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Definizione di sottospecie.



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Autore Messaggio
 Oggetto del messaggio: Re: Definizione di sottospecie.
MessaggioInviato: 30/12/2017, 15:29 
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Iscritto il: 05/02/2009, 17:31
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Nome: maurizio pavesi
Livio ha scritto:
Mauro scrive:
i piccoli di genitori "misti" nascevano a febbraio, invece che a giugno.
Misti, non ibridi...

se per genitori "misti" si intende un genitore ibex e uno aegagrus, allora ha ragione l'altro maurizio, che qualcosa non quadra :?

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 Oggetto del messaggio: Re: Definizione di sottospecie.
MessaggioInviato: 30/12/2017, 16:28 
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Iscritto il: 06/02/2009, 9:01
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Nome: Livio Mola
Serve conoscere la madre: se immessa (quando?) o autoctona, se ibrida oppure no ...
A questo punto (anche prima, per la verità), sarei curioso di leggere il lavoro.

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L'oca è ritenuto l'animale simbolo della stupidità, a causa delle sciocchezze che gli uomini hanno scritto con le sue penne.


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 Oggetto del messaggio: Re: Definizione di sottospecie.
MessaggioInviato: 30/12/2017, 16:37 
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Iscritto il: 14/03/2009, 12:59
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Nome: Gabriele Franzini
Da un messaggio di Maurizio:
Cita:
2) della lucertola sicula (Podarcis siculus) sono state descritte una quantità di sottospecie, praticamente una per ogni isolotto o scoglio del tirreno dove la specie è presente (di regola perché introdotta in epoca storica); tali sottospecie sono attualmente tutte in sinonimia, dato che a dispetto delle differenze fenotipiche talora rilevanti, le loro distanze genetiche sono risultate sostanzialmente pari a zero


Anche il criterio della distanza genetica, dato che non c'è il metro campione per misurarla, rischia di mordersi la coda: la sottospecie è tale quando la distanza genetica è "abbastanza lunga" :roll: :roll: :roll: ?

:hi: :hi: G.


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 Oggetto del messaggio: Re: Definizione di sottospecie.
MessaggioInviato: 30/12/2017, 17:32 
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Nome: Augusto Franzini
Da secoli i "carabari" amano particolarmente :lol1: :lol1: :lol1: le sottospecie "buone" oppure anche "assai bene caratterizzate": ovviamente senza avere altro per definirle che le :no1: :no1: :no1: loro aspettative, più o meno affettuose, e la assoluta impossibilità :gun: :gun: :gun: di stabilire le differenze fra le suddette e le specie (e qui mi è obbligo di citare gomphus "...in realtà non siamo nemmeno in grado di dare una definizione chiara e univoca di specie...").
C'è di buono che la materia si presta a dotte, lunghe e piacevoli disquisizioni...come certa politica, ma, in fondo, queste almeno non fanno male a nessuno :birra: :birra: e buon 2018 a tutti, di cuore!

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Augusto (aug)
Prediction is very difficult, especially about the future (Niels Bohr, fisico)


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 Oggetto del messaggio: Re: Definizione di sottospecie.
MessaggioInviato: 30/12/2017, 17:40 
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Iscritto il: 05/02/2009, 17:31
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Nome: maurizio pavesi
gabrif ha scritto:
Da un messaggio di Maurizio:
Cita:
2) della lucertola sicula (Podarcis siculus) sono state descritte una quantità di sottospecie, praticamente una per ogni isolotto o scoglio del tirreno dove la specie è presente (di regola perché introdotta in epoca storica); tali sottospecie sono attualmente tutte in sinonimia, dato che a dispetto delle differenze fenotipiche talora rilevanti, le loro distanze genetiche sono risultate sostanzialmente pari a zero

Anche il criterio della distanza genetica, dato che non c'è il metro campione per misurarla, rischia di mordersi la coda: la sottospecie è tale quando la distanza genetica è "abbastanza lunga" :roll: :roll: :roll: ?...

