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Cyphogastra (Cyphogastra) javanica Saunders, 1871 - Buprestidae

XI.2008 - INDONESIA - EST - EE, Moluccas, Tanimbar, Molu. Is., Tutunametal


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MessaggioInviato: 22/11/2015, 12:48 
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Nome: Maurizio Gigli
Aggiungo una cartina con la distribuzione di questa specie. In rosso, le località elencate in letteratura (nella fattispecie, nel catalogo mondiale di Bellamy), in giallo, località di esemplari che ho in collezione, non comprese tra le prime.

C_javanica.jpg



Quasi certamente è presente anche in numerose isole intermedie, ma servirebbero i dati. Quelle in commercio arrivano quasi tutte dalle isole Kai (Kei). L'asterisco giallo tra Timor e le Kei è l'isoletta di Molu. Gli esemplari di Papua che ho sono indistinguibili da quelli di Kei e di Aru. Non so rispetto a quelli di Timor ed Ambon, perchè non ne ho.

Osservando questa distribuzione mi viene qualche dubbio sulla località tipica di Giava. Il tipo di Saunders, non potrebbe essere in realtà di provenienza diversa, più orientale? In questo caso l'areale di questa specie sarebbe molto meno esteso. Personalmente non ho mai visto un esemplare di Giava raccolto in tempi recenti.

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Maurizio Gigli
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MessaggioInviato: 22/11/2015, 15:32 
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Nome: Jan Matějíček
:?: Cyphogastra (Cyphogastra) javanica Saunders, 1871


Tayandu Islands.jpg

Cyphogastra (Cyphogastra) javanica Saunders, 1871.JPG


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Taxonomy, ecology, biomonitoring , faunistic of Staphylinidae
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MessaggioInviato: 22/11/2015, 15:56 
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Nome: Maurizio Gigli
Grazie Jan, per la località aggiunta.

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Maurizio Gigli
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MessaggioInviato: 23/11/2015, 13:21 
 

Iscritto il: 01/01/2011, 0:08
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Nome: Paolo Missori
Scusa se sono insistente, ma ovviamente ho i miei motivi (sto studiando i caratteri di una famiglia di cerambycidae). Se vuoi possiamo "privatizzare" l'argomento senza disturbare gli altri utenti. In verità penso che l'argomento sia di interesse per tutti.
L'esemplare tipo ricalca bene la tua Cyphogastra di Aru, ma non quello di Molu. Volevo, se puoi, che tu mi chiarissi di più che cosa intendi per "caratteri minori". Se un esemplare ha 4 "caratteri minori" diversi dall'esemplare tipo che cosa posso pensare e se i 4 "caratteri minori" si distribuiscono costantemente in esemplari in una località distinta?
Suppongo che ogni specie sottoposta ad isolamente parziale o totale, sia passata per uno stadio intermedio precedente (:ssp), dal quale poi può essere evoluta ulteriormente assumendo i caratteri di specie autonoma. In tal senso l'esemplare di Molu può rappresentare una ssp della Cyphogastra javanica, con possibilità nei prossimi 10.000-50.000 anni di evolversi ulteriormente verso una specie distinta di Cyphogastra.
Ovviamente più esemplari di Molu potrebbero confermare o smentire quanto ipotizzo. Io seguirei questa linea perchè mi sembra la più ragionevole e la più semplice nell'ambito della speciazione.
P.S. L'esemplare di Tayandu ricalca l'esemplare tipo Cyphogastra javanica.


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MessaggioInviato: 23/11/2015, 19:04 
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Nome: Maurizio Gigli
Nessun problema se insisti, anzi, mi pare che il Forum, tra le sue varie finalità, abbia anche quella di favorire lo scambio di opinioni tra studiosi/appassionati/collezionisti di insetti. Per cui, ben vengano queste discussioni! Tra l'altro, in questo caso specifico, le nostre posizioni non sono neanche poi così distanti, in quanto anche secondo me è possibile che questa di Molu sia effettivamente un taxon differenziabile dalle altre popolazioni di Cyphogastra javanica. Solo che per me si tratta di capire se le caratteristiche osservate in questo singolo esemplare siano costanti, per considerarlo una sottospecie, oppure no, e in questo caso sarebbe inutile aggiungere un altro nome a quelli già esistenti, mentre da quanto ho capito tu saresti più per la scelta tra ssp. e specie separata. E' possibile che la realtà sia nell'intersezione tra i due insiemi, per dirla alla matematica.

Per me, caratteri minori sono quelli che potrebbero essere riassunti come "un po' più" o "un po' meno".
Ad esempio, il protorace un po' più largo, o la punteggiatura più profonda. Mentre caratteri più decisi possono essere la presenza/assenza di qualcosa come, per esempio, la presenza/assenza di un dente mediano sulle tibie posteriori, presenza/assenza di un solco longitudinale sul metasterno, parameri dell'edeago setolosi o glabri, ecc.; oppure caratteri nettamente diversi, come tibie posteriori dritte o ricurve, secondo antennomero più corto del primo, oppure lungo il doppio del primo, ecc.
Anche nella colorazione, si possono distinguere casi di estensione minore o maggiore di certi colori, ma con uno schema di colorazione fondamentalmente simile, da casi con uno schema fondamentalmente diverso.
Ovviamente, non c'è mai niente di così netto da non lasciare alcuno spazio a dubbi, almeno finchè si rimane tra taxa strettamente imparentati.

