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elleelle
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Inviato: 14/01/2014, 19:26 |
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Iscritto il: 28/05/2009, 16:38 Messaggi: 4964
Nome: luigi lenzini
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Faccio il caso di due specie che conosco bene: le formiche Linepithema humile e il ragno Steatoda nobilis. Entrambe le specie hanno un tasso riproduttivo molto superiore rispetto alle specie italiane che occupano la stessa nicchia. Sembra quasi che nei loro Paesi d'origine la selezione fosse più dura e fosse necessaria una strategia "R" molto spinta. Trasportando questo tasso riproduttivo da noi dove la mortalità - per cause che non conosco - è più bassa, queste specie crescerebbero di numero in maniera squilibrata. Steatoda nobilis depone anche 2 o 3 ovisacchi, e li protegge con una specie di gabbia resistentissima dove si chiude anche lei fino alla schiusa. Praticamente, con questo sistema le uova si schiudono quasi tutte. Linepithema humile ha formicai di grosse dimensioni con un gran numero di femmine riproduttrici e come si scoperchiano si trovano pieni di larve e pupe. Le formiche, poi, sono molto attive, anche in inverno, e trovano tutto il cibo che serve. E' un'ipotesi verosimile?  luigi

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Hemerobius
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Inviato: 14/01/2014, 19:57 |
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Iscritto il: 02/02/2009, 23:32 Messaggi: 5642 Località: da Ferrara ad Alghero
Nome: Roberto A. Pantaleoni
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Caro Luigi, le tue osservazioni sono centratissime però mentre un invasivo deve essere alloctono (e non secondo tutte le definizioni) un alloctono non è forzatamente invasivo. La domanda è quindi posta male, avrebbe dovuto essere: "Perché le specie invasive hanno tassi riproduttivi così alti?" La risposta è semplice: "Altrimenti non sarebbero divenute invasive !!!" Comunque non è sempre il tasso di riproduzione che fa di un alloctono un invasivo (anche se lo è spesso, ma il discorso è lunghissimo). Roberto 
_________________ verum stabile cetera fumus
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hutia
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Inviato: 14/01/2014, 21:14 |
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elleelle
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Inviato: 15/01/2014, 1:35 |
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Iscritto il: 28/05/2009, 16:38 Messaggi: 4964
Nome: luigi lenzini
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Caro Roberto, ho chiara la differenza tra condizione necessaria e condizione sufficiente .... Quello che volevo buttare sul tavolo della discussione è che un elemento ricorrente negli alloctoni invasivi, a quanto ho potuto osservare, è il tasso riproduttivo alto, che potrebbe essere giustificato dal fatto che nella loro terra di origine la selezione era più dura. Il rovescio della stessa medaglia è il fatto che queste specie da noi hanno meno predatori o comunque meno fattori limitanti. Possiamo convenire a carattere generale che gli alloctoni diventano invasivi se il loro tasso riproduttivo non è commisurato ai fattori che limitano la loro crescita numerica? Questa condizione è più probabile per gli alloctoni che per gli autoctoni, che hanno già avuto il tempo per trovare un equilibrio. Voglio citare anche un caso diverso. Negli ultimi 20 anni c'è stato inizialmente un aumento esponenziale nei nostri mari del pesce Pomatomus saltatrix (pesce serra), originario di mari più caldi. Da un po' di anni, invece, sta calando a vista d'occhio. Forse ha trovato il suo nuovo equilibrio.
