marco villa ha scritto:
Infatti il bosco fu in larga parte abbattuto ai tempi dei romani per creare una sorta di coltivazione di pini. In tale contesto i lecci scomparvero quasi completamente mentre le querce sopravvissero qua e là. Ora che la pineta non viene più sfruttata per la produzione di legname, i pini stanno scomparendo e cedono il posto alle querce che sono tra le piante più diffuse localmente. I lecci invece non sembra abbiano intenzione di riconquistare il loro ambiente di un tempo ed al momento ci sono solo alcuni cespugli isolati. Possibile che il leccio abbia difficoltà a crescere per via della competizione con le querce caduche preesistenti? Magari è una specie che colonizza per prima le dune appena formate, permanendovi per molte migliaia di anni, solo grazie al sottobosco che impedisce la crescita di altre querce? In tal caso l'intervento dell'uomo deve aver alterato il ciclo del bosco e probabilmente la Pineta di Classe non tornerà mai la lecceta originaria.
Già questa profonda alterazione al tempo dei Romani potrebbe spiegare le differenze nel popolamento.
Per quanto riguarda il leccio, è una quercia adattata a condizioni più xeriche rispetto alle altre (eccetto Quercus coccifera, forse ancor più termofila, ma limitata, in Italia, al versante ionico del Sud, parte della Sicilia, e poco altro). Soprattutto, è fortemente favorita sui terreni calcarei, poichè particolarmente ben adattata alla presenza nel terreno di ioni Ca++, che creano invece problemi ad altre piante (interferiscono nei processi di assorbimento del magnesio Mg++, necessario alla sintesi della clorofilla).
Per cui, per esempio, qui nel Lazio, è molto diffusa in pianura e lungo le coste, soprattutto su terreni calcarei o comunque aridi, mentre all'interno tende ad essere sostituita da altre piante, con l'eccezione dei versanti calcarei, soprattutto se esposti a Sud o a Ovest (verso il Tirreno). Su alcune rupi e ripide pareti calcaree riesce a raggiungere quote di 1500-1600 metri, ovvero in piena fascia altitudinale del faggio. Ad esempio, su Monte Scalambra (la montagna dove c'è il paese dove ho casa, Serrone), c'è una fittissima lecceta (l'unico bosco che abba superato la seconda guerra mondiale su quella montagna) che va più o meno da 800 a 1200 m, su un versante molto ripido esposto a SW, praticamente formato solo da roccia calcarea e pietrisco.
Il punto debole del leccio è la crescita lenta, per cui se le condizioni ambientali permettono lo sviluppo di altre querce a crescita più rapida, viene sopraffatto. La presenza dei pini per un periodo così lungo potrebbe aver modificato le condizioni del terreno, rendendolo più acido e ricco di sostanze organiche, più umido, e quindi più adatto ad altre specie di Quercus, roverella, rovere, farnia, cerro o non so che altro. Queste stesse condizioni potrebbero non essere adatte allo sviluppo dello Pseudosphegesthes.