Per il resto, io non darei tanta importanza al numero di caratteri coinvolti. Ovvero, chi stabilisce che con quattro differenze siamo di fronte a specie diverse, con tre a sottospecie, con una allo stesso taxon? (ho messo dei numeri a caso).
Ci possono essere dei casi in cui una sola differenza, ma molto netta, basta a definire una specie separata, altri casi in cui tante piccole differenze, anche prese insieme, non indicano nulla più che normale variabilità genetica intraspecifica. Se così non fosse, l'Homo sapiens in quante specie e sottospecie dovrebbe essere diviso? Perfino io e uno dei miei fratelli avremmo i requisiti per essere classificati in due specie separate (ed una sottospecie per l'altro)!
In sostanza, ogni caso fà storia a sè.

In quanto al discorso isolamento, ecc., sono d'accordo con te. Noi, nella fauna attuale, osserviamo sempre un determinato momento del processo di differenziazione rientrante nella speciazione allopatrica, dominante in ambienti frammentati come questi.
In alcuni casi è all'inizio, ed abbiamo solo popolazioni in cui prevalgono certi caratteri, diversi da quelli prevalenti in altre, ma comunque presenti un po' in tutte. Popolazioni che sarebbero tranquillamente interfeconde, se tornassero in contatto. Siamo nella fase che potremmo definire di speciazione incipiente, o di pre-speciazione, anche se è un termine un po' improprio, ed in questo caso mi sembra inutile una distinzione.
Poi segue la fase in cui i caratteri differenziali cominciano a stabilizzarsi, permettendoci di distinguere con una certa sicurezza gli esemplari di una popolazione da quelli delle altre, pur mantenendo ancora similitudini tali da presupporre un mantenimento dell'interfecondità (nel caso degli insetti, quasi sempre possiamo solo supporlo, perchè di rado è dato di poterlo constatare). Anche se possono permanere, in una popolazione, individui più o meno simili a quella di un'altra, si tratta in genere di una piccola percentuale, statisticamente poco significativa.
Poi arriviamo alla terza fase, in cui si è presumibilmente completata la separazione genetica, in cui nei due insiemi di individui le differenze sono costanti, senza forme intermedie: specie diverse.

Questo in teoria, poi in pratica gli stessi taxa possono essere considerati forme diverse dello stesso taxon, sottospecie o specie diverse a seconda dello specialista che se ne occupa. :sick:
In passato tra i buprestidologi si erano create due scuole di pensiero contrapposte: una essenzialmente francofona, rappresentata da Théry, che tendeva a riunire molto i taxa, spesso mettendo insieme roba piuttosto differente, e l'altra rappresentata dal ceco Obenberger, che arrivava a descrivere specie anche su un solo esemplare, magari malridotto, per due peli in più o in meno. Ne derivò un contrasto, a volte anche acceso, che durò fino alla morte del primo dei due (Théry). In realtà erano due grandissimi specialisti, uno, Obenberger, con un occhio non comune per notare i caratteri di ciò che osservava, l'altro, con una visione più d'insieme ed una grandissima conoscenza soprattutto della fauna nordafricana (ma anche di molte altre).
Io mi sono formato soprattutto sui lavori di Théry, anche perchè scriveva in francese, mentre Obenberger, a parte qualche lavoro in francese, inglese o italiano, preferiva scrivere in lingue di cui non capivo nulla, ed allora non c'erano i traduttori automatici per computer (in pratica, era come se non ci fossero neanche i computer), per cui mi è rimasta una certa riluttanza a dividere i taxa, a meno di differenze consistenti.

Dopo questa divagazione, tornando alla Cyphogastra di Molu, anche io sono curioso di capirci qualcosa di più, tanto che mi sto già dando da fare per ottenere qualche altro esemplare di quella località ed analizzarli un po' meglio (e vedere se per caso non ci avesse già pensato qualcuno, con qualche articoletto scritto chissà dove negli ultimi anni).

:hi:

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Maurizio Gigli
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MessaggioInviato: 24/11/2015, 9:28 
 

Iscritto il: 01/01/2011, 0:08
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Nome: Paolo Missori
Bene. Adesso sono contento perchè hai considerato possibile l'ipotesi di una speciazione per Molu. Grazie per l'interessantissima storia tra Théry ed Obenberger. Una riflessione prolungata negli anni ed il confronto con il parere di altri, contribuisce sicuramente a chiarire alcuni aspetti. Per esempio quando scrivo 4 caratteri somatici "minori" (valutati come costanti in almeno 2-5 esemplari) ovviamente ho dato un numero generico che però da punto di vista statistico è "significativo". Un solo carattere non può essere statisticamente "significativo", ma essere espressione solo di una iniziale differenziazione il cui futuro sarà completamente imprevedibile.
Per me rimane il problema eventualmente come arrivare a distinguere una specie da una ssp.
Penso che non vi siano criteri oggettivi universalmente validi. La simpatria o l'allopatria possono non chiarire una scelta. Dubito anche che l'analisi genetica possa determinare con sicurezza una differenza, ma solo una similarità tra 2 tipi. Fondamentale è che anche l'edeago, i parameri, gli spiculum dei maschi debbano avere delle differenze.
Per concludere questo argomento interessantissimo: possiamo ipotizzare una ssp se in caso di simpatria vi siano almeno 4 caratteri morfologici somatici distinti e costanti in più esemplari (2-5), peraltro associati a differenze anche dei caratteri sessuali dei maschi. Se invece vi è una allopatria sempre con le stesse condizioni, il descrittore può di sua volontà scegliere di attribuire il rango di ssp o specie. Mi sembra ragionevole, almeno per i coleotteri.
Per questo se riesci ad ottenere altri esemplari di Molu, potrai considerare il tutto.
Da parte mia ti assicuro che se dovessi procurarmene qualcuno (ma è molto difficile perchè bisogna andarci), te lo invio subito.


