Benvenuto Ospite

Forum Entomologi Italiani

www.entomologiitaliani.net/forum
 
Oggi è 09/06/2025, 3:57

Tutti gli orari sono UTC + 1 ora [ ora legale ]

Problemi biogeografici 3: il genere Chalcophora in Italia



nuovo argomento
rispondi
Vai alla pagina Precedente  1, 2, 3
Pagina 3 di 3 [ 39 messaggi ]
Autore Messaggio
MessaggioInviato: 16/02/2016, 20:18 
Avatar utente

Iscritto il: 30/12/2009, 22:20
Messaggi: 31564
Località: Roma
Nome: Maurizio Gigli
f.izzillo ha scritto:
Daniè, sia che la massiliensis sia salita dall'Africa alla Penisola Iberica e poi discesa in Italia e Sicilia o che, sempre dall'Africa abbia fatto il percorso inverso, resta il problema di capire perchè "salta" la Campania e la Calabria tirreniche; questo è il problema che mi ponevo e non tanto quale percorso abbia fatto in quanto, in ogni caso, il quesito resta!

C'è una spiegazione logica ed indiscutibile, e sono certo che tutti ne converrete. Salta la Campania perché c'è l'Izzillo! E' l'unico fattore che la differenzia dal Lazio. E per stare tranquilla, evita pure la Calabria. :P

Daniele Maccapani ha scritto:
massiliensis: ........

Ci sono alcune cose che mi sembrano improbabili, dovute più che altro al fatto che probabilmente ti sei basato essenzialmente sulla distribuzione geografica:

Daniele Maccapani ha scritto:
massiliensis: mi sembra che l'ipotesi più probabile sia un'origine nordafricana, seguita da un'espansione alla Sicilia e alla penisola iberica (in volo? Secondo voi sarebbe ipotizzabile? Per un buon volatore non mi sembrano distanze eccessive...); dopo l'ultima glaciazione del Pleistocene la specie si riespande verso nord fino a dove trova un clima adatto.
Bisognerebbe vedere se 1) le popolazioni italiane derivano da una risalita di quelle siciliane fino a congiungersi con quelle iberiche o 2) da una espansione della popolazione iberica, che poi non è mai scesa oltre il Centro Italia. In entrambi i casi la spiegazione mi sembra semplice, senza bisogno di immaginare introduzioni antropiche (tranne forse in Italia nord-orientale: se la specie non è montana gli appennini potrebbero rappresentare una barriera, ma non mi sembra neanche così impossibile che qualche esemplare occasionale sia riuscito a superarli, riproducendovisi per qualche generazione, senza dare il via a popolazioni montane stabili, ma arrivando al versante dove prima la specie mancava).

Conoscendo la distribuzione delle altre specie probabilmente avresti pensato diversamente. Il genere Chalcophora è fondamentalmente olartico, con un numero di specie abbastanza simile in Eurasia ed in Nord America. Qualche specie sconfina nella Regione orientale (Indocina, soprattutto) ed in quella Neotropicale (sicuramente Centro America, e forse una specie fino in Perù, ma ora non ricordo e non posso controllare). Si tratta comunque di espansioni secondarie di poche specie. Nessuna nella Regione afrotropicale. Il genere è senza dubbio olartico, e le maggiori affinità le presenta probabilmente con le Chrysodema (Asia orientale, dal Giappone all'Indocina, Indomalesia e soprattutto Filippine), e le Chalcophorotaenia (ex Chalcotaenia) d'Australia. Stranamente, le Chalcophorella credo che siano meno strettamente imparentate con le Chalcophora, e le penso più affini alle Texania (dal nome si capisce che sono molto lontane dall'area mediterranea e medio-orientale delle Chalcophorella), e forse un po' meno con le Nipponobuprestis, di Giappone e Cina orientale, che sembrerebbero a metà strada tra il gruppo delle Chalcophorella e quello della Chalcophora. Se queste supposte parentele, che non sono sicure, ma solo ipotizzate da me, fossero corrette, l'origine del genere Chalcophora dovrebbe porsi probabilmente dalle parti della Cina meridionale o giù di lì.

