Ecco la storia dell'Alpiodytes penninus...Si era partiti alla ricerca dello
Scotodipnus graius, un piccolo Carabide Anillino che si trova, non troppo difficilmente ma in località ristrette delle Alpi piemontesi, come tutto quello che si chiama graius, d’altra parte. L’amico Gomphus ne aveva trovato qualcuno, o aveva avuto notizia del ritrovamento, in una località di una laterale della Val Locana (Canavese) e quella volta, ai primi di Giugno di molti anni fa ci siamo diretti, il sottoscritto

, Gomphus

ed il compianto amico Luciano Galbiati

più con l’idea di una passeggiata non impegnativa in montagna che con la speranza della Grande Caccia. Fra l’altro, durante il viaggio in auto attraverso la MI-TO e poi la zona di Ivrea e la Val Locana, il dottissimo Gomphus

ci ha doverosamente informato che lo Scotodipnus in questione (di per sé un animaletto piccolo, giallino, cieco ed insignificante per chiunque non sia un appassionato di questi abitatori del suolo) convive con un suo congenere (S. subalpinus, similmente di aspetto insignificante e, per giunta, ben più diffuso e banale). Alla domanda, ovvia ed incolta

come degno di cacciatori più che di sistematici, quali me ed il Luciano, su come distinguere i due, il Gomphus spiegò una fila di caratteri “da microscopio” (al momento assolutamente

inutili) e poi l’unica certezza da usare sul campo: il graius è mooolto più grande, cioè 2,5 mm anziché 2,2. Come non accorgersene, suvvia

!
Alle corte, in tarda mattinata arriviamo sul posto (in una faggeta sui 1200 m) con una bella giornata calda ed umida. Nel bosco rado, sotto i pietroni, anzi sul dorso interrato degli stessi, gli Scotodipnus pullulavano

! E addirittura, si distinguevano benissimo (oddio, esagero un po’, diciamo benino) quelli grossi da quelli piccoli. Addirittura, di quelli grossi, se avevo capito bene la differenza, ce n’erano proprio un mucchio. Inoltre, altra robetta carabidologica, tipo Pterostichus, Trechus, lo Stomis elegans (che è sempre bellino) e via così. Non era una giornata sprecata e le lodi

per il Gomphus che aveva lanciato l’idea erano meritate. Quando si trova ciò che si è andati a cercare è sempre una bella cosa. Dopo un paio d’ore la fame si faceva sentire e, a dirla tutta, gli Scotodipnus presi erano una miriade e la motivazione era calata. Fra l’altro, a prepararli ci vogliono tempo e fatica, di mano e di occhi, quindi basta là.
Panini, birretta, coca

e via così di chiacchiere, che poi sarebbe la parte migliore della giornata.
Dopo pranzo il Luciano si allontanò sulla strada assolata, alla ricerca di improbabili Cerambicidi, Coccinellidi e chimere varie. La sonnolenza affliggeva gli altri due eroi di questa fantastica avventura. Tornando verso l’auto, in un punto dove il bosco era più fitto e scorreva un rigagnolo stupidissimo perso fra sassoni e foglie, mi sono fermato (e anche Maurizio) a tirare su ancora qualche pietra, per il gusto della caccia e per mandare giù il paninazzo. Anche lì i soliti Scotodipnus, se possibile anche più numerosi, cinque, dieci sotto ogni sassone man mano che il bosco infittiva. Anzi, era proprio buio, là sotto. Una virgoletta gialla, sottile sotto una pietra infossata, anzi marroncina, che strano, ho pensato come Titti il canarino,
mi è semblato di vedele un gatto. E aspiro. E poi apro il tappo a vite con i tubetti e guardo nel fondo dell’aspiratore, dove si arrabattano una decina di Scotodipnus tutti grandi (ormai mi ci ero fatto la mano) e un alieno. E’ noto, con grande rimprovero di mio fratello Gabrif, di Gomphus e di tutti gli altri con cui io sia mai andato a cerca di insetti, come io trovi la roba e me ne accorga solo a casa, ma in quell’istante ho capito al volo

, contro ogni logica e possibile evidenza: Scaritino! Un volgare Dyschirius globosus? No, troppo lungo e stretto! Un Reicheiodes? Qui non ce ne sono di noti, poi troppo chiaro, anche se ben più scuro degli Anillini che lo circondavano. Mi sono dovuto arrendere all’evidenza, con grande dispiacere

, e ho richiamato Gomphus-Maurizio e, quasi senza fiato per l’ansia: “Ho beccato una Typhloreicheia!” che sarebbe come a dire che

nei boschi del Canavese si è materializzata una renna! La prima reazione di Maurizio è di franca incredulità

, anzi derisione, accompagnata da alcuni allegri improperi. Con estrema cautela, gli allungo il tubetto, preparandomi in spirito perché Gomphus
non è uno facile da stupire, e gli faccio: “Però non è uno Scotodipnus e me sembra uno Scaritino”. Una delle poche volte che è rimasto senza parole, devo dire: dopo aver visto la bestiola (2 mm, per carità) farfugliava! A suo onore, devo dire che ha fulmineamente recuperato il lucido ed è arrivato alla conclusione giusta ed a suo modo ovvia: il leggendario Alpiodytes penninus, sino ad allora noto di tre esemplari risalenti ai primi del secolo presi ad Oropa dal mitico Agostino Dodero e, per decenni, creduti un formidabile errore di cartellinatura che avrebbe provocato il ritrovamento, nel Biellese, di Typloreicheia dimenticate da una raccolta in Sardegna, abituale per il Dodero. E invece no, come altre specie di Carabidi, anche il nostro dal Biellese salta la Dora Baltea e ricompare sui monti Piemontesi attorno al Gran Paradiso. Inutile dire che la faccenda ha preso immediatamente una piega diversa, ben più energica ed organizzata e ci siamo letteralmente tuffati dentro e sotto la lettiera di foglie. Non ricordo benissimo i dettagli ma mi pare di ricordare che dopo un oretta buona ne erano usciti, fra me e Gomphus (non proprio equamente distribuiti

, facciamo tredici a due, o giù di lì) almeno una quindicina

. Noi eravamo leggenda…Notevole fu la faccia del povero Galbiati, che tornò dopo poco trionfando di certe Coccinelle, per sentirsi raccontare la storia di una delle più fortunate ed incredibili catture mai capitate al sottoscritto (ed anche a Gomphus, credo!).
Perdonatemi per lo sproloquio!