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MessaggioInviato: 24/11/2015, 16:02 
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Iscritto il: 30/12/2009, 22:20
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Nome: Maurizio Gigli
missorp ha scritto:
Bene. Adesso sono contento perchè hai considerato possibile l'ipotesi di una speciazione per Molu.

Il processo di speciazione per Molu (e tanti altri casi) è indubbio. Il difficile è capire a che grado è arrivato.

missorp ha scritto:
Per me rimane il problema eventualmente come arrivare a distinguere una specie da una ssp.
Penso che non vi siano criteri oggettivi universalmente validi.

Qui preferisco non approfondire, perchè si rischia di scatenare una discussione infinita, che sul Forum è stata già fatta almeno un paio di volte, in certi casi anche con toni piuttosto accesi, che coinvolge il concetto spesso di specie, e come viene utilizzato in diversi campi della ricerca.

missorp ha scritto:
Per concludere questo argomento interessantissimo: possiamo ipotizzare una ssp se in caso di simpatria vi siano almeno 4 caratteri morfologici somatici distinti e costanti in più esemplari (2-5), peraltro associati a differenze anche dei caratteri sessuali dei maschi.

Su questo devo dissentire, a meno che non sia stato un lapsus calami. Una subspecie per definizione non dovrebbe convivere con un'altra subspecie della stessa specie(1). Due presunte sottospecie in simpatria possono significare solo due cose:
1 - sono due specie diverse
2 - sono solo esemplari diversi della stessa popolazione

Questo perchè le sottospecie sono interfeconde, quindi non sarebbe possibile mantenere le differenze tra popolazioni conviventi.

Come parziale eccezione possono esserci casi in cui due sottospecie convivono parzialmente nella zona di contatto, ma fenomeni del genere avvengono su territori con barriere geografiche meno evidenti e nette di quelle che si hanno in aree insulari come quella in questione. E ci dovrebbe comunque essere una certa percentuale di ibridi. Altrimenti vorrebbe dire che c'è qualcosa che le mantiene separate, anche se non siamo in grado di identificare cosa, e potremmo quindi parlare di specie diverse.
Altra eccezione potrebbe verificarsi nel caso in cui una sottospecie abbia raggiunto di recente il territorio occupato da un'altra. Ma in questo caso si tratta di una situazione temporanea, a cui seguirà un rimescolamento genetico (o, in qualche caso, se si sono differenziate abbastanza, può verificarsi un accentuarsi delle differenza per un qualche svantaggio negli individui che tendono ad ibridarsi o nella loro progenie, con progressivo aumento della separazione, fino a renderle diverse a livello specifico).

Come ho già scritto, non darei troppa importanza al numero di caratteri coinvolti, anche se è ovvio che ogni differenza, sommata alle altre, contribuisce a differenziare maggiormente le popolazioni e rende più probabile che siano qualcosa di diverso.

Le differenze nei caratteri sessuali sono sicuramente importanti, ma anche in questo caso, non diamogli più importanza di quella che hanno. Nel senso che popolazioni con caratteri sessuali molto diversi è ragionevole pensare che siano taxa differenti più probabilmente di quelle con genitali uguali, ma ci sono anche casi di genitali molto variabili all'interno di un'unica specie, come pure sono numerosi i casi di specie decisamente diverse con genitali praticamente indistinguibili. Come sempre, è difficile trovare una formula magica per definire se due popolazioni siano di specie diverse, di sottospecie diverse o solo varianti dello stesso taxon, ed ogni caso è un caso a sè.

(1) Cosa su cui evidentemente non tutti sono d'accordo, visto che su un voluminoso e costosissimo testo, scritto da nomi di un certo livello tra gli specialisti di Buprestidi in tempi recenti, mi ritrovo due sottospecie di una specie sudafricana di Julodis citate per lo stesso identico posto, raccolte nello stesso giorno, e probabilmente sullo stesso cespuglio!

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Maurizio Gigli
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MessaggioInviato: 24/11/2015, 16:32 
 

Iscritto il: 01/01/2011, 0:08
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Nome: Paolo Missori
Hai ragione. Volevo scrivere "allopatria".
Per i caratteri genitali vale lo stesso discorso dei caratteri morfologici somatici esterni: devono essere distinti e costanti in tutti gli esemplari (almeno 2-5) presi in considerazione come possibile ssp. Bisogna considerare in ogni caso che anche i genitali non sono "fotocopie" per l'ovvia variabilità interindividuale ma omogenei per aspetto: tutti i corni lunghi, le spine assenti, etc...
Grazie per il tuo preziosissimo contributo. :hi:


