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Stenocorus (Stenocorus) meridianus (Linnaeus, 1758) Dettagli della specie

28.VII.2013 - ITALIA - Abruzzo - AQ, Pescocostanzo


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MessaggioInviato: 13/08/2013, 12:33 
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Cioé?

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MessaggioInviato: 13/08/2013, 12:37 
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Nome: Alessio Morelli
Anch'io mi riferivo a fluttuazioni ben più lunghe :D ... e penso pure Maurizio


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Quello delle fluttuazioni è un capitolo molto molto affascinante!!!

Secondo il mio punto di vista come avete già giustamente sottolineato troviamo fluttuazioni annuali e fluttuazioni pluriennali.

Le fluttuazioni annuali sono di più facile comprensione e sono legati essenzialmente agli aspetti elencati da Maurizio:

Julodis ha scritto:
Per questi, i fattori più importanti che mi vengono in mente, in grado di influire sulla consistenza di una popolazione, sono:
1 - quantità di substrato disponibile (ovvero parti di piante nelle condizioni adatte allo sviluppo della specie)
2 - condizioni climatiche (in particolare, umidità e periodi invernali più o meno freddi)
3 - condizioni dell'ambiente (alcune specie sono favorite da situazioni di bosco fitto, molte altre da situazioni più aperte, ecotonali, margine di boschi, ecc. - per cui, ad esempio, nei boschi cedui, a seconda del livello di sviluppo del bosco acquistano importanza specie diverse)
4 - fluttuazioni nelle popolazioni di predatori e parassiti/parassitoidi
5 - azione di virus e altri organismi patogeni
6 - competizione con altre specie con esigenze simili


Mentre per le fluttuazioni pluriennali, secondo me, c'è ancora tantissimo da scoprire! Ragionando per estremi mi viene in mente il famoso esempio delle cicale che escono in massa ogni tot anni (16 o 14 ora non ricordo) in cui nell'intervallo non troviamo nessun individuo per poi sfarfallare e riprodursi in massa negli anni prestabiliti! All'altro estremo troviamo la maggior parte delle specie che si riproduce in maniera più o meno costante tutti gli anni. Tra questi due estremi, secondo me, ci possono essere situazioni intermedie in cui ci sono dei picchi di sfarfallamento in determinati anni per poi ridursi notevolmente (ma non sparire completamente come le cicale) in altri anni!
Capire il perchè di questi particolari cicli vitali è difficilissimo!!

Un esempio vegetale che mi viene in mente è il Faggio, in cui c'è un picco notevole di produzione di frutti in media ogni 7 anni (la cosiddetta "pasciona") mentre negli altri anni la produzione cala drasticamente ma non si arresta del tutto! Sono strategie vitali che hanno sicuramente un valore adattativo ma per le quali è difficilissimo trovare le cause precise!

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Saluti :hi: Mimmo


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MessaggioInviato: 13/08/2013, 17:17 
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Nome: Maurizio Gigli
Concordo con Mimmo sulle cause complesse delle fluttuazioni su tempi lunghi. Non solo complesse, ma probabilmente con cause diverse da caso a caso, per cui non penso si possa dare una spiegazione generale, ma affrontare i singoli casi.

Alessio89 ha scritto:
7 - differenze di comportamento all'interno della stessa popolazione

Questo fattore credo che per gli insetti si possa considerare di scarsa importanza. Può invece essere determinante in altri gruppi, ad esempio tra i Vertebrati, soprattutto i più evoluti, in cui acquista importanza il comportamento appreso,

Entomarci ha scritto:
E' certamente vero che alcune specie hanno una diffusione molto più costante che altre, come per esempio i lepturini floricoli...come mai non c'è una fluttuazione nelle grammoptera ruficornis o nelle rutpela maculata?
Ma anche insetti non floricoli sono molto comuni e costanti nelle ppopolazioni come risulta dagli allevamenti, mi vengono in mente le parmena per esempio, o poecilium alni, phymatodes testaceus, e potrei andare avanti...

E' probabile che vi siano specie che per la loro biologia o altre caratteristiche siano in grado di mantenere più costanti le dimensioni delle popolazioni. Ad esempio, potrebbero essere specie più euriecie, oppure legate ad ambienti di sviluppo larvale che risentono meno delle variazioni climatiche, ecc.
E' anche possibile che in certi casi le variazioni ci siano ma non ce ne rendiamo conto. Nel senso che la Rutpela maculata, ad esempio, è così comune che se un anno ce ne sono 10 volte di più, oppure se ne trovano molte di meno, probabilmente neanche ci facciamo caso, se non stiamo facendo uno studio mirato. Lo stesso si potrebbe dire, che so, per la Anthaxia millefolii.