Venendo a C. massiliensis, è sicuramente strettamente imparentata con Chalcophora mariana. Le differenze tra le due specie non sono grandissime, tanto che in passato erano ritenute un'unica specie, poi separate come sottospecie, ed infine considerate specie distinte, che molto probabilmente è corretto. C. mariana ha un'ampia distribuzione paleartica, che è più o meno questa (così ora ci sono tutte le specie italiane):

chalcophora_mariana.gif

(in questa cartina ho colorato male la Francia. C. mariana si trova solo al centro e al Nord, mentre nella parte mediterranea c'è C. massiliensis)

Con questa situazione io penserei ad un'origine, per massiliensis, in Spagna o Francia mediterranea, ed in seguito una estensione lungo la costa tirrenica italiana. Faccio inoltre notare che gli esemplari italiani, ed in particolare quelli del Lazio, mi sembrano essere più differenziati da mariana di quelli spagnoli (non ho mai visto esemplari francesi, su cui tra l'altro è stata descritta la specie).

Daniele Maccapani ha scritto:
se la specie non è montana gli appennini potrebbero rappresentare una barriera, ma non mi sembra neanche così impossibile che qualche esemplare occasionale sia riuscito a superarli, riproducendovisi per qualche generazione, senza dare il via a popolazioni montane stabili, ma arrivando al versante dove prima la specie mancava

Il fatto è che la specie non è montana in Italia (credo che al massimo risalga sulle colline intorno a Firenze, altrimenti è praticamente sempre di pinete costiere), ma in Spagna lo è. Tanti anni fa ne ho raccolte tante nelle bellissime pinete della Sierra de Gredos e della Sierra de Guadarrama, e non sono più basse dell'Appennino. Perché non raggiunga le nostre pinete montane è un mistero. O forse, sono troppo distanti da quelle costiere, e questa bestia, che evidentemente seguendo la costa è arrivata fino da noi, forse proprio perché, come dice Francesco, non tende ad avventurarsi a grande distanza dai pini, potrebbe semplicemente non essere riuscita a superare i territori intermedi tra le pinete costiere col Pinus halepensis e il pino da pinoli, e le zone montane con boschi di pino nero, ecc.

Su quel che hai detto su detrita, sono abbastanza d'accordo. E' una possibilità, anche se pure l'ipotesi di Maurizio Pavesi e Francesco Izzillo è atrettanto possibile.

_________________
Maurizio Gigli
http://utenti.romascuola.net/bups
http://bup.xoom.it/


Top
profilo
MessaggioInviato: 17/02/2016, 0:30 
Avatar utente

Iscritto il: 05/02/2009, 17:31
Messaggi: 9527
Località: milano
Nome: maurizio pavesi
Daniele Maccapani ha scritto:
Intervengo su massiliensis e detrita; vedo che intanto avete aggiunto un altro caso...

detrita: mi limito a dire che secondo me, se le piccole popolazioni italiane sono così simili alle altre di detrita detrita da non esserne distinguibili (se no, se ci fossero differenze anche piccole, con una distribuzione così assurda non credo che qualcuno si sarebbe sognato di ascriverle alla stessa sottospecie :? ), l'introduzione non può essere troppo antica: con la deriva genetica causata dal collo di bottiglia (che mi sembra evidente debba essere stato piuttosto forte!), di differenze se ne sarebbero prodotte quasi certamente! Quindi se le possibilità sono Repubbliche Marinare oppure Etruschi & co. :to: , io propenderei più per le prime... :oops:

ok :ok: però il suddetto collo di bottiglia potrebbe anche non essere stato così stretto :to: se consideriamo che lungo una rotta commerciale molto frequentata, il trasporto dei tronchi contenenti le Chalcophora potrebbe non essere avvenuto in una singola occasione, ma essere durato magari per decine di anni o più, quindi con ripetuti rimescolamenti del pool genetico della popolazione introdotta

f.izzillo ha scritto:
Maurizio, non credo a queste grandi capacità di volo delle Chalcophora; intendiamoci sono dei discreti volatori ma pesanti e impacciati non li ho mai visti volare per più di un paio di centinaia di metri e in genere quando il vento manca o è bassissimo. Inoltre non si allontanano dalle piante ospiti per cui non si spingono oltre il margine delle pinete se non accidentalmente e per brevi spazi. Ovviamente, dato il peso e l'ingombro, non sono animali che possano essere trasportati da venti per quanto forti.