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MessaggioInviato: 27/11/2015, 11:04 
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Nome: Carlo Arrigo Casadio
Mi inserisco in questa interessante discussione con alcune considerazioni personali; in primo luogo, osservando la distribuzione della specie sulla mappa di Maurizio, mi viene il dubbio che i dati di raccolta del tipo descritto da Saunders possano essere errati, bisognerebbe poter leggere il cartellino.
Non sarebbe la prima volta ed ho notato che spesso, in esemplari abbastanza datati, le indicazioni delle località sono molto generiche o addirittura piuttosto dubbie (quando non sono quasi indecifrabili a causa della grafia dell'autore).
Se poi consideriamo che alcuni nomi di località sono cambiati, oppure che venivano indicate nomi di aree geopolitiche e non geografiche è facile confondersi. Il problema è che questo genere di errori si trascinano nel tempo e sono molto difficili da correggere.
Un'altra considerazione è di tipo biogeografico; come già osservato da Wallace durante il suo soggiorno in Indonesia è molto difficile che gli animali terrestri, anche se ottimi volatori, attraversino volontariamente tratti di mare tra due isole adiacenti, anche se poco distanti tra loro. Wallace osservò che gli uccelli presenti a Bali sono molto diversi da quelli di Lombok, e le due isole distano appena pochi km ma sono separate da un fondale profondo e probabilmente non sono mai state unite, neanche in epoche glaciali.
La diffusione di certe specie di insetti tra le isole indonesiane potrebbe essere favorita più dal trasporto passivo che da una effettiva migrazione attiva di popolazioni.
Nel caso specifico delle Cyphogastra gli esemplari da me raccolti direttamente (solo 6 in realtà) sono stati raccolti tutti su piante che crescevano in spiaggia o a breve distanza da queste. Non ho la minima idea su che tipo di pianta si sviluppino le larve, ma mi viene da pensare che, almeno in parte, siano legate a questo tipo di ambienti.
Da notare che in quelle isole le foreste crescono a ridosso del mare e molti alberi protendono le loro chiome sull'acqua (non solo le palme che si vedono nelle cartoline).
Durante le tempeste tropicali spesso questi alberi vengono abbattuti dai forti venti e trascinati alla deriva nel mare (costituiscono anche un grave pericolo alla navigazione delle piccole imbarcazioni) portando con se eventuali ospiti al loro interno; questi tronchi poi vengono portati dalle correnti verso altre isole. Sicuramente molti non sopravvivono a questi viaggi, ma quei pochi che lo fanno sono in grado di colonizzare i nuovi ambienti.
Proviamo ad immaginare quante migliaia di alberi sono stati trascinati in mare dal devastante tsunami del 2004 e spinti poi dalle correnti a centinai di km di distanza.
Un altro mezzo di diffusione passiva a mio parere sottovalutato è l'uomo. Tutte, o quasi, le isole indonesiane sono abitate, anche quelle più remote, e da sempre (migliaia di anni) gli abitanti di queste isole commerciano tra loro trasportando ogni sorta di merce, compreso il legname.
Questi scambi si sono avuti anche tra popolazioni molto distanti tra loro; sull'isola di Biak, in Papua, i camminatori sul fuoco (un rituale a cui ho avuto il piacere e la fortuna di assistere 20 anni fa) portano delle collane fatte con perle di vetro gialle ottenute anticamente da commercianti cinesi e che vengono tramandate da una generazione all'altra.
Negli ultimi trecento anni poi gli scambi commerciali sono stati particolarmente intensi con migliaia di navi che quotidianamente incrociano tra le varie isole. Anche la deforestazione ed il conseguente trasporto di legname via mare favoriscono sicuramente la diffusione di alcune specie da un'isola all'altra.
Questi fattori incidono sulla diffusione di una specie tra le isole e modificano il grado di isolamento delle varie popolazioni rimescolandole in maniera casuale nel tempo e rendendo quasi impossibile una ricostruzione esatta del fenomeno.
In questo modo si potrebbero spiegare alcune anomalie nella distribuzione delle popolazioni tra le varie isole.
Il problema è che noi cerchiamo di capire la trama di un film vedendone solo pochi fotogrammi.......

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Carlo Arrigo

"Solo un entomologo può capire il piacere da me provato nel cacciare per ore in qua e in là, sotto il sole cocente, tra i rami e i ramoscelli e la corteccia degli alberi caduti"
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MessaggioInviato: 27/11/2015, 11:32 
 

Iscritto il: 01/01/2011, 0:08
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Nome: Paolo Missori
Gent.mo Carlo, ti ho citato in questo argomento a proposito delle Rosenbergia. Credo che l'area Indo-australiana sia la chiave di volta sull'evoluzione delle specie in rapporto ad una delle modalità della speciazione. Sicuramente le 2 modalità di diffusione che tu esamini sono corrette. Tuttavia mi sembra che venga dimenticato sempre che la terra non è "ferma", ma la massa tettonica è continuamente in movimento (sia nei terremoti sia in impercettibili spostamenti annuali). In sintesi le isole dell'area indonesiana sono solo pezzi di un puzzle che si va rompendo progressivamente e variabilmente distanziando, da un'unica massa di terra emersa. Tutte le specie che vi sono sopra si possono differenziare per semplice evoluzione e/o cambiamento climatico-ambientale. Molte specie invece non si differenziano e si possono trovare normalmente in aree diverse (per esempio Biak, Yapen, Numfor ed Arfak area; Bougainville, Guadalcanal, Santa Isabel) Vi sono molti cerambycidae che vivono ad alta quota o alta collina, ma si trovano in molte isole. Difficile per questi pensare ad un albero che galleggia come diffusione.
Mi interesserebbe solo un tuo parere (vedendo già quanto scritto sul Forum) sulla scelta di poter definire o qualificare un insetto come sottospecie o specie.
Grazie :)