credo che le distanze genetiche vengano raffrontate con quelle riscontrate all'interno dello stesso gruppo (ad es. il gen. Podarcis) e nei confronti di un outgroup affine ma distinto (ad es. il gen. Lacerta); in questo caso, se la distanza genetica fra le lucertole di roma e quelle dell'isola di zannone è, poniamo, analoga a quella riscontrata fra quelle di roma e quelle di latina, la vedo dura considerare quelle insulari come una ssp. distinta; al contrario, se la distanza genetica fra due popolazioni di presunti P. siculus, una insulare e una della terraferma prospiciente, fosse dello stesso ordine di grandezza di quella fra, ad es., P. siculus e P. waglerianus, credo che la popolazione insulare si potrebbe considerare specificamente distinta anche in mancanza di caratteri morfologici evidenti (che se non sbaglio, è quello che si sta facendo ultimamente in anfibi e rettili)

ovviamente ciò non significa che riguardo alla distanza genetica, come con qualunque altro criterio utilizzato di volta in volta nella storia della sistematica, sia necessariamente tutto oro quel che luccica :to: ...

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 Oggetto del messaggio: Re: Definizione di sottospecie.
MessaggioInviato: 30/12/2017, 17:43 
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Nome: Maurizio Gigli
gabrif ha scritto:
Da un messaggio di Maurizio:
Cita:
2) della lucertola sicula (Podarcis siculus) sono state descritte una quantità di sottospecie, praticamente una per ogni isolotto o scoglio del tirreno dove la specie è presente (di regola perché introdotta in epoca storica); tali sottospecie sono attualmente tutte in sinonimia, dato che a dispetto delle differenze fenotipiche talora rilevanti, le loro distanze genetiche sono risultate sostanzialmente pari a zero


Anche il criterio della distanza genetica, dato che non c'è il metro campione per misurarla, rischia di mordersi la coda: la sottospecie è tale quando la distanza genetica è "abbastanza lunga" :roll: :roll: :roll: ?

:hi: :hi: G.

Come ho già detto più volte, è mia opinione che la distanza genetica da sola non significhi nulla, o almeno soffra degli stessi problemi della differenza morfologica, ecc. Può essere uno dei fattori di cui tenere conto, insieme alla morfologia, al comportamento e via così, ma non deve essere l'unico elemento. Come giustamente osservato da Gabriele, il problema principale è: quale è la differenza genetica minima per poter distinguere due specie? Ed è sempre quella, o varia da un gruppo all'altro?

Livio ha scritto:
Serve conoscere la madre: se immessa (quando?) o autoctona, se ibrida oppure no ...
A questo punto (anche prima, per la verità), sarei curioso di leggere il lavoro.
Infatti credo che prima di dire altro, dovremmo trovare questo lavoro e leggere esattamente che c'è scritto.

gomphus ha scritto:
si è visto che in specie fitofaghe, una modificazione di un singolo gene, sia per mutazione diciamo così "classica" sia per meccanismi epigenetici, è sufficiente per cambiare la scelta della pianta ospite, da quel momento la popolazione mutata e infeudata alla nuova pianta ospite, nonostante sia sintopica con la popolazione preesistente, si trova ad essere riproduttivamente isolata e quindi, se non intervengono fattori nuovi a rimescolare le carte, destinata a differenziarsi come specie distinta, anche se inizialmente la distanza genetica fra le due popolazioni è praticamente nulla