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Hemerobius
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Inviato: 15/01/2014, 7:54 |
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Iscritto il: 02/02/2009, 23:32 Messaggi: 5642 Località: da Ferrara ad Alghero
Nome: Roberto A. Pantaleoni
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Sì certo, un alloctono diventa invasivo se possiede certe caratteristiche di partenza, in più se nell'ambiente di "arrivo" trova scarsi nemici naturali (questa è l'ipotesi maggiormente considerata dalla comunità scientifica). Quel che succede dopo dipende da moltissime cose. In altre parole il punto essenziale è questo: elleelle ha scritto: ... un elemento ricorrente negli alloctoni invasivi, a quanto ho potuto osservare, è il tasso riproduttivo alto, che potrebbe essere giustificato dal fatto che nella loro terra di origine la selezione era più dura. Il rovescio della stessa medaglia è il fatto che queste specie da noi hanno meno predatori o comunque meno fattori limitanti. ... Premesso che ancora un'opinione unanime non esiste (per fortuna, aggiungerei), direi che vale di più il "rovescio" o, se preferisci, il "dritto" andrebbe modificato così: "nella loro terra di arrivo la selezione è meno dura". Roberto PS: elleelle ha scritto: Caro Roberto, ho chiara la differenza tra condizione necessaria e condizione sufficiente ... Non era assolutamente mia intenzione metterlo in dubbio, se ho dato questa impressione chiedo scusa, volevo solo sottolineare un problema terminologico che non è certo tuo, pensa che anche a livello di pubblicazioni scientifiche la confusione regna tanto è vero che su importanti riviste appaiono articoli proprio per definire i termini.
_________________ verum stabile cetera fumus
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Julodis
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Inviato: 15/01/2014, 16:01 |
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Iscritto il: 30/12/2009, 22:20 Messaggi: 31564 Località: Roma
Nome: Maurizio Gigli
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Parlando in maniera molto casareccia, in linea più generale potremmo dire che una specie (alloctona o autoctona che sia) diventa invasiva quando si rompe l'equilibrio tra natalità e mortalità e la prima tende a prevalere nettamente sulla seconda.
Può capitare sia a una specie con tasso riproduttivo molto elevato che ad una che l'ha minore. Facciamo un esempio del secondo caso: noi. Siamo una specie con una natalità molto bassa, ma nonostante ciò, per la ancor più bassa mortalità siamo forse la specie più infestante del Pianeta. E tra l'altro quasi ovunque dovremmo essere considerati alloctoni.
Ovviamente, se il calo di mortalità si verifica in una specie con un alto tasso riproduttivo, il fenomeno si manifesta in modo più rapido.
Sul fatto dell'invasività di molte specie alloctone, sono d'accordo che il motivo principale risieda nel fatto che nel nuovo territorio, in cui diventano invasive, abbiano meno nemici naturali, ma probabilmente, in molti casi, c'è di mezzo anche un altro fatto. Si vengono a trovare in ambienti più monotoni di quelli di origine (soprattutto se vengono da ambienti tropicali caratterizzati da elevata biodiversità). Questo implica che poche specie potranno adattarvisi, ma quelle che ci riescono hanno a disposizione più risorse e meno competitori e possono dar luogo ad una esplosione demografica. Cosa che del resto vale anche per alcune specie autoctone che si adattano ad ambienti alterati dall'azione antropica. Ma da questo consegue anche che la stessa popolazione che ha raggiunto alti livelli numerici e di densità, nel caso qualche specie parassita o predatrice vi si adatti o la raggiunga, diventa a sua volta una enorme risorsa per lo sviluppo di quest'altra specie, che aumenterà di numero, la decimerà, e avanti così con una serie di fluttuazioni. Si raggiungerà infine un equilibrio? Boh! A volte si, altre no.
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elleelle
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Inviato: 15/01/2014, 23:12 |
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Iscritto il: 28/05/2009, 16:38 Messaggi: 4964
Nome: luigi lenzini
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Nei casi che ho citato, Steatoda nobilis ha gli stessi nemici naturali dell'autoctona Steatoda paykulliana, ma fa molti più figli.
Anche Linepithema humile ha le stesse condizioni limitanti e cause di mortalità delle nostra Tapinoma sp. e Lasius sp., ma ha un tasso riproduttivo più alto.
Quindi, può essere che qui da noi abbiano meno mortalità che nel loro Paese d'origine, ma la stessa mortalità delle specie autoctone a cui si sovrappongono.
Quindi, concluderei che, se le confrontiamo con se stesse la differenza sta nella mortalità, mentre, se le confrontiamo con le corrispondenti autoctone, la differenza sta nella natalità.