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MessaggioInviato: 27/11/2015, 16:38 
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Iscritto il: 06/11/2011, 23:59
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Località: Casola Valsenio
Nome: Carlo Arrigo Casadio
Ciao Paolo, grazie per la tua risposta.
L'arcipelago indonesiano è l'esempio lampante del fatto che la terra non sia ferma, in questa parte del pianeta si scontrano 4 diverse placche tettoniche principali che sono quella asiatica a ovest, quella australiana a sud, quella delle Caroline a nord est e quella delle Filippine a nord ovest. In realtà però non si tratta di un sistema che si sta frammentando, quanto piuttosto l'opposto, sono terre che si stanno sollevando dal fondo del mare e si stanno in parte compattando. Se non consideriamo la variazione del livello del mare dovuto alle glaciazioni (e quindi non a fattori geologici) possiamo ipotizzare che in un futuro molte di queste isole saranno unite tra loro. La stessa Nuova Guinea è emersa dal mare in epoche abbastanza recenti (decine di milioni di anni, non centinaia), semplificando molto si potrebbe dire che la Nuova Guinea e l' Italia siano coetanee e che abbiano avuto un tipo di evoluzione geologica simile. In origine però la regione della Nuova Guinea nota come Vogelkop (testa d'uccello) pur essendo emersa dal mare costituiva un'isola a se e 30 milioni di anni fa si trovava circa dove adesso c'è l'isola di Timor.
Quella che adesso è Halmahera "solo" 15 milioni di anni fa si trovava al largo di Jayapura, di fronte alle Cyclops mountain.
Anche le Filippine erano più "smembrate", le isole meridionali erano molto più distanti da Luzon, a cui si sono avvicinate e neanche tanto lentamente..
Penso che da un punto di vista geologico tutta la regione si trovi in una fase di rapida evoluzione (se non sbaglio l'isola di Sumatra, a seguito del terremoto del 2004, si è spostata di 30 m in un colpo solo) e la relativa velocità con cui avvengono questi spostamenti credo che complichi ulteriormente il tentativo di capire l'evoluzione biologica delle specie diffuse nell'arcipelago malese.
Certamente l'idea dei tronchi galleggianti non può spiegare la diffusione di tutte le specie, ma relativamente alle Cyphogastra penso si possa adattare bene, io però ho molti dubbi su l'ipotesi di spostamenti "volontari" tra le isole; anche se un insetto è un ottimo volatore perché mai dovrebbe attraversare un ambiente ostile come il mare che non può offrirgli ne cibo, ne ripari ne femmine o maschi con cui accoppiarsi?
Anche tra gli uccelli questi spostamenti sono limitati principalmente alle specie migratrici o a quelli legati all'ambiente marino, quelli più stanziali difficilmente si spostano tra un'isola e l'altra.
Certo rimane da spiegare come abbiano fatto certi insetti a raggiungere delle isole remote sperdute in mezzo all'oceano, isole che mai sono state collegate tra loro e tantomeno a vasti continenti.
Relativamente al fatto di come definire l'appartenenza di un insetto ad una sottospecie o specie diversa non credo di essere la persona più qualificata per farlo; posso dirti che nell'ambito dei miei interessi entomologici (il genere Rosenbergia in particolare) mi trovo in grande difficoltà.
Nello specifico è la Rosenbergia weiskei Heller, 1902 che mi crea più problemi; si tratta di una specie piuttosto comune e diffusa in tutta la Nuova Guinea, dal livello del mare fino ad oltre 2000 m, ma che mostra una tale variabilità che anche usando 4 o 5 caratteri morfologici principali potrei quasi descrivere una specie nuova per ogni esemplare in mio possesso. Solo pochi esemplari presentano un aspetto generale costante, ma sono molto diversi dal tipo di Heller e provengono da zone molto distanti tra loro, mentre esemplari con la stessa provenienza si diversificano anche parecchio.
Personalmente ritengo che descrivere una sottospecie nuova sia più complicato che descrivere una specie nuova, nel primo caso infatti le differenze dovrebbero essere minori e il confine molto più sottile.

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MessaggioInviato: 27/11/2015, 16:44 
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missorp ha scritto:
In sintesi le isole dell'area indonesiana sono solo pezzi di un puzzle che si va rompendo progressivamente e variabilmente distanziando, da un'unica massa di terra emersa.

Le cose non stanno proprio così.

In realtà la tendenza nell'area indonesiana è esattamente l'opposto.

Infatti tutta l'area posta tra l'Indocina (Vietnam, Laos, Cambogia, Tailandia, tanto per capirci) e l'Australia, con le sue migliaia di isole di grandi e piccole dimensioni, è di origine recente (da diverse centinaia di migliaia a qualche decina di milioni di anni), ed è emersa dal mare in seguito allo scontro tra la placca australiana, in movimento verso NE, e le placche eurasiatica e pacifica, e si unisce all'altro arco insulare delle Filippine, più a Nord, generato tra lo scontro tra la placca eurasiatica, a Ovest, e la placca filippina, spinta da quella pacifica, a Est.
Prima, tutta quella zona era solo oceano, poi gradualmente i ripiegamenti del fondo oceanico, e la massa di sedimenti raschiati via dal fondo basaltico nelle zone di subduzione nelle aree di contatto tra le placche, hanno raggiunto la superficie, e sono emersi, costituendo dapprima poche isolette sparse lungo una linea tipicamente arcuata (più di una, in realtà), che sono gradualmente aumentate di numero, di dimensioni ed in altezza, fino alla situazione attuale.

Prima dell'inizio di questo fenomeno, causato essenzialmente dal movimemto dell'Australia, c'erano probabilmente solo i territori corrispondenti all'attuale Borneo, forse parte di Celebes e qualche altra isola vicina, a volte uniti al SE asiatico, a volte no, secondo il livello degli oceani. Tutto il resto, fino alla Nuova Guinea, Salomone, ecc., è di origine più recente.