ok :ok: allora arrivata in sicilia dal nordafrica su ammassi di tronchi alla deriva, e in italia centrale da nordovest, potrebbe starci?

in entrambi i casi, forse uno studio genetico del complesso delle popolazioni non sarebbe fuori luogo :D ...

_________________
*****************
Immagine maurizio


Top
profilo
MessaggioInviato: 17/02/2016, 0:50 
Avatar utente

Iscritto il: 06/11/2011, 23:59
Messaggi: 1134
Località: Casola Valsenio
Nome: Carlo Arrigo Casadio
Julodis ha scritto:
non tende ad avventurarsi a grande distanza dai pini, potrebbe semplicemente non essere riuscita a superare i territori intermedi tra le pinete costiere col Pinus halepensis e il pino da pinoli, e le zone montane con boschi di pino nero, ecc.


In realtà i pini in Emilia Romagna si trovano su tutto il territorio, sono tra le piante ornamentali più diffuse in parchi e giardini sia pubblici che privati; in pratica non c'è quasi soluzione di continuità tra le pinete costiere e quelle dell'appennino, solo che queste ultime sono molto più recenti, la maggior parte risalgono infatti agli anni 50 e 60 del secolo scorso.

_________________
Carlo Arrigo

"Solo un entomologo può capire il piacere da me provato nel cacciare per ore in qua e in là, sotto il sole cocente, tra i rami e i ramoscelli e la corteccia degli alberi caduti"
Alfred Russel Wallace


Top
profilo
MessaggioInviato: 17/02/2016, 8:11 
Avatar utente

Iscritto il: 30/12/2009, 22:20
Messaggi: 31564
Località: Roma
Nome: Maurizio Gigli
Carlo A. ha scritto:
Julodis ha scritto:
non tende ad avventurarsi a grande distanza dai pini, potrebbe semplicemente non essere riuscita a superare i territori intermedi tra le pinete costiere col Pinus halepensis e il pino da pinoli, e le zone montane con boschi di pino nero, ecc.


In realtà i pini in Emilia Romagna si trovano su tutto il territorio, sono tra le piante ornamentali più diffuse in parchi e giardini sia pubblici che privati; in pratica non c'è quasi soluzione di continuità tra le pinete costiere e quelle dell'appennino, solo che queste ultime sono molto più recenti, la maggior parte risalgono infatti agli anni 50 e 60 del secolo scorso.

1 - La presenza della C. massiliensis in Romagna non si sa bene a cosa attribuirla, ma direi che è molto probabile una sua introduzione in tempi recenti. Lo stesso si può dire della sua presenza in Veneto e Friuli. Per cui, non c'entra molto con quel che stavo dicendo a proposito della separazione tra pinete costiere ed appenniniche, che era riferito al versante tirrenico.
2 - la mia affermazione era riferita alle possibilità di espansione in tempi più lunghi, non negli ultimi decenni.
3 - Soprattutto nel Lazio, c'è effettivamente una separazione tra i boschi, o comunque territori con un certo numero di pini spontanei sulla costa e nell'interno. In pratica, oltre ad una stretta fascia costiera con Pinus halepensis, non c'è più niente fino alle pinete dell'Abruzzo. I singoli pini sparsi per la campagna ed i giardini cittadini, e quelli piantati lungo le strade, non è detto che bastino per l'espansione della specie. Per farti un esempio, nella zona di Roma in cui abito, di pini ce ne sono anche troppi, eppure non ho mai trovato nemmeno una traccia di Chalcophora, quando invece si trovano spesso attacchi di Melanthaxia, di Chrysobothris solieri e di qualche altro xilofago, come pure, su altre conifere importate, come le tuje o i cipressi, si trovano spesso Buprestis cupressi e Lamprodila festiva. Eppure, tra la pineta di Ostia, dove C. massiliensis è frequente, ed in certi anni molto abbondante, e la mia zona, ci saranno forse 30 km in cui tra un pino e l'altro sicuramente non passano più di 100 m come distanza massima.