Entomarci ha scritto:
E' quindi evidente che la fluttuazione di certe specie è molto legata a fattori esterni che influenzano lo sviluppo degli insetti, ma non mi pare che tra tali fattori quello decisivo sia legato al substrato alimentare a disposizione, che semmai è un fattore che può comportare la presenza o la rarefazione di una comunità di insetti in un certo biotopo, ma non è ciò di cui stiamo parlando qui sia ben chiaro, qui parliamo di esplosioni demografiche vere e proprie, quasi un boom delle nascite no?

Qui distinguerei due casi diversi:
1 - esplosione demografica su un vasto areale, se non sull'intero areale della specie. In questo caso devono esserci dei fattori che non possono essere legati alla disponibilità di ambienti di sviluppo delle larve. Può dipendere da variazioni climatiche su ampia scala, o da fluttuazioni della popolazione dipendenti da fattori instrinseci alla specie, o dipendenti da variazioni dei predatori/parassiti.
2 - esplosione demografica in ambito locale. In questo caso può anche dipendere da maggiore disponibilità di ambienti di sviluppo per le larve.
Ti faccio un esempio. 30-35 anni fa hanno tagliato quasi a zero gran parte della boscaglia (macchia mediterranea bassa) di una zona di Maccarese. Negli anni successivi c'è stata un'esplosione di Capnodis cariosa, che si sviluppa nelle radici del lentisco. Evidentemente il taglio non aveva ucciso le piante di lentisco, salvo qualcuna sradicata, ma le aveva indebolite, e reso l'ambiente di sviluppo dell'apparato radicale più idoneo alle larve della Capnodis. O forse rendeva più facile la deposizione delle uova. Dopo alcuni anni, col lento e progressivo ricrescere della vegetazione, la popolazione delle Capnodis cariosa è tornata ai livelli normali, precedenti al taglio.

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Eccomi.
Riguardo al punto 7 - differenze di comportamento all'interno della stessa popolazione, vorrei citare la mia fonte, così per cercare di avvalorare la mia tesi: Il mondo dell'insetto di Rémy Chauvin. Egli, parlando del "reale significato delle variazioni di popolazione in una foresta", cita Wellington (1957), e il suo studio sul Lepidottero Lasiocampide Malacosoma pluviale. Questi, osservando i bruchi secondo il loro fototropismo, ha messo in evidenza alcune differenze comportamentali, separandoli in due tipi. Il primo in cui i bruchi si dirigono subito verso la fonte luminosa e il secondo in cui gli stessi rimangono assieme agli altri lontani dalla luce. Nei bruchi del primo tipo, molto più attivi, si riscontra uno sviluppo più rapido, e una possibilità di ammalarsi minore, rispetto a quelli del secondo tipo, che rimangoono a contatto con il loro stessi escrementi. Inoltre il primo tipo è quello predominante durante le invasioni.

Sono andato alla ricerca di quel lavoro e sono invece arrivato a quest'altro (che tratta praticamente lo stesso argomento).
Consistent individual differences in the foraging behaviour of forest tent caterpillars - Malacosoma disstria
"Wellington (1957. Can. J. Zool. 35: 293–323) suggested that consistent individual differences in behaviour may play a role in the population dynamics of Malacosoma (Hu¨bner,1820) species (Lepidoptera: Lasiocampidae)"

Da qui ho proseguito la ricerca, giungendo a questi altri due: Foraging Strategies of Drosophila melanogaster: A Chromosomal Analysis e The mix matters: behavioural types and group dynamics in water striders. Che trattano anche loro le dinamiche delle popolazioni, in base alla differenziazione degli individui, il primo riferendosi alle larve di Drosophilla e il secondo alle variabili comportamentali dei gerridi Aquarius remigis.

Ora non so se per i nostri xilofagi valga lo stesso ragionamento, ma essendo molti di essi ospiti primari, non vedo perchè le piccole diversità individuali, in termini di comportamento non possano influire :oops: .
Se mi sto invece soltanto arrampicando sugli specchi (come i miei Psychodidi :gh: ), allora questo andarà semplicemente ad arricchire il mio "bagaglio culturale". Sto imparando un sacco di cose interessanti, e ripassando altre che già sapevo.
Quella del faggio ad esempio non la sapevo proprio :o .