Per cui, il popolamento di tutta questa vasta area insulare, di fatto corrispondente alla Wallacea più Nuova Guinea, è avvenuto in tempi recenti, in parte ad opera di gruppi animali e vegetali originari del SE asiatico, in parte da altri provenienti dall'Australia; in realtà pricipalmente dall'Asia la Flora, mentre per la Fauna, ad Ovest della linea di Wallace prevale quella asiatica, ad Est quella australiana, anche se con differenze di estensione nei vari gruppi (tanto che sono state definite altre linee di separazione, come quella di Webber, o quella di Lydekker).

Immaginiamo una vasta estensione marina tra Asia ed Australia, costellata di isole che venivano, nel corso di migliaia e di milioni di anni, gradualmente colonizzate sia dal NW che dal SE. Colonizzazione coi soliti sistemi: via mare, su vegetazione galleggiante, tronchi, ecc., via aria, per le specie buone volatrici e/o trascinate dal vento. Il trasporto antropico si aggiungerà molto più tardi, nelle ultime migliaia di anni.

A complicare ulteriormente le cose, ma anche ad arricchire notevolmente il popolamento vegetale, ma soprattutto animale (che altrimenti sarebbe stato forse simile a quello di isole più lontane, come quelle polinesiane e melanesiane) si è aggiunto l'effetto delle variazioni climatiche che hanno caratterizzato gli ultimi 2-3 milioni di anni. In questo periodo si sono alternati momenti freddi (periodi glaciali) con altri più caldi (interglaciali), di lunghezza variabile tra alcune decine ed alcune centinaia di migliaia di anni. Negli interglaciali la situazione era circa quella attuale (siamo infatti in un interglaciale), mentre nei periodi glaciali, con molta acqua imprigionata nei ghiacci boreali e montani, il livello dei mari scendeva di parecchhie decine di metri rispetto all'attuale (fino addirittura a -200 m), scoprendo i fondali marini nelle zone di scarsa profondità.
In quei periodi, più o meno tutti i territori ad Ovest della linea di Wallace si riunivano in un'unica terra emersa collegata all'Asia, mentre le isole ad Est, Sonda minori, Molucche, Timor, ecc., si estendevano, alcune si collegavano, ma perlopiù restavano separate, anche se con distanze minori, e dall'altro lato, Nuova Guinea, Aru, ecc, erano collegate all'Australia.

Qui ho indicato approssimativamente le estensioni di terre emerse nei periodi glaciali più intensi:

indomalesia.jpg



Da qui, le forti somiglianze faunistiche tra la parte occidentale dell'area e l'Asia del SE, e di quella orientale con l'Australia, mentre tutto quell'insieme di isole riunite nella Wallacea, mai state unite ad Asia o Australia, presentano caratteristiche diverse: un insieme di fauna asiatica e australiana con una forte componente imparentata con queste ma che si è differenziata in maniera autonoma.
E questo tipo di combinazione di faune della Wallacea si nota chiaramente anche nei Buprestidi, dove troviamo generi asiatici, come Chrysochroa o Chrysodema, insieme ad altri australiani, come Cyphogastra, appunto, o Cisseis o Melobasis, ed altri endemici (più che altro, gli endemismi sono però di livello specifico).

missorp ha scritto:
Molte specie invece non si differenziano e si possono trovare normalmente in aree diverse (per esempio Biak, Yapen, Numfor ed Arfak area; Bougainville, Guadalcanal, Santa Isabel)

La mancata differenziazione di alcune specie (sempre che sia reale, e non apparente) può dipendere, secondo me, di solito da due cause:
1 - Le varie popolazioni, per quanto possano sembrare isolate, in realtà non lo sono, ma presentano degli scambi di materiale genetico, magari dovuti anche solo a spostamenti occasionali di alcuni individui da un'isola all'altra (su vegetazione galleggiante, o a causa di venti o tempeste che trascinano qualche adulto in volo), ma sufficienti a impedire una diversificazione.
2 - La specie ha espanso il suo areale in tempi relativamente recenti (e non è detto che in certi casi non l'abbia fatto per mezzo di diffusione antropica).

Alla possibilitià che popolazioni isolate di una specie possano evolversi nello stesso identico modo, o addirittura non evolvere, per migliaia o milioni di generazioni, tanto da restare indistinguibili, confesso che ci credo molto poco.

Un'ultima cosa: Non sottovalutiamo la capacità di dispersione degli esseri viventi, neanche di quelli che sembrano meno adatti agli spostamenti! Figuriamoci poi i buoni volatori come i Buprestidi!

Prendiamo il genere Paracupta, che Paolo conosce molto bene (lo invidio, per questo). Questo genere di Buprestidi pare che non potesse trovare niente di meglio da fare che sparpagliarsi per buona parte delle isole dell'Oceano Pacifico! Praticamente manca solo nelle più sperdute, in quelle con clima troppo freddo, ed in quelle troppo ad oriente (tipo Isola di Pasqua o Hawaii, per capirsi). Ed alcune di queste isole sono distanti centinaia di km dalle altre, e nemmeno possiamo invocare il trasporto antropico, visto che si sono sviluppate specie anche molto diverse le une dalle altre, e la cosa richiede tempi superiori al breve periodo in cui l'uomo ha iniziato a spostarsi via mare.