Completamente d'accordo con te. Non è detto, comunque, che individui di una stessa popolazione iniziale, specializzatisi su piante ospiti diversi, restino completamente separati. Penso, ad esempio, a molte delle mie bestiole preferite. Classico il caso di floricoli, come molte Anthaxia, in cui specie che da larve attaccano piante diversissime, si ritrovano allo stadio adulto a frequentare gli stessi fiori nello stesso periodo (ad esempio, può capitare di trovare sullo stesso ranuncolo giallo A. salicis, da quercia, A. semicuprea, da acero, A. suzannae, da rosacea, A. scutellaris, da terebinto, A. istriana, da ginepro, ecc.). Ma anche specie non floricole fanno cose simili. Per esempio, spesso si trovano esemplari di varie specie di Agrilus concentrati sullo stesso fogliame, anche di piante diversissime dalle loro piante ospiti (non dimenticherò mai quando portai Curletti in uno dei miei "posti segreti" e, mentre era intento a raccogliere varie specie di Agrilus concentrate su un faggio crollato proprio sul crinale del monte, ci ha trovato, se non sbaglio, perfino un Agrilus albogularis, legato all'artemisia, e che credo non sia mai stato trovato prima nel Lazio). Comunque sia, un cambio di pianta ospite può certamente ridurre, ed in qualche caso impedire, le possibilità di accoppiamento con gli individui rimasti fedeli alla pianta ospite originaria, e nel tempo dare luogo al processo a cui si riferiva l'altro Maurizio.

A proposito di questo, giorni fa, in una delle varie discussioni entomologiche telefoniche con amici, si parlava proprio della possibilità di cambio di pianta ospite. Una eventualità da non escludere è che possa avvenire anche senza un precedente mutamento genetico, ma solo per necessità. Ovvero, se una femmina che deve deporre si trova nell'impossibilità di trovare la giusta pianta ospite, o perché non ce ne sono in zona (perché eliminate dall'uomo, o morte per altre cause, o perché l'esemplare si è allontanato molto dalla sua zona di origine, coi suoi mezzi o trasportato, anche allo stato larvale) o perché quelle che ci sono non hanno parti nelle condizioni adatte, che fa? Probabilmente cerca di deporre sulla pianta più simile alla sua portata, o su una qualunque, in casi estremi. Il più delle volte, le nuove larve potranno morire prima ancora di schiudere o morire d'inedia o, chissà, per avvelenamento, per aver mangiato qualcosa di non adatto. Ma a volte possono riuscire a completare lo sviluppo. In tal caso, i nuovi adulti cercheranno per deporre (in genere gli adulti sono più polifagi delle larve) la pianta ospite originaria o quella in cui si sono sviluppati? Dipende se la scelta è dipendente solo da caratteri genetici o se può essere influenzata dall'ambiente di sviluppo. In questo secondo caso potrebbe verificarsi uno spostamento sulla nuova pianta ospite. A me è personalmente capitato di osservare specie monofaghe su una certa pianta attaccarne una diversa in posti dove la prima non esisteva (o non esisteva più). Per esempio, ho osservato un caso di passaggio da Abies e Pinus, in Nord Africa, ed uno inverso, qui sull'Appennino centrale. Questo giustificherebbe pure la presenza, in molte zone del Maghreb in passato popolate da qualche specie di acacia, di una parte della coleotterofauna xilofaga legata normalmente a queste piante sui giuggioli selvatici. Suppongo che, man mano che le acacie si rarefacevano e scomparivano, qualche specie sia riuscita a spostarsi sull'unica cosa relativamente simile a disposizione, e sia sopravvissuta sul giuggiolo, mentre le altre si estinguevano.

aug ha scritto:
C'è di buono che la materia si presta a dotte, lunghe e piacevoli disquisizioni...come certa politica, ma, in fondo, queste almeno non fanno male a nessuno :birra: :birra: e buon 2018 a tutti, di cuore!
Concordo e ricambio :hi:

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 Oggetto del messaggio: Re: Definizione di sottospecie.
MessaggioInviato: 30/12/2017, 17:45 
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Iscritto il: 30/12/2009, 22:20
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Nome: Maurizio Gigli
gomphus ha scritto:
credo che le distanze genetiche vengano raffrontate con quelle riscontrate all'interno dello stesso gruppo (ad es. il gen. Podarcis); in questo caso, se la distanza genetica fra le lucertole di roma e quelle dell'isola di zannone è, poniamo, analoga a quella riscontrata fra quelle di roma e quelle di latina, la vedo dura considerare quelle insulari come una ssp. distinta; al contrario, se la distanza genetica fra due popolazioni di presunti P. siculus, una insulare e una della terraferma prospiciente, fosse dello stesso ordine di grandezza di quella fra, ad es., P. siculus e P. waglerianus, credo che la popolazione insulare si potrebbe considerare specificamente distinta anche in mancanza di caratteri morfologici evidenti (che se non sbaglio, è quello che si sta facendo ultimamente in anfibi e rettili)

Così ha più senso, ma resta inevitabilmente un criterio in parte soggettivo. Si torna sempre al fatto che bisogna contare sul buon senso e sulla competenza del descrittore.

