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Problemi biogeografici 7: elementi termofili in Provenza



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MessaggioInviato: 25/07/2016, 22:07 
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Nome: Marco Villani
Il discorso delle ooteche terrebbe nel caso di mantidi sinantropiche o comunque senza particolari esigenze ambientali. Al massimo, come dicevo, ci sarebbe la Rivetina che, sebbene fosse rara lungo la costa e solo in ambienti intatti, sarebbe riuscita a deporre un'ooteca su una cassa lasciata sulla duna. A contrario, le Pseudoyersinia e le Prionotropis (queste ultime a differenza dei Pamphagus, che sono più versatili) abitano zone rocciose abbastanza distanti dalla costa e da qualunque porto. Inoltre Prionotropis depone le uova nel terreno tra gli anfratti rocciosi mentre Pseudoyersinia sulle rocce o talvolta su piccole pianticelle erbacee secche. Dubito che i fenici si sarebbero inerpicati su per le colline ad appoggiare i loro materiali.
Inoltre mi sembra strano che ben tre specie (parlo delle Prionotropis) siano riuscite a diversificarsi così tanto dalle altre nel giro di qualche migliaio di anni.
A mio parere l'ipotesi migliore è quella di una diffusione originariamente continua lungo anche le coste Italiane, con una successiva estinzione lungo la penisola per competizione con specie simili che occupano la medesima nicchia ecologica o per predazione.


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MessaggioInviato: 26/07/2016, 0:07 
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marco villa ha scritto:
Hemerobius ha scritto:
Ripassare le modalità di trasporto marittimo antico . Ma proprio vicino ai porti antichi, guarda caso, troviamo taxa "fuori posto", sia vegetali che animali.


Per caso erano soliti imbarcare rocce prese dalle colline vicine, facendo attenzione che la cavalletta che c'era sopra non cadesse durante il tragitto fino alla nave? :gh:

...
Sì, a parte l'attenzione alla cavalletta. Infatti le navi molto spesso viaggiavano vuote, nel senso che portavano merce ad un porto e tornavano senza merce, ma dovevano essere zavorrate, e con cosa pensi le zavorrassero? Inoltre le "colline vicine" cosa significa? Pensi che una qualche bestiola mediterranea stesse ben attenta a non avvicinarsi alla costa? Le spiagge di allora erano ben diverse da quelle attuali.
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MessaggioInviato: 26/07/2016, 0:10 
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Località: da Ferrara ad Alghero
Nome: Roberto A. Pantaleoni
marco villa ha scritto:
Il discorso delle ooteche terrebbe nel caso di mantidi sinantropiche o comunque senza particolari esigenze ambientali. Al massimo, come dicevo, ci sarebbe la Rivetina che, sebbene fosse rara lungo la costa e solo in ambienti intatti, sarebbe riuscita a deporre un'ooteca su una cassa lasciata sulla duna. A contrario, le Pseudoyersinia e le Prionotropis (queste ultime a differenza dei Pamphagus, che sono più versatili) abitano zone rocciose abbastanza distanti dalla costa e da qualunque porto. Inoltre Prionotropis depone le uova nel terreno tra gli anfratti rocciosi mentre Pseudoyersinia sulle rocce o talvolta su piccole pianticelle erbacee secche. Dubito che i fenici si sarebbero inerpicati su per le colline ad appoggiare i loro materiali.
Inoltre mi sembra strano che ben tre specie (parlo delle Prionotropis) siano riuscite a diversificarsi così tanto dalle altre nel giro di qualche migliaio di anni.
A mio parere l'ipotesi migliore è quella di una diffusione originariamente continua lungo anche le coste Italiane, con una successiva estinzione lungo la penisola per competizione con specie simili che occupano la medesima nicchia ecologica o per predazione.

Ma di cosa stiamo parlando, di specie endemiche della Provenza o di specie presenti in Provenza e nel Mediterraneo meridionale con ampie lacune di presenza lungo le coste italiane e franco-iberiche? Mi sembra ci sia un po' di confusione, la diffusione antropica vale per le seconde.
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MessaggioInviato: 26/07/2016, 1:35 
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Nome: Marco Uliana
marco villa ha scritto:
Dubito che i fenici si sarebbero inerpicati su per le colline ad appoggiare i loro materiali.

Magari i materiali provenivano dalle colline vicine dove c'erano uliveti, cave, greggi, orti. Non credo che le navi imbarcassero solo merci prodotte nel raggio di cento metri (tanto per dire) dal molo...

Devi anche tener conto che le coste mediterranee sono per lo più rocciose, a falesia o con colline che scendono direttamente nel mare a fianco delle baie doive si può approdare. A poche decine di metri in linea d'aria dal mare l'ambiente può essere più o meno lo stesso che un chilometro all'interno. Su questa base mi sembra un pò azzardato escludere che specie tipiche di ambienti rocciosi interni non si possano trovare presso le coste.