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Avevo inteso diversamente quel che avevi scritto. Pensavo ti riferissi a cambiamenti comportamentali riguardanti intere popolazioni rispetto ad altre.

Comunque sia, varianti simili le conosco anche per gli xilofagi, anche se limitate più che altro alla durata del periodo larvale.
Con Baiocchi abbiamo spesso discusso del fatto che dai prelievi di legna con larve di Buprestidi provenienti dalla stessa ovatura alcuni adulti sfarfallano dopo un certo tempo, altri in tempi successivi. E' abbastanza normale, ad esempio, che Anthaxia di piccole dimensioni sfarfallino per la maggior parte l'anno successivo alla deposizione, ma una certa percentuale sfarfalla l'anno successivo, se non anche più tardi. In altri casi mi è successo che, sempre dalla stessa ovatura, alcuni esemplari uscissero ad inizio primavera, o addirittura in inverno, in qualche giornata calda, e gli altri a stagione più avanzata. Succede soprattutto con le specie di aree aride, steppiche o subdesertiche. Abbiamo ipotizzato che sia una strategia di adattamento a climi difficili e molto variabili, atta a fare in modo che se lo sfarfallamento avviene in un momento sbagliato non vada persa l'intera generazione, ma che si salvino almeno gli esemplari che sfarfallano in momenti diversi, o in anni successivi.

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MessaggioInviato: 13/08/2013, 23:33 
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Julodis ha scritto:
Abbiamo ipotizzato che sia una strategia di adattamento a climi difficili e molto variabili, atta a fare in modo che se lo sfarfallamento avviene in un momento sbagliato non vada persa l'intera generazione, ma che si salvino almeno gli esemplari che sfarfallano in momenti diversi, o in anni successivi.


questo fatto era già stato notato anche da altri autori in effetti... mi pare che Contarini riferisse un adattamento di questo genere a certi xilofagi delle pinete costiere ravennati, ma non ricordo in che contesto nè di che specie si parlasse...

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Alessio89 ha scritto:
Ora non so se per i nostri xilofagi valga lo stesso ragionamento, ma essendo molti di essi ospiti primari, non vedo perchè le piccole diversità individuali, in termini di comportamento non possano influire :oops: .
Se mi sto invece soltanto arrampicando sugli specchi (come i miei Psychodidi :gh: ), allora questo andarà semplicemente ad arricchire il mio "bagaglio culturale". Sto imparando un sacco di cose interessanti, e ripassando altre che già sapevo.
Quella del faggio ad esempio non la sapevo proprio :o .

Quando si parla di natura ed a maggior ragione quando si parla di insetti, tutto è possibile!! ;) :)

Stiamo parlando per ipotesi quindi difficilmente giungeremo ad una conclusione ma come dici tu è bello e stimolante capire i pareri altrui! :ok:

Il comportamento diversificato all'interno di una popolazione può dare un vantaggio adattativo non indifferente!!

Ritornando in campo vegetale molte piante producono la cosidetta banca del seme (che può essere nel suolo o sulla pianta) cioè una riserva di semi che la pianta utilizza quando si verificano determinate condizioni! Per esempio molte cistaceae producono due tipi di semi, uno a tegumento molle ed uno a tegumento duro; quelli che germinano ogni anno sono i semi a tegumento molle mentre quelli a tegumento duro non germinano e rimangono quiescenti nel terreno perchè l'acqua non riesce a penetrare all'interno. Quando si verifica un incendio però, entrano in gioco i semi a tegumento duro i quali si fessurano per l'azione del fuoco e germinano in massa non appena ne hanno la possibilità! In questo modo la pianta si avvantaggia per un evento notoriamente sfavorevole per le piante come il fuoco! Di esempi ce ne sarebbero anche altri ma il concetto di fondo non cambia e cioè diversificare maggiormente le strategie per sopravvivere ai cambiamenti casuali e quindi imprevedibile che si verificano in natura! Un pò come fanno le aziende che diversificano gli investimenti per non restare di cu...o per terra se uno di questi per ragioni imprevedibili dovesse andare male! :D


Ritornando in campo entomologico potrei ipotizzare che una data specie possa produrre due tipi di larve, un tipo a sviluppo veloce che sfarfalla e si riproduce tutti gli anni ed un tipo e sviluppo un pò più lento che impiega più anni per diventare adulto. se un anno dovesse essere particolarmente sfavorevole per la specie e pochi individui si riproducono, ci sono comunque quelli degli anni precedenti che vanno a compensare la mancanza! Sempre ipotizzando in alcuni anni si possono verificare delle condizioni particolari per la quale entrambi i tipi di larve hanno un'abbondanza particolare e si possono verificare degli sfarfallamenti eccezionali................chi lo sa! :D