Insomma, pare che questa specie, almeno in Italia, tenda a rimanere fedele alla propria zona ed abbia una scarsa tendenza ad espandersi. A differenza di altre.
Anche nelle pinete piantate nell'Appennino laziale nel secolo scorso, dopo la seconda guerra mondiale, pur essendo state colonizzate da varie specie (tra i Buprestidi, ricordo Anthaxia godeti, Anthaxia liae, Phaenops cyanea, Buprestis novemmaculata, Chrysobothris solieri) nessuno, che io sappia, ha mai trovato traccia di Chalcophora.

_________________
Maurizio Gigli
http://utenti.romascuola.net/bups
http://bup.xoom.it/


Top
profilo
MessaggioInviato: 17/02/2016, 13:18 
Avatar utente

Iscritto il: 09/06/2012, 20:57
Messaggi: 4282
Località: Mesola (FE)
Nome: Daniele Maccapani
Rispondo in breve solo a un paio di cose ;)

Julodis ha scritto:
probabilmente ti sei basato essenzialmente sulla distribuzione geografica

Confermo! :D Non ho alcuna conoscenza reale sull'argomento, sto intervenendo letteralmente per gioco :to: (giusto per provare a ragionarci un po', perché lo trovo un argomento veramente molto interessante)

Julodis ha scritto:
Conoscendo la distribuzione delle altre specie probabilmente avresti pensato diversamente.

Julodis ha scritto:
Il genere Chalcophora è fondamentalmente olartico [...] Qualche specie sconfina nella Regione orientale [...] ed in quella Neotropicale [...] Si tratta comunque di espansioni secondarie di poche specie. Nessuna nella Regione afrotropicale.

Di per sé, questo non esclude che l'attuale distribuzione di questa specie derivi dalla risalita in fase post-glaciale da aree rifugio meridionali, che è sostanzialmente quello che avevo ipotizzato.
Il fatto è che questa distribuzione mi ricorda più o meno quella di alcuni mammiferi e uccelli riespansi verso nord dai classici tre rifugi pleistocnici (iberico, siciliano e balcanico), quindi mi era venuto spontaneo immaginare una situazione analoga (dando anche per scontato che in quanto buprestidi amassero il caldo, mentre invece vedo che varie specie sono di alte latitudini).
Se poi abbiamo che la specie più vicina è C. mariana, che è distribuita a nord, allora convengo che probabilmente massiliensis ne è una vicariante meridionale, che deve essersi espansa da nord :ok:
(poi magari si è originata in questo modo, ma con le glaciazioni si è ritirata a sud, e da qui risalita in seguito verso nord per dare la distribuzione attuale... l'unico modo per saperlo sarebbero analisi genetiche)

In ogni caso resta il mistero del buco campano-calabrese (anche se la presenza dell'Izzillo effettivamente potrebbe essere l'elemento chiave :gh: :gh: ).

gomphus ha scritto:
ok però il suddetto collo di bottiglia potrebbe anche non essere stato così stretto se consideriamo che lungo una rotta commerciale molto frequentata, il trasporto dei tronchi contenenti le Chalcophora potrebbe non essere avvenuto in una singola occasione, ma essere durato magari per decine di anni o più, quindi con ripetuti rimescolamenti del pool genetico della popolazione introdotta