Sulla questione delle "singole specie biogeograficamente fuori posto": considera che ci sono varie evidenze di fenomeni di speciazione rapida, o comunque di segregazione di ceppi morfologicamente distinti e/o non più interfecondi (non voglio cavillare sulla definizione di specie ma solo richiamare il fenomeno evolutivo) avvenute in poche centinaia di anni in seguito ad esempio a espansione (antropogenica) dell'areale, o cambiamento dell'alimentazione specializzata: per esempio negli Xanthium (Asteracee), nelle Rhagoletis (Tephritidae), nei topi delle Faroe, nei Gracillaridi del genere Acrocercops. Per non parlare dei famosi ciclidi dei laghi africani, che si sono diversificati in molte centinaia di specie in meno di centomila (forse anche ventimila) anni.
Solo uno spunto su una materia vasta, di cui non sono esperto.


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MessaggioInviato: 26/07/2016, 10:01 
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Nome: Marco Villani
Hemerobius ha scritto:
Ma di cosa stiamo parlando, di specie endemiche della Provenza o di specie presenti in Provenza e nel Mediterraneo meridionale con ampie lacune di presenza lungo le coste italiane e franco-iberiche? Mi sembra ci sia un po' di confusione, la diffusione antropica vale per le seconde.
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Tutte e due: sia delle stesse specie con questa distribuzione sia di generi dove le specie molto affini tra loro sono presenti in Provenza ed in altre zone distanti.

Non è che non volessero scendere fino alla costa, è più che altro un fatto si esigenze ambientali. Evidentemente sono tutte specie che patiscono una eccessiva ventilazione, come ho potuto osservare specialmente nelle Ameles (genere affine a Pseudoyersinia), che infatti non trovo mai sulle dune costiere. Per le Prionotropis non saprei perché non le ho mai viste, ma da quel che vedo non esistono dati per le aree costiere, anche dove queste sono intatte (eccetto P. rhodanica alla foce del Rodano). Un motivo ci sarà.
E quindi come avrebbero fatto a trasportare una cavalletta di quelle dimensioni da una parte all'altra del Mediterraneo? Ripeto che le ooteche di Prionotropis sono deposte in mezzo agli anfratti rocciosi. Ripeto inoltre che tre specie diversificate in poche migliaia di anni mi puzzano non poco. E poi le coincidenze davvero non tornano (abbiamo già una decina di esempi), considerando che esistevano anche altri porti nel Mediterraneo, più grandi di quello di Marsiglia, dove non ci sono tracce di Mantodei e Ortotteri con strane distribuzione.

Intanto ho fatto queste mappe riassuntive della distribuzione di Prionotropis e Pseudoyersinia.

Prionotropis.
prionotropis.png



La presenza in sud Italia di P. appula è di origine trans-adriatica, tanto che le popolazioni greche erano ritenute di questa stessa specie prima di essere descritte come P. willemsorum.

Pseudoyersinia.
prionotropis_2.png



Inoltre c'è una recente revisione del genere Prionotropis dove potete vedere in che modo si sia diversificato anche in Europa su-occidentale (P. azami, P. rhodanica e P. flexuosa).


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MessaggioInviato: 26/07/2016, 10:54 
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Nome: maurizio pavesi
ovviamente non voglio dire che queste distribuzioni siano per forza da attribuire a trasporto antropico, ma solo far presente che questo può essere un meccanismo plausibile

Hemerobius ha scritto:
... le navi molto spesso viaggiavano vuote, nel senso che portavano merce ad un porto e tornavano senza merce, ma dovevano essere zavorrate, e con cosa pensi le zavorrassero? Inoltre le "colline vicine" cosa significa? Pensi che una qualche bestiola mediterranea stesse ben attenta a non avvicinarsi alla costa? Le spiagge di allora erano ben diverse da quelle attuali.

e in alcune fasi anche il clima era diverso da quello attuale, di volta in volta più caldo o più freddo; 5000 anni fa il sahara era coperto di foreste rade e savane alberate, con fiumi e laghi, e ancora in epoca romana era assai meno desertico di adesso (il che corrispondeva a un clima più caldo dell'attuale, anche se sembra un paradosso :to: ), quindi mi sembra un po' azzardato dare per scontato che la distribuzione, rispetto alla linea di costa, che osserviamo oggi in alcuni gruppi, fosse la stessa che nelle condizioni ambientali dell'epoca

faccio presente che al museo di milano è conservato un Pamphagus marmoratus trovato qualche anno fa... a milano :o in piazza del duomo, verosimilmente trasportato con un carico di verdura o altro dalla sicilia, e che le ceste piene di derrate alimentari, anche solo come provviste per la traversata, suppongo si usasse trasportarle anche allora :mrgreen:

marco villa ha scritto:
Da quanto scrivi, credo che le spiegazioni siano le seguenti.