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 Oggetto del messaggio: Re: Definizione di sottospecie.
MessaggioInviato: 30/12/2017, 17:53 
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Nome: maurizio pavesi
Julodis ha scritto:
... resta inevitabilmente un criterio in parte soggettivo. Si torna sempre al fatto che bisogna contare sul buon senso e sulla competenza del descrittore.

una vecchia definizione diceva scherzosamente che "una buona (sotto)specie è quella che un buon sistematico considera tale :hj: "...

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 Oggetto del messaggio: Re: Definizione di sottospecie.
MessaggioInviato: 30/12/2017, 18:17 
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Nome: Mauro Doneddu
Ho fatto una fatica del diavolo a ritrovare il passo relativo agli ibridi di Capra ibex e Capra aegragus, perchè quando l'ho letto, non essendo importante per lo scopo della mia ricerca, non ho pensato di segnarmi libro e pagina. Ma i dubbi dei due Maurizio, più che concreti, sono diventati miei, perciò quello che non mi era sembrato importante di colpo lo è diventato, anche se solo per soddisfare una curiosità. Alla fine di una lunga ricerca sono riuscito a ritrovarlo: della serie il massimo sforzo per un risultato minimo. Potrei essere preso come esempio classico di entropia :mrgreen:
Era a pagina 121 del libro " BIOLOGICAL SCIENCE FUNDAMENTALS AND SYSTEMATICS - Volume I"
Alessandro Minelli e Giancarlo Contrafatto, 2009.
allego un'istantanea del pezzo in questione:
Capra ibex.JPG


Tutto sommato, malgrado il rimbambimento incalzante, ricordavo più o meno giusto, tranne un punto importante: non erano gli ibridi di prima generazione a nascere a febbraio, ma quelli di seconda. Quindi gli ibridi sembravano perfetti in tutto, tranne il fatto che andavano in calore probabilmente a settembre, e quindi partorivano a febbraio.

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:hi:
Mauro


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 Oggetto del messaggio: Re: Definizione di sottospecie.
MessaggioInviato: 30/12/2017, 18:28 
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Nome: Gabriele Franzini
Anche io non resisto a questo genere di cacce al tesoro...

La fonte:
https://journals.co.za/content/wild/9/3-4/AJA03794369_1680

:hi: :hi: G.


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 Oggetto del messaggio: Re: Definizione di sottospecie.
MessaggioInviato: 30/12/2017, 20:11 
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Iscritto il: 30/12/2009, 22:20
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Località: Roma
Nome: Maurizio Gigli
Mauro ha scritto:
Ho fatto una fatica del diavolo a ritrovare il passo relativo agli ibridi di Capra ibex e Capra aegragus, perchè quando l'ho letto, non essendo importante per lo scopo della mia ricerca, non ho pensato di segnarmi libro e pagina. Ma i dubbi dei due Maurizio, più che concreti, sono diventati miei, perciò quello che non mi era sembrato importante di colpo lo è diventato, anche se solo per soddisfare una curiosità. Alla fine di una lunga ricerca sono riuscito a ritrovarlo: della serie il massimo sforzo per un risultato minimo. Potrei essere preso come esempio classico di entropia :mrgreen:
Era a pagina 121 del libro " BIOLOGICAL SCIENCE FUNDAMENTALS AND SYSTEMATICS - Volume I"
Alessandro Minelli e Giancarlo Contrafatto, 2009.
allego un'istantanea del pezzo in questione:
Capra ibex.JPG

Tutto sommato, malgrado il rimbambimento incalzante, ricordavo più o meno giusto, tranne un punto importante: non erano gli ibridi di prima generazione a nascere a febbraio, ma quelli di seconda. Quindi gli ibridi sembravano perfetti in tutto, tranne il fatto che andavano in calore probabilmente a settembre, e quindi partorivano a febbraio.