Possibilissimo :oops:
Anche in questo caso le possibilità sono diverse, e la (quasi) certezza si potrebbe avere solo con analisi genetiche, confrontando la variabilità allelica delle popolazioni italiane di detrita con le altre, per vedere se è simile (quindi collo di bottiglia non molto stretto) o se in italia risulta ridotta (quindi collo di bottiglia stretto). (ovviamente l'ho semplificata, ma era giusto per capirsi)

:hi:

_________________
"Lasciate questo mondo un po' migliore di come lo avete trovato" (Sir Robert Baden Powell)
Immagine Daniele


Top
profilo
MessaggioInviato: 17/02/2016, 13:51 
Avatar utente

Iscritto il: 30/12/2009, 22:20
Messaggi: 31564
Località: Roma
Nome: Maurizio Gigli
Daniele Maccapani ha scritto:
In ogni caso resta il mistero del buco campano-calabrese (anche se la presenza dell'Izzillo effettivamente potrebbe essere l'elemento chiave :gh: :gh: ).

Di tutto ciò che abbiamo detto fino ad ora, questa è l'unica cosa certa. :mrgreen:

PS - La distribuzione del genere, assente nell'Africa subsahariana, non era per dimostrare che massiliensis non possa essere arrivata dal Nord Africa, ma solo per darti qualche informazione generale su dove vivessero le specie del genere Chalcophora.

Considerando che l'affine C. mariana, pur non sembrando avere adattamenti diversi, vive tranquillamente anche in zone con clima molto più freddo dell'area mediterranea, penso che C. massiliensis possa essere sopravvissuta all'ultimo glaciale in boschi di pini rimasti nelle zone più favorevoli della Penisola Iberica, forse anche lungo le coste della Francia meridionale e della Liguria.

Comunque, io sono abbastanza convinto che la popolazione siciliana ci sia arrivata in qualche modo per importazione o altro in tempi relativamenti recenti (dalle popolazioni italiane tirreniche, da quelle francesi o spagnole?), perché è sospetta quella estensione così limitata (ancora più sospetta di quella laziale). Faccio notare che questa specie, come altre del suo genere, ha le larve che si sviluppano nello spessore del legno di ceppi e tronchi morti, e che, come tali, potrebbero essere facilmente trasportate col legname. Penso anche che siano arrivate così sul versante adriatico, in tempi più recenti.

_________________
Maurizio Gigli
http://utenti.romascuola.net/bups
http://bup.xoom.it/


Top
profilo
MessaggioInviato: 17/02/2016, 15:19 
Avatar utente

Iscritto il: 05/02/2009, 17:31
Messaggi: 9527
Località: milano
Nome: maurizio pavesi
Julodis ha scritto:
... Comunque, io sono abbastanza convinto che la popolazione siciliana ci sia arrivata in qualche modo per importazione o altro in tempi relativamenti recenti (dalle popolazioni italiane tirreniche, da quelle francesi o spagnole?), perché è sospetta quella estensione così limitata (ancora più sospetta di quella laziale). Faccio notare che questa specie, come altre del suo genere, ha le larve che si sviluppano nello spessore del legno di ceppi e tronchi morti, e che, come tali, potrebbero essere facilmente trasportate col legname. Penso anche che siano arrivate così sul versante adriatico, in tempi più recenti.

se ci è arrivata dal nordafrica o dal centro italia (o dalle coste mediterranee nordoccidentali) potrebbe aiutare a stabilirlo l'analisi genetica, faccio solo notare che l'attuale distribuzione potrebbe rispecchiare non l'areale in cui è arrivata (o è stata introdotta), ma semplicemente quello in cui è sopravvissuta fino ai giorni nostri

in epoca romana (e cartaginese) almeno il nord dell'attuale sahara era occupato da foreste rade e savane alberate con fiumi e laghi, quindi non mi sembra azzardato supporre che anche aree mediterranee oggi decisamente aride (o meglio, semiaride) all'epoca lo fossero meno dell'attuale; e quindi, una specie introdotta dal nordafrica sulle coste meridionali siciliane avrebbe potuto in teoria diffondersi ampiamente in sicilia, salvo successivamente, con l'inaridimento del clima, veder restringersi l'areale ai territori che conservavano condizioni favorevoli

anche se mi sembra di aver capito che le Chalcophora in italia, ove introdotte, hanno una scars(issim)a tendenza ad espandere autonomamente il proprio areale :? ...