EDIT: non avevo letto cosa aveva scritto Maurizio!!! :ok:

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Saluti :hi: Mimmo


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Mimmo011 ha scritto:
Alessio89 ha scritto:
Ritornando in campo entomologico potrei ipotizzare che una data specie possa produrre due tipi di larve, un tipo a sviluppo veloce che sfarfalla e si riproduce tutti gli anni ed un tipo e sviluppo un pò più lento che impiega più anni per diventare adulto. se un anno dovesse essere particolarmente sfavorevole per la specie e pochi individui si riproducono, ci sono comunque quelli degli anni precedenti che vanno a compensare la mancanza! Sempre ipotizzando in alcuni anni si possono verificare delle condizioni particolari per la quale entrambi i tipi di larve hanno un'abbondanza particolare e si possono verificare degli sfarfallamenti eccezionali................chi lo sa! :D

EDIT: non avevo letto cosa aveva scritto Maurizio!!! :ok:


Non so se una specie possa realmente produrre due tipi di larve, ma nell'ambito degli xilofagi il discorso è che le larve stesse hanno una grandissima plasticità e capacità di adattamento.
A seconda dell'andamento climatico e del substrato a disposizione infatti una larva può impiegare un anno, due anni o anche tre o più a svilupparsi laddove il normale ciclo evolutivo della specie presupponga uno sviluppo annuale. Viceversa in specie a sviluppo pluriennale (come ad esempio le specie che si nutrono nel legno molto secco e povero di nutrienti e senza l'ausilio di simbionti) può essere che il ciclo si compia in minor tempo.
Questo fatto è empiricamente dimostrato negli allevamenti casalinghi, dove mantenendo la temperatura costante il ciclo di sviluppo si accelera ottenendo mediamente gli adulti 1/2 mesi prima che non in natura.
Anche l'utilizzo di pabulum artificiali come substrato per lo sviluppo delle larve ne accelera i tempi di sviluppo in considerazione della ricchezza di nutrienti di questi preparati.

Comunque, tornando a bomba, io penso in definitiva che al di là di fattori esterni le esplosioni demografiche (ripeto, quelle effettive, cioè non la mera concentrazone di individui in un biotopo o lo sfarfallamento simultaneo di molti adulti in pochi giorni) di una specie siano da ritenersi del tutto fisiologiche e legate all'evoluzione stessa della specie.

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Entomarci ha scritto:
io penso in definitiva che al di là di fattori esterni le esplosioni demografiche (ripeto, quelle effettive, cioè non la mera concentrazone di individui in un biotopo o lo sfarfallamento simultaneo di molti adulti in pochi giorni) di una specie siano da ritenersi del tutto fisiologiche e legate all'evoluzione stessa della specie.

Certamente sono un fatto normale, che si verifica in moltissime specie.
Da notare che queste fluttuazioni sono più evidenti nelle specie che vivono in ambienti "difficili", dominati da fattori limitanti abiotici (temperatura, quantità d'acqua, salinità, luce, ecc.). Ovvero in specie che fanno fronte alla elevata mortalità indotta da fattori ambientali con una altrettanto elevata natalità, che in periodi con condizioni più favorevoli del normale danno luogo ad esplosioni demografiche. Alcune sono notissime, come quelle delle locuste o dei lemming, ma se ne verificano in modo più o meno evidente anche in ambienti meno critici. Sono invece poco evidenti, per quanto ne sono, in ambienti in cui acquistano maggiore importanza fattori limitanti biotici (predazione, parassitismo, ...) caratterizzati da un feedback negativo, che tendono a stabilizzare le dimensioni delle popolazioni.
Entomarci ha scritto:
Non so se una specie possa realmente produrre due tipi di larve, ma nell'ambito degli xilofagi il discorso è che le larve stesse hanno una grandissima plasticità e capacità di adattamento.
A seconda dell'andamento climatico e del substrato a disposizione infatti una larva può impiegare un anno, due anni o anche tre o più a svilupparsi

Tra gli xilofagi con cui ho avuto a che fare non mi risulta esistano due tipi di larve. Però non escluderei che tra le larve nate dalla stessa ovatura ci possano essere individui geneticamente predisposti per una durata del periodo larvale (o del periodo di pupa, o di quello di attesa in celletta dell'adulto) diversa da quello delle altre larve. Questo spiegherebbe come mai nelle mie cassette, come in quelle di altri allevatori di larve di xilofagi, possano uscire adulti in tempi diversi dalle stesse ovature, dallo stesso pezzetto di legno, tenuto in cassette con condizioni identiche in ogni loro punto, senza illuminazione diretta del sole, e quindi senza lato umido e lato secco, o lato caldo e lato fresco. Del resto, una strategia di differenziazione del periodo larvale, per avere un significato evolutivo, dovrebbe avere comunque delle basi genetiche.

