Hemerobius ha scritto:
PS: aspettiamo Julodis per i dettagli

!
Non aspettate me come se fossi chissà quale esperto di biogeografia.
Purtroppo non ne so quasi niente, e quel poco che so l'ho letto qua e là negli anni, o sono conclusioni a cui sono giunto mettendo assieme il poco che ho letto con osservazioni sul campo. Però credo di essere uno dei pochissimi insegnanti di scienze delle superiori a farci circa un mese di lezione nell'ultimo anno. Si tratta però di lineamenti generali, senza poter scendere nei particolari.
Arrivando alle complesse richieste di Marco, faccio solo una
breve (lo sottolineo per Francesco) considerazione:
La storia geologica del Mediterraneo è probabilmente una delle più complesse, e credo non sia stata ancora ben chiarita, però, per capire la distribuzione delle specie, io credo che potremmo anche evitare di scervellarci per capire che è successo nei periodi precedenti la crisi del Messiniano. In sostanza, che l'Alboran sia finito per unirsi col Maghreb o con altro, o non sia mai neanche esistito, penso che troveremmo ben poche tracce nel popolamento attuale.
Sicuramente c'è stato, nell'area mediterranea, un forte rimescolamento di flore e faune dall'Eurasia e dall'Africa, e non poteva essere altrimenti, visto che gran parte dei territori circummediterranei, ecludendo Francia, penisola iberica e poco altro (compreso il complesso sardo-corso) sono fondali emersi, e come tali hanno solo potuto ricevere flora e fauna dalle zone circostanti.
Però qualunque tipo di flora e fauna si fosse in seguito sviluppata nell'area mediterranea, deve essere stata quasi completamente annientata durante la crisi di salinità del Messiniano. Tra 6 e 5 milioni di anni fa, con il Mediterraneo quasi completamente prosciugato, con solo alcuni mari interni tanto salati da essere saturi, ed il resto ridotto ad una enorme depressione coperta di sale, le condizioni nei territori circostanti dovevano essere terribili. Considerando che la depressione doveva arrivare intorno a 4000 m sotto il livello del mare, e che le temperature variano di circa 6°C per chilometro, in meno, salendo di quota, in più, scendendo, vuol dire che le temperature invernali nell'infernale depressione mediterranea dovevano essere oltre 30°C, e raggiungere 60° - 70°C d'estate, ma non come temperature eccezionali, raggiunte ancora, qualche volta, nel Sahara settentrionale, ma come temperature normali. Questo vuol dire che tutta l'area circummediterranea doveva essere molto più calda ed arida che in precedenza, a causa di questa enorme fornace. Risultato: sterminio della maggior parte della flora e della fauna.
Quel poco che era sopravvissuto fino al termine della crisi messiniana, ed al ritorno del Mar Mediterraneo, 5 milioni di anni fa, ha dovuto fare i conti con la risalita da Sud della Flora e Fauna africane, da Est di quelle provenienti dal Medio Oriente, e da Nord dall'Europa. Per cui ci si è venuti a trovare con un mosaico di ambienti in cui si mescolavano flore e faune di origine molto diversa, ed in cui l'originale componente mediterranea, se così possiamo chiamarla, andava sempre più attenuandosi. Ma non è finita qui, perchè nel Pleistocene, più o meno a cominciare da 1,5 milioni di anni fa, iniziano a diventare consistenti le variazioni climatiche, prima poco percettibili, che innescano il susseguirsi di periodi glaciali ed interglaciali. Questo comporta un continuo spostarsi verso Sud e verso Nord delle varie componenti di flora e fauna, con la componente nordica eurasiatica che invade l'area mediterranea nei glaciali, e quella africana che ritorna negli interglaciali, con diverse modalità a seconda della morfologia del territorio (l'Italia si è trovata in una posizione sfavorevole per il ritorno delle faune calde, non avendo una connessione diretta con il Nord Africa, mentre la Penisola Iberica e quella Balcanica potevano essere raggiunte più facilmente).
Fatto sta che ogni passaggio da glaciale ad interglaciale e vice-versa, non solo mutava completamente l'aspetto della flora e soprattutto della fauna, ma le impoveriva sempre più. Di fatto, è mancata la stabilità nel tempo degli ambienti, che è un requisito fondamentale per l'arricchimento delle biocenosi. E nell'utimo periodo, le quattro glaciazioni particolarmente forti che si sono succedute da 700.000 a 12.000 anni fa, Günz, Mindel, Riss e Würm, hanno portato all'estinzione un gran numero di taxa che erano riusciti ad arrivare fino a quel momento.
Attualmente, che c'è rimasto di più antico del Messiniano? Credo ben poco. Per quanto riguarda la vegetazione, credo che i resti più importanti siano i pochi residui di laurisilva, attualmente confinati alla Canarie, Madera, Azzorre e, per quanto rigurada l'area mediterranea in senso più stretto, a qualche residuo minimo nella Penisola Iberica e nel Marocco atlantico. Per la fauna, forse ancora meno.
In conclusione, credo che per spiegare la distribuzione delle tue mantidi tu debba tenere in considerazione fatti più recenti di Alboran. Tra l'altro, facendo riferimento al tuo esempio del brachitterismo, è vero che spesso si sviluppa come conseguenza della vita sulle isole, ma deve trattarsi di isole piuttosto piccole, altrimenti è difficile che si manifesti, o meglio, ha la stessa probabilità di manifestarsi che ha su un continente. Almeno, io mi riferisco ai casi di brachitterimo, o di scomparsa totale delle ali, negli insetti. Il brachitterismo negli uccelli, che hai citato come esempio, ha motivazioni diverse, e può verificarsi tranquillamente anche in isole molto grandi.
In sintesi, la perdita della capacità di volo negli insetti nelle piccole isole dipende soprattutto dal fatto che più un insetto tende a volare, più verrà portato via dall'isola dai venti. E che muoia in mare, o finisca per salvarsi e riprodursi altrove, non fa comunque più parte della popolazione dell'isola. Di conseguenza, i geni che permettono di costruire le strutture atte al volo diventano sempre meno frequenti nella popolazione insulare, finchè dopo un certo numero di generazioni gli individui saranno incapaci di volare.
Negli uccelli il motivo è diverso. Fondamentalmente, il volo è loro utile, oltre che per spostarsi, per sfuggire ai predatori non volatori. Se stanno su un'isola in cui non ci sono predatori non volatori (che per gli uccelli sono fondamentalmente mammiferi e rettili), volare diventa meno utile, anzi, diventa un inutile dispendio di energia. Per cui, non essendoci più una pressione selettiva a mantenere nella popolazione dei buoni geni per il volo, si accumulano le mutazioni "dannose", finchè si perde la capacità di volo (spesso insieme si verifica un aumento di dimensioni e peso, che può costituire un carattere favorevole in un ambiente privo di predatori).
Per cui, il brachitterismo delle
Pseudoyersinia penso proprio vada cercato in qualcosa di diverso da un adattamento alla vita insulare, almeno, non certo in Sicilia, che è troppo grande. Se poi si fossero evolute, che so, a Madera (dico un'isola a caso, di dimensioni ridotte e probabilmente ventosa), allora potrebbe anche essere.