_________________
*****************
Immagine maurizio


Top
profilo
MessaggioInviato: 17/02/2016, 15:53 
Avatar utente

Iscritto il: 30/12/2009, 22:20
Messaggi: 31564
Località: Roma
Nome: Maurizio Gigli
gomphus ha scritto:
anche se mi sembra di aver capito che le Chalcophora in italia, ove introdotte, hanno una scars(issim)a tendenza ad espandere autonomamente il proprio areale :? ...

Questo sembrerebbe confermato anche da quel che fa Chalcophora detrita
Nel seppur breve periodo trascorso da quando cerco insetti, poco meno di 50 anni, mi pare che non si sia spostata di un millimetro. I posti in cui la si trova ora sono gli stessi in cui la trovavo da ragazzo. Benché lungo la costa ci sia un ambiente adatto a questa specie per centinaia di km.

_________________
Maurizio Gigli
http://utenti.romascuola.net/bups
http://bup.xoom.it/


Top
profilo
MessaggioInviato: 17/02/2016, 16:26 
Avatar utente

Iscritto il: 19/06/2012, 14:35
Messaggi: 5609
Località: Alfonsine (RA)
Nome: Marco Villani
Carlo A. ha scritto:
Julodis ha scritto:
non tende ad avventurarsi a grande distanza dai pini, potrebbe semplicemente non essere riuscita a superare i territori intermedi tra le pinete costiere col Pinus halepensis e il pino da pinoli, e le zone montane con boschi di pino nero, ecc.


In realtà i pini in Emilia Romagna si trovano su tutto il territorio, sono tra le piante ornamentali più diffuse in parchi e giardini sia pubblici che privati; in pratica non c'è quasi soluzione di continuità tra le pinete costiere e quelle dell'appennino, solo che queste ultime sono molto più recenti, la maggior parte risalgono infatti agli anni 50 e 60 del secolo scorso.


Il problema è che nella fascia di mezzo, ossia la pianura interna, sebbene i pini siano molto presenti, difficilmente troverai dei grossi tronchi secchi in un giardino o in un parco. Inoltre diverse pinete (come anche le aree dove hanno piantato douglasia) stanno regredendo a favore della vegetazione autoctone e quindi sono spesso sostituite da Fagetum e Querco-Ostryetum. Inoltre la loro formazione recente ne riduce l'entomofauna, che comunque ha un valore piuttosto basso. In genere si tratta di specie normalmente legate anche ad altre conifere come Picea e Abies che sono autoctone sull'appennino, come le Stictoleptura rubra e gli Arhopalus. Se dovessi cercare questa specie mi orienterei o sulle pinete costiere più aride come la pineta di Cervia e quella di Classe, oppure sulle piccole aree della Vena del Gesso (specialmente l'area di Brisighella e Riolo Terme) dove sono presenti vecchi Pinus pinaster piantati da moltissimi anni e che sono in associazione con Quercus pubescens. Però se ci fosse credo sarebbe anche segnalata da Contarini nelle memorie dell'istituto italiano di speleologia (Serie II, 2015).

Ciao.


Top
profilo
Visualizza ultimi messaggi:  Ordina per  
nuovo argomento
rispondi
Vai alla pagina Precedente  1, 2, 3
Pagina 3 di 3 [ 39 messaggi ]

Tutti gli orari sono UTC + 1 ora [ ora legale ]


Chi c’è in linea

Visitano il forum: Nessuno e 1 ospite


Non puoi aprire nuovi argomenti
Non puoi rispondere negli argomenti
Non puoi modificare i tuoi messaggi
Non puoi cancellare i tuoi messaggi
Non puoi inviare allegati

Cerca per:
Vai a:  



Loading...