Ovviamente, sul fatto che al variare delle condizioni del substrato legnoso cambi la durata del periodo larvale, non ci sono dubbi. In natura come in allevamento. Ci sono esempi di larve di Buprestis campate 20 anni in allevamento, e succede anche con specie più piccole, normalmente annuali (una Acmaeodera crinita mi è sfarfallata dopo 11 anni da un prelievo di leccio). Questo però lo considero un tipo di strategia diversa. La larva cresce alla velocità permessa dalle risorse disponibili, impiegando più o meno tempo a raggiungere le dimensioni minime per trasformarsi (bisogna anche fare i conti con eventuali variazioni ambientali che in alcuni casi possono essere necessarie a dare inizio ai processi finali della metamorfosi), finchè ce la fa. Se i tempi si allungano oltre le sue possibilità di sopravvivenza senza, di fatto, avere la possibilità di nutrirsi a sufficienza, deperisce sempre più sfruttando le riserve interne, poi muore. A volte mi è successo con larve che vivono nei tessuti vivi, vedi ad esempio Buprestis hilaris/douei/bilyi, che normalmente hanno sviluppo abbastanza rapido, ma nei fusti prelevati, che dopo un po' seccano, o completano presto lo sviluppo, prima che cambino le caratteristiche del substrato, oppure sopravvivono anche per anni, senza però riuscire più a crescere, diventando sempre più magre e deboli, fino a morire.

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Julodis ha scritto:
Questo spiegherebbe come mai nelle mie cassette, come in quelle di altri allevatori di larve di xilofagi, possano uscire adulti in tempi diversi dalle stesse ovature, dallo stesso pezzetto di legno, tenuto in cassette con condizioni identiche in ogni loro punto, senza illuminazione diretta del sole, e quindi senza lato umido e lato secco, o lato caldo e lato fresco. Del resto, una strategia di differenziazione del periodo larvale, per avere un significato evolutivo, dovrebbe avere comunque delle basi genetiche.

I tempi quanto possono essere diversi? Si parla di mesi o diversi anni?

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Mimmo011 ha scritto:
I tempi quanto possono essere diversi? Si parla di mesi o diversi anni?

Sia in periodi diversi dello stesso anno, sia in anni successivi. Ad esempio, in specie a vita larvale annuale, alcuni esemplari ci impiegano un anno in più. Parlo sempre di larve che si sviluppano in condizioni normali, perchè se sono costrette a svilupparsi in condizioni meno idonee, come dicevo prima, i tempi si possono allungare anche di parecchi anni.

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Mimmo011 ha scritto:
Quando si parla di natura ed a maggior ragione quando si parla di insetti, tutto è possibile!!

Stiamo parlando per ipotesi quindi difficilmente giungeremo ad una conclusione ma come dici tu è bello e stimolante capire i pareri altrui!


Mi hai letto nel pensiero, nell'impossibilità di arrivare ad una conlusione, visto anche che non siamo certi che gli Stenocurus diano vita nel tempo ad esplosioni demografiche del genere e che gli stessi fattori non è detto che valgano per le altre specie, almeno ci rimane il piacere di discuterne :) .

Queste strategie adattive delle piante, all'interno della stessa specie, non le conoscevo. Pensavo si verificassero soltanto tra entità ben diversificate :o .

Julodis ha scritto:
Da notare che queste fluttuazioni sono più evidenti nelle specie che vivono in ambienti "difficili", dominati da fattori limitanti abiotici (temperatura, quantità d'acqua, salinità, luce, ecc.). Ovvero in specie che fanno fronte alla elevata mortalità indotta da fattori ambientali con una altrettanto elevata natalità, che in periodi con condizioni più favorevoli del normale danno luogo ad esplosioni demografiche.

Anche questo è molto interessante, non ne avevo mai tenuto conto...


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