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Carlo A.
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Inviato: 15/01/2014, 23:27 |
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Iscritto il: 06/11/2011, 23:59 Messaggi: 1134 Località: Casola Valsenio
Nome: Carlo Arrigo Casadio
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Julodis ha scritto: Si raggiungerà infine un equilibrio? Boh! A volte si, altre no. Penso che l'ecosistema a lungo termine raggiunga sempre un equilibrio, magari a discapito di alcune specie che si estinguono soppiantate da specie alloctone invasive le quali, dopo un certo numero di generazioni diventeranno a loro volta autoctone del nuovo ambiente. E' difficile dire se una specie sia realmente autoctona o se abbia colonizzato un certo ambiente in tempi remoti e poi si sia "integrata" tanto da sembrare autoctona. Molte piante ed animali che a noi oggi sembrano autoctoni in realtà sono frutto di "invasioni" anche abbastanza recenti.
_________________ Carlo Arrigo
"Solo un entomologo può capire il piacere da me provato nel cacciare per ore in qua e in là, sotto il sole cocente, tra i rami e i ramoscelli e la corteccia degli alberi caduti" Alfred Russel Wallace
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Daniele Maccapani
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Inviato: 16/01/2014, 17:17 |
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Iscritto il: 09/06/2012, 20:57 Messaggi: 4282 Località: Mesola (FE)
Nome: Daniele Maccapani
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Carlo ha toccato un tema che non mi è mai stato ben chiaro... Per come l'avevo intesa io, una specie si dice alloctona se viene portata artificialmente fuori dal suo areale... Se è l'uomo a portarcela, volontariamente o meno. Se invece una specie migra naturalmente in un nuovo ambiene no. Anche se a ben pensarci non ci vedo molta differenza, sotto un certo punto di vista... E' corretto o mi sbaglio? Anche perchè, altrimenti, vi sfido a trovare una specie autoctona! Dovrebbe vivere dove si è evoluta da suoi antenati, e tutti i suoi antenati di tutte le generazioni avrebbero dovuto vivere lì. Altrimenti, se in passato ci fosse stata in ballo una migrazione, diventerebbe automaticamente alloctona! No? Per intenderci: so (fatto che non so se sia stato segnalato ufficialmente) che negli ultimi anni sono stati visti almeno due volte degli Ibis Sacri nel Delta del Po; se col tempo vi si stabilissero e iniziassero a migrare regolarmente qua tutti gli anni, sarebbero da considerare alloctoni oppure no? Non sono originari della zona, ma vi sono arrivati naturalmente, per conto loro! 
_________________ "Lasciate questo mondo un po' migliore di come lo avete trovato" (Sir Robert Baden Powell) Daniele
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Julodis
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Inviato: 16/01/2014, 20:46 |
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Iscritto il: 30/12/2009, 22:20 Messaggi: 31564 Località: Roma
Nome: Maurizio Gigli
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Daniele Maccapani ha scritto: Per come l'avevo intesa io, una specie si dice alloctona se viene portata artificialmente fuori dal suo areale... Se è l'uomo a portarcela, volontariamente o meno. Io pure la intendo così. Altrimenti, come dici tu, quasi tutte le specie andrebbero considerate tali in almeno parte del loro areale. Comunque, ci sono non pochi casi dubbi. Ad esempio, una specie che non è stata introdotta volutamente o casualmente dall'uomo in un territorio, ma che lo ha invaso autonomamente approfittando di ambienti alterati dall'uomo. Non sono invece molto d'accordo con Carlo quando scrive: Carlo A. ha scritto: ... specie alloctone invasive le quali, dopo un certo numero di generazioni diventeranno a loro volta autoctone del nuovo ambiente. Secondo me, una specie alloctona resta tale anche se introdotta da lungo tempo. L'istrice in Italia è alloctono anche se ci vive da almeno 2000 anni ed ormai