemplari che possono essere anche più del doppio di altri: basti pensare a come variano i Trichodes, i Lucanus, e anche molti Cerambycidae. Il motivo lo imputo, forse in modo troppo semplicistico, all'effetto indotto nell'adulto da una minore o maggiore disponibilità alimentare allo stadio larvale. Mi interesserebbe, quindi, avere altri pareri.

Autore:  aug [ 26/12/2010, 11:38 ]
Oggetto del messaggio:  Re: Papilio machaon

Curiosamente non tutti i Coleotteri, anche fra le stesse Famiglie, presentano queta variabilità dimensionale: per esempio mentre gli Oryctes di casa nostra hanno, relativamente parlando, nani e giganti, la stessa cosa non avviene per i Pentodon o le Potosia (o avviene in maniera assai meno vistosa).
I Lucanidi (Lucanus e Dorcus) sono moltissimo variabili.
Anche fra i Cerambicidi sono per lo più le specie grandi (Cerambyx, Prionini) che variano seriamente, ma anche alcune medio piccole possono avere differenze sorprendenti (penso a certi Clytus s.l. o certi Tetropium).
Invece, per esempio, nei Carabidi il fenomeno è praticamente assente o relativamente molto meno importante.
Credo che, oltre che il regime alimentare limitato dal confinamento "forzato" delle larve dei fitofagi, il fattore determinante sia lo sviluppo larvale di lunga durata (anche diversi anni).

Autore:  Isotomus [ 26/12/2010, 13:00 ]
Oggetto del messaggio:  Re: Papilio machaon

aug ha scritto:

Credo che, oltre che il regime alimentare limitato dal confinamento "forzato" delle larve dei fitofagi, il fattore determinante sia lo sviluppo larvale di lunga durata (anche diversi anni).

Il fattore è comunque il regime alimentare; la durata del ciclo larvale è normalmente di 1-3/4 anni a seconda delle dimensioni delle specie. Il prolungamento oltre questi tempi è causato di solito, dalla qualità (sostanze nutritive) del nutrimento (il legno). Tuttavia, ho avuto casi (Rhamnusium graecum italicum, per esempio) di sfarfallamenti dopo 5-6 anni dai prelievi in natura senza che il prolungamento abnorme del periodo trofico abbia determinato teratologie (includo come teratologie anche le dimensioni fuori norma) di alcun tipo.
Talvolta una durata abnorme del ciclo può essere causata da cambiamenti climatici. E' il caso, per esempio, di larve prelevate in ambienti desertici caldi (o torridi) e trasportate in regioni temperate. Bisogna dire che ci sono specie più resistenti di altre a questi traumi. Molto spesso le larve continuano a mangiare (o a non sfarfallare) per molti anni, per poi morire.

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