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Julodis ha scritto:
missorp ha scritto:
In sintesi le isole dell'area indonesiana sono solo pezzi di un puzzle che si va rompendo progressivamente e variabilmente distanziando, da un'unica massa di terra emersa.

Le cose non stanno proprio così.

In realtà la tendenza nell'area indonesiana è esattamente l'opposto.

Infatti tutta l'area posta tra l'Indocina (Vietnam, Laos, Cambogia, Tailandia, tanto per capirci) e l'Australia, con le sue migliaia di isole di grandi e piccole dimensioni, è di origine recente (da diverse centinaia di migliaia a qualche decina di milioni di anni), ed è emersa dal mare in seguito allo scontro tra la placca australiana, in movimento verso NE, e le placche eurasiatica e pacifica, e si unisce all'altro arco insulare delle Filippine, più a Nord, generato tra lo scontro tra la placca eurasiatica, a Ovest, e la placca filippina, spinta da quella pacifica, a Est.
Prima, tutta quella zona era solo oceano, poi gradualmente i ripiegamenti del fondo oceanico, e la massa di sedimenti raschiati via dal fondo basaltico nelle zone di subduzione nelle aree di contatto tra le placche, hanno raggiunto la superficie, e sono emersi, costituendo dapprima poche isolette sparse lungo una linea tipicamente arcuata (più di una, in realtà), che sono gradualmente aumentate di numero, di dimensioni ed in altezza, fino alla situazione attuale.

Prima dell'inizio di questo fenomeno, causato essenzialmente dal movimemto dell'Australia, c'erano probabilmente solo i territori corrispondenti all'attuale Borneo, forse parte di Celebes e qualche altra isola vicina, a volte uniti al SE asiatico, a volte no, secondo il livello degli oceani. Tutto il resto, fino alla Nuova Guinea, Salomone, ecc., è di origine più recente.

Per cui, il popolamento di tutta questa vasta area insulare, di fatto corrispondente alla Wallacea più Nuova Guinea, è avvenuto in tempi recenti, in parte ad opera di gruppi animali e vegetali originari del SE asiatico, in parte da altri provenienti dall'Australia; in realtà pricipalmente dall'Asia la Flora, mentre per la Fauna, ad Ovest della linea di Wallace prevale quella asiatica, ad Est quella australiana, anche se con differenze di estensione nei vari gruppi (tanto che sono state definite altre linee di separazione, come quella di Webber, o quella di Lydekker).

Immaginiamo una vasta estensione marina tra Asia ed Australia, costellata di isole che venivano, nel corso di migliaia e di milioni di anni, gradualmente colonizzate sia dal NW che dal SE. Colonizzazione coi soliti sistemi: via mare, su vegetazione galleggiante, tronchi, ecc., via aria, per le specie buone volatrici e/o trascinate dal vento. Il trasporto antropico si aggiungerà molto più tardi, nelle ultime migliaia di anni.

A complicare ulteriormente le cose, ma anche ad arricchire notevolmente il popolamento vegetale, ma soprattutto animale (che altrimenti sarebbe stato forse simile a quello di isole più lontane, come quelle polinesiane e melanesiane) si è aggiunto l'effetto delle variazioni climatiche che hanno caratterizzato gli ultimi 2-3 milioni di anni. In questo periodo si sono alternati momenti freddi (periodi glaciali) con altri più caldi (interglaciali), di lunghezza variabile tra alcune decine ed alcune centinaia di migliaia di anni. Negli interglaciali la situazione era circa quella attuale (siamo infatti in un interglaciale), mentre nei periodi glaciali, con molta acqua imprigionata nei ghiacci boreali e montani, il livello dei mari scendeva di parecchhie decine di metri rispetto all'attuale (fino addirittura a -200 m), scoprendo i fondali marini nelle zone di scarsa profondità.
In quei periodi, più o meno tutti i territori ad Ovest della linea di Wallace si riunivano in un'unica terra emersa collegata all'Asia, mentre le isole ad Est, Sonda minori, Molucche, Timor, ecc., si estendevano, alcune si collegavano, ma perlopiù restavano separate, anche se con distanze minori, e dall'altro lato, Nuova Guinea, Aru, ecc, erano collegate all'Australia.

Qui ho indicato approssimativamente le estensioni di terre emerse nei periodi glaciali più intensi:

indomalesia.jpg


Da qui, le forti somiglianze faunistiche tra la parte occidentale dell'area e l'Asia del SE, e di quella orientale con l'Australia, mentre tutto quell'insieme di isole riunite nella Wallacea, mai state unite ad Asia o Australia, presentano caratteristiche diverse: un insieme di fauna asiatica e australiana con una forte componente imparentata con queste ma che si è differenziata in maniera autonoma.
E questo tipo di combinazione di faune della Wallacea si nota chiaramente anche nei Buprestidi, dove troviamo generi asiatici, come Chrysochroa o Chrysodema, insieme ad altri australiani, come Cyphogastra, appunto, o Cisseis o Melobasis, ed altri endemici (più che altro, gli endemismi sono però di livello specifico).

missorp ha scritto:
Molte specie invece non si differenziano e si possono trovare normalmente in aree diverse (per esempio Biak, Yapen, Numfor ed Arfak area; Bougainville, Guadalcanal, Santa Isabel)

La mancata differenziazione di alcune specie (sempre che sia reale, e non apparente) può dipendere, secondo me, di solito da due cause:
1 - Le varie popolazioni, per quanto possano sembrare isolate, in realtà non lo sono, ma presentano degli scambi di materiale genetico, magari dovuti anche solo a spostamenti occasionali di alcuni individui da un'isola all'altra (su vegetazione galleggiante, o a causa di venti o tempeste che trascinano qualche adulto in volo), ma sufficienti a impedire una diversificazione.
2 - La specie ha espanso il suo areale in tempi relativamente recenti (e non è detto che in certi casi non l'abbia fatto per mezzo di diffusione antropica).