Così è un po' più comprensibile, anche se mancano comunque alcune informazioni importanti. Quel che leggo mi permette comunque di dire due cose, di cui una probabile, e la seconda sicura:
1 - già solo questo fatto, giustifica, secondo me, la separazione a livello specifico, visto che gli ibridi di seconda generazione sono, di fatto, inadatti alla sopravvivenza
2 - dal momento che sui Tatra c'era, prima che la portassero all'estinzione, Capra ibex (o, se vogliamo, Capra ibex ibex), insomma, lo stambecco alpino, capisco che abbiano voluto reintrodurlo dall'Austria, ma quale mente malata può aver partorito l'idea di introdurre altre due specie vicine (o sottospecie), per rinforzare la popolazione iniziale? Considerando poi che una, Capra aegagrus, viene da ambienti non troppo diversi da quelli alpini e delle montagne centroeuropee (almeno, le popolazioni delle montagne turche), ma l'altra, Capra nubiana, viene da ambienti totalmente diversi, molto più caldi e aridi, ed ovviamente deve avere adattamenti diversi, anche per quanto riguarda il periodo riproduttivo, a prescindere dal fatto che venga considerata specie o sottospecie.

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 Oggetto del messaggio: Re: Definizione di sottospecie.
MessaggioInviato: 30/12/2017, 20:43 
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Nome: Mauro Doneddu
Julodis ha scritto:
Mauro ha scritto:
Ho fatto una fatica del diavolo a ritrovare il passo relativo agli ibridi di Capra ibex e Capra aegragus, perchè quando l'ho letto, non essendo importante per lo scopo della mia ricerca, non ho pensato di segnarmi libro e pagina. Ma i dubbi dei due Maurizio, più che concreti, sono diventati miei, perciò quello che non mi era sembrato importante di colpo lo è diventato, anche se solo per soddisfare una curiosità. Alla fine di una lunga ricerca sono riuscito a ritrovarlo: della serie il massimo sforzo per un risultato minimo. Potrei essere preso come esempio classico di entropia :mrgreen:
Era a pagina 121 del libro " BIOLOGICAL SCIENCE FUNDAMENTALS AND SYSTEMATICS - Volume I"
Alessandro Minelli e Giancarlo Contrafatto, 2009.
allego un'istantanea del pezzo in questione:
L’allegato Capra ibex.JPG non è disponibile

Tutto sommato, malgrado il rimbambimento incalzante, ricordavo più o meno giusto, tranne un punto importante: non erano gli ibridi di prima generazione a nascere a febbraio, ma quelli di seconda. Quindi gli ibridi sembravano perfetti in tutto, tranne il fatto che andavano in calore probabilmente a settembre, e quindi partorivano a febbraio.

Così è un po' più comprensibile, anche se mancano comunque alcune informazioni importanti.

l'articolo che ha trovato Gabriele (Greig C. 1979. Principles of genetic conservation in relation to
wildlife management in Southern Africa. S. Africa Jour. of Wildl. Res., 9 (3-4): 57-78.) racconta la stessa storia con parole diverse: c'è qualche dato in più:
capra ibex 2.JPG


Ma anche questa non è la fonte originale. sia questo articolo che il mio libro stanno citando:
TURCEK, F.J. 1951. Effect of introductions on two game populations in Czechoslovakia. J. Wildl. Mgmt 15: 113 -114.