si è integrato negli ecosistemi. Il fico vi vive da ancora più tempo, ma non per questo è diventato autoctono. Del resto lo stesso Carlo subito dopo si esprime in modo diverso, probabilmente più corrispondente a quanto aveva in mente: Carlo A. ha scritto: E' difficile dire se una specie sia realmente autoctona o se abbia colonizzato un certo ambiente in tempi remoti e poi si sia "integrata" tanto da sembrare autoctona. Molte piante ed animali che a noi oggi sembrano autoctoni in realtà sono frutto di "invasioni" anche abbastanza recenti. Sempre dall'intervento di Carlo: Julodis ha scritto: Si raggiungerà infine un equilibrio? Boh! A volte si, altre no. Carlo A. ha scritto: Penso che l'ecosistema a lungo termine raggiunga sempre un equilibrio, magari a discapito di alcune specie che si estinguono soppiantate da specie alloctone invasive Ogni ecosistema tende naturalmente a raggiungere un equilibrio, anche se a volte si tratta di un equilibrio instabile, oppure se vogliamo, dinamico, con continue fluttuazioni delle popolazioni. Quel che intedevo dire (probabilmente mi ero spiegato male) è che non sempre la specie alloctona, dopo un periodo di espansione incontrollata, raggiunge un equilibrio con gli altri componenti di quell'ecosistema. A volte le fluttuazioni della popolazione sono tali da raggiungere un punto di non ritorno, con estinzione della specie in quel territorio (magari dopo averne esaurito le risorse). Esempio pratico: il famigerato punteruolo rosso, quando avrà sterminato tutte le palme di cui riesce a nutrirsi in tutto il territorio italiano, che fine farà? Se la sua stessa azione non selezionerà delle palme a lui appetibili ma più resistenti all'attacco, tanto da non morire in breve tempo, e se non continueremo a fornirgli "cibo fresco", credo che il suo destino sia segnato.
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Carlo A.
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Inviato: 16/01/2014, 23:56 |
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Iscritto il: 06/11/2011, 23:59 Messaggi: 1134 Località: Casola Valsenio
Nome: Carlo Arrigo Casadio
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Daniele Maccapani ha scritto: Carlo ha toccato un tema che non mi è mai stato ben chiaro... Per come l'avevo intesa io, una specie si dice alloctona se viene portata artificialmente fuori dal suo areale... Se è l'uomo a portarcela, volontariamente o meno. Se invece una specie migra naturalmente in un nuovo ambiene no. Anche se a ben pensarci non ci vedo molta differenza, sotto un certo punto di vista... E' corretto o mi sbaglio?  Il fatto è che io considero le azioni dell'uomo come eventi naturali, non artificiali. Per me non vi è differenza se una specie viene introdotta in un ambiente per opera dell'uomo o attraverso altri mezzi (es. le proprie zampe o ali o trasportata dai venti o dalle maree); dal punto di vista ecologico non fa alcuna differenza. L'istrice ed il fagiano sono sicuramente due specie alloctone (introdotte circa 2000/3000 anni fa) che si sono integrate perfettamente nel nostro ambiente, se però fossero state introdotte 10000 o 100000 anni fa allora, probabilmente, adesso sarebbero considerate autoctone. Il tempo fa la differenza. Le sequoie sono piante alloctone, perché introdotte dal nuovo mondo, però in Umbria c'è una foresta fossile di sequoie di 3 milioni di anni (certamente non la stessa specie), segno comunque che poi la sequoia non è così estranea al nostro ambiente. Leoni, elefanti, ippopotami e iene abitavano le nostre terre fino a qualche milione di anni fa, adesso nessuno si sognerebbe di reinserire questi animali nel nostro territorio, non li considereremmo sicuramente autoctoni, eppure vivevano a fianco dei nostri antenati.
_________________ Carlo Arrigo
"Solo un entomologo può capire il piacere da me provato nel cacciare per ore in qua e in là, sotto il sole cocente, tra i rami e i ramoscelli e la corteccia degli alberi caduti" Alfred Russel Wallace
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