Alla possibilitià che popolazioni isolate di una specie possano evolversi nello stesso identico modo, o addirittura non evolvere, per migliaia o milioni di generazioni, tanto da restare indistinguibili, confesso che ci credo molto poco.

Un'ultima cosa: Non sottovalutiamo la capacità di dispersione degli esseri viventi, neanche di quelli che sembrano meno adatti agli spostamenti! Figuriamoci poi i buoni volatori come i Buprestidi!

Prendiamo il genere Paracupta, che Paolo conosce molto bene (lo invidio, per questo). Questo genere di Buprestidi pare che non potesse trovare niente di meglio da fare che sparpagliarsi per buona parte delle isole dell'Oceano Pacifico! Praticamente manca solo nelle più sperdute, in quelle con clima troppo freddo, ed in quelle troppo ad oriente (tipo Isola di Pasqua o Hawaii, per capirsi). Ed alcune di queste isole sono distanti centinaia di km dalle altre, e nemmeno possiamo invocare il trasporto antropico, visto che si sono sviluppate specie anche molto diverse le une dalle altre, e la cosa richiede tempi superiori al breve periodo in cui l'uomo ha iniziato a spostarsi via mare.

:roll: Non capisco perchè devi essere così sintetico nei tuoi interventi?! :gh:

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Noto che Carlo ed io abbiamo scritto una risposta molto simile praticamente in contemporanea, anche se Carlo è stato un pochino più veloce di me.
Fondamentalmente, abbiamo usato frasi e parole diverse, per dire la stessa cosa.

Carlo A. ha scritto:
anche se un insetto è un ottimo volatore perché mai dovrebbe attraversare un ambiente ostile come il mare che non può offrirgli ne cibo, ne ripari ne femmine o maschi con cui accoppiarsi?

Infatti non ha alcun interesse a vagare per l'oceano, però bisogna considerare due cose:
1 - molte specie hanno una spinta innata a spostarsi. Probabilmente si tratta di un mezzo per ridurre la competizione intraspecifica. Quel che è certo è che questo permette alla specie di espandersi. Magari in alcune l'espansione richiede molto più tempo che in altre, ma più o meno tutte tendono a farlo.
2 - Gli insetti volatori, le ali le usano spesso e volentieri. Per cui, non capita di rado che qualche esemplare involatosi per motivi suoi, magari anche solo per spostarsi su un albero vicino, venga preso da una raffica di vento e portato dove non vorrebbe andare.
Se ne vedono gli effetti continuamente. Per esempio, sui nevai montani in primavera ed inizio estate è pieno di insetti provenienti dalle valli sottostanti, magari a km di distanza, che sicuramente non avevano alcuna intenzione di finire surgelati su un nevaio. Quando viaggiavo all'estero in cerca di insetti, e magari andavo in Tunisia col traghetto, iniziavo a raccogliere anche ore prima di sbarcare a Tunisi, perchè arrivavano parecchi insetti sul ponte della nave. Il vento dalla costa li portava al largo, e loro cercavano di atterrare sulla prima cosa che vedevano sporgere dalla superficie del mare. Non ho difficoltà a pensare che lo stesso possano fare molte specie di Buprestidi o di altri insetti nei tratti di mare dell'indomalesia, soprattutto in quelli di limitata estensione.

Per me, comunque, la diffusione degli xilofagi avviene soprattutto allo stato larvale nel legno trasportato dal mare. Non tanto perchè gli adulti in volo non possano affrontare la traversata, anche se involontaria, ma perchè non mi vedo uno stormo di Cyphogastra o di Chrysodema attraversare il mare ed atterrare su un'altra isola, accoppiarsi e deporre le uova. Vedo invece molto più credibile un albero finire in mare, con alcuni dei rami che restano fuori dell'acqua attaccati dalle larve di un Buprestide, che affrontano una traversata anche di mesi senza neanche accorgersene, continuando a mangiare e a crescere. Poi l'albero, magari ormai morto e senza foglie, si arena su un'altra isola, e qualche tempo dopo sfarfallano 40 esemplari di Chrysodema, che si accoppiano, si riproducono e danno origine ad una nuova popolazione.
E lo stesso vale per molti altri xilofagi.

Una indagine che si potrebbe fare, se si conoscessero le abitudini delle varie specie, sarebbe confrontare la diffusione in questi ambienti insulari delle specie che vivono nelle parti vive delle piante, nelle parti morte da poco ma col legno in buone condizioni, e nelle parti morte da tempo, con legno ormai alterato, come ceppi marcescenti, ecc. Io credo che si potrebbero osservare interessanti differenze nella distribuzione delle specie. Le ultime potrebbero avere molte più difficoltà a disperdersi, perchè gli sarebbe difficile superare un viaggio in mare (il legno marcio o molto cariato tende ad impregnarsi d'acqua e ad affondare. Se poi quest'acqua è salata, ben poche larve di specie molto particolari riescono a sopravvivere.

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f.izzillo ha scritto:
:roll: Non capisco perchè devi essere così sintetico nei tuoi interventi?! :gh:

hai ragione. Ora ti scrivo la versione estesa, ma solo per te. :to:

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