Julodis ha scritto:
Quel che leggo mi permette comunque di dire due cose, di cui una probabile, e la seconda sicura:
1 - già solo questo fatto, giustifica, secondo me, la separazione a livello specifico, visto che gli ibridi di seconda generazione sono, di fatto, inadatti alla sopravvivenza

Invece secondo me dimostra il fatto che non riusciremo mai a far quadrare il cerchio, cioè a dare una definizione sempre valida di specie (o sottospecie). Il tuo discorso non fa una grinza: le due popolazioni non fanno parte della stessa specie perchè alla fine non sono in grado di avere una discendenza. Questo però in Boemia. Magari in Andalusia, o in Grecia, dove febbraio è più mite, i piccoli sopravvivono e si ha introgressione delle due razze in una unica. Quindi non sono la stessa specie in Rep. Ceca, ma sono la stessa specie in Spagna. Evidentemente la natura non è fatta per essere inquadrata in schemi rigidi.
Julodis ha scritto:

2 - dal momento che sui Tatra c'era, prima che la portassero all'estinzione, Capra ibex (o, se vogliamo, Capra ibex ibex), insomma, lo stambecco alpino, capisco che abbiano voluto reintrodurlo dall'Austria, ma quale mente malata può aver partorito l'idea di introdurre altre due specie vicine (o sottospecie), per rinforzare la popolazione iniziale?

Questo invece è incontrovertibile. I mentecatti a differenza delle popolazioni di Capra ibex non si estingueranno mai.
O forse porteranno ad estinzione l'umanità in toto :? .

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 Oggetto del messaggio: Re: Definizione di sottospecie.
MessaggioInviato: 30/12/2017, 22:08 
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Nome: Livio Mola
Mi sono letto l'articolo originale (una paginetta).
In sostanza.
Vi fu una prima introduzione, dall'Austria, nel 1901. L'origine degli individui era dubbiosa, poiché l'esportatore era ben noto per i suoi esperimenti di incrocio sul genere Capra in generale e sugli stambecchi in particolare.
Alcuni anni dopo, vi fu una seconda introduzione con individui provenienti dall'Asia Minore e dal Sinai.
Le due nuove entità si riprodussero con lo stambecco, modificandone l'aspetto generale ma anche la fisiologia, risultata fatale per il ceppo autoctono; a causa dell'interazione genetica di ibex x hircus x nubiana, infatti, la stagione riproduttiva degli stambecchi di Tatra passò dall'inverno alla tarda estate, con conseguenti parti a febbraio-marzo, quando ci sono tempeste di neve e temperature ampiamente sotto lo zero. Quindi, di generazione in generazione, la prole morì.
Tralascio il resto.

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 Oggetto del messaggio: Re: Definizione di sottospecie.
MessaggioInviato: 30/12/2017, 23:39 
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Località: milano
Nome: maurizio pavesi
scusassero :to:

i risultati dell'incrocio (a questo punto mi sento di confermare che non si tratta di ibridi, ma di una nuova specie ibridogena) non è vero che non sono in grado di avere una discendenza, potenzialmente lo sono, il problema è che hanno ereditato caratteri (il periodo riproduttivo) che sarebbero favorevoli nelle aree desertiche africane, o in alcune aree semiaride dell'area mediterranea, dove il periodo dell'anno più sfavorevole è l'estate, non l'inverno, e quindi è utile che all'arrivo dell'estate i nuovi nati abbiano già qualche mese di vita e siano quindi sufficientemente irrobustiti... ma questi stessi caratteri divengono del tutto controproducenti in regioni dove è invece l'inverno a presentare le condizioni più proibitive

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 Oggetto del messaggio: Re: Definizione di sottospecie.
MessaggioInviato: 31/12/2017, 1:01 
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Nome: Livio Mola
gomphus ha scritto:
non è vero che non sono in grado di avere una discendenza, potenzialmente lo sono

Infatti sono fertili e la discendenza c'è sempre stata. Il fattore incidente è che ha dominato il carattere "estro tardo-estivo" su quello "invernale", portando a morte la prole non per disvitalità ma per l'ambiente (in quel momento!) ostile alla sopravvivenza.
La parte dell'articolo che ho omesso (per non "allargarmi" troppo), chiarisce:
"With protection, feeding, and management before World War II, Tatra "Ibexes" numbered more than 50. With illegal hunting and practically no care during wartime, there now survive only four female Ibex-like creatures as the last monuments of a once-powerful animal in the wild parts of the High Tatra mountains."

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