esempio 1: quel gruppo di Arge era un tempo diffuso anche in tutta quell'area e si è spostato fino in Madagascar. Poi qualche sconvolgimento climatico (come la progressiva desertificazione di vaste aree del continente africano) o la competizione con faune terrestri recentemente giunte in Africa da Suez hanno fatto estinguere i taxa continentali ed è rimasta solo la specie malgascia, al sicuro da sconvolgimenti climatici e soprattutto dalla competizione (o predazione) di altre specie...

solo che le faune di sinfiti a nord e a sud del sahara per il resto non hanno niente in comune, nemmeno come generi; se l'Arge del madagascar è una specie relitta (o una specie differenziatasi in loco da una popolazione relitta di A. ochropus), è plausibile che questo non si sia verificato per nessuna altra specie di Tenthredinoidea :? ? che so, di Athalia, Macrophya, Tenthredo, giusto per citare alcuni generi che mi vengono in mente, comprendenti anche specie decisamente termofile, quindi non confinate a regioni particolarmente fresche e umide

Hemerobius ha scritto:
La Provenza è stata certamente un'importante zona di rifugio nell'ultimo glaciale, la presenza di specie endemiche ad affinità meridionali di quell'area può essere giustificata con questo che sembra ormai essere un dato di fatto.
.....
Infine l'interessante presenza in Provenza di specie ad affinità balcaniche che "saltano" gli appennini centrali e meridionali è ben nota, ma di diversa (anche se a me sconosciuta) origine ed interpretazione.

ripropongo l'ipotesi che avevo fatto nella discussione linkata:

1) espansione dell'areale dall'area balcanica e/o mediterranea meridionale fino alla provenza durante una fase di clima caldo, che può essere stata alla fine del terziario, prima nell'inizio delle glaciazioni, o immediatamente dopo la fine dell'ultimo glaciale (probabilmente in tutt'e due), quando a quanto pare si è avuto un picco di clima caldo non più raggiunto in seguito, a causa del susseguirsi delle cosiddette "piccole glaciazioni"

2) estinzione (totale o meno) delle popolazioni che occupavano i territori intermedi, durante le successive fasi di deterioramento climatico

concludo facendo presente, come ha ricordato anche marco-glaphyrus :ok: , che la differenziazione di una popolazione locale in una specie endemica (o in quello che noi abbiamo interpretato come tale :to: ) non indica necessariamente un'origine particolarmente antica della stessa

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MessaggioInviato: 26/07/2016, 18:38 
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Nome: Maurizio Gigli
gomphus ha scritto:
ripropongo l'ipotesi che avevo fatto nella discussione linkata:

1) espansione dell'areale dall'area balcanica e/o mediterranea meridionale fino alla provenza durante una fase di clima caldo, che può essere stata alla fine del terziario, prima nell'inizio delle glaciazioni, o immediatamente dopo la fine dell'ultimo glaciale (probabilmente in tutt'e due), quando a quanto pare si è avuto un picco di clima caldo non più raggiunto in seguito, a causa del susseguirsi delle cosiddette "piccole glaciazioni"

2) estinzione (totale o meno) delle popolazioni che occupavano i territori intermedi, durante le successive fasi di deterioramento climatico

concludo facendo presente, come ha ricordato anche marco-glaphyrus :ok: , che la differenziazione di una popolazione locale in una specie endemica (o in quello che noi abbiamo interpretato come tale :to: ) non indica necessariamente un'origine particolarmente antica della stessa

Io aggiungerei anche un altro fattore che credo di una certa importanza nell'area mediterranea: le continue e spesso pesanti alterazioni ambientali di origine antropica che, in alcuni periodi di più, in altri di meno, hanno interessato un po' tutti i territori che circondano il Mediterraneo, ormai da qualche millennio. Non mi riferisco solo all'introduzione volontaria o casuale di specie vegetali ed animali, ma anche alle trsformazioni degli ecosistemi in conseguenza dell'agricoltura e della pastorizia (e nei casi estremi, dell'urbanizzazione), che possono aver favorito certe specie e sfavorito altre, portando anche all'estinzione di specie in certi territori.

TUtte queste variabili rendono, a mio parere, estremamente difficile dedurre con certezza le vere cause di distribuzioni apparentemente di tipo relitto come queste.

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MessaggioInviato: 26/07/2016, 22:19 
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Nome: maurizio pavesi
Julodis ha scritto:
Io aggiungerei anche un altro fattore che credo di una certa importanza nell'area mediterranea: le continue e spesso pesanti alterazioni ambientali di origine antropica che, in alcuni periodi di più, in altri di meno, hanno interessato un po' tutti i territori che circondano il Mediterraneo, ormai da qualche millennio. Non mi riferisco solo all'introduzione volontaria o casuale di specie vegetali ed animali, ma anche alle trasformazioni degli ecosistemi in conseguenza dell'agricoltura e della pastorizia (e nei casi estremi, dell'urbanizzazione), che possono aver favorito certe specie e sfavorito altre, portando anche all'estinzione di specie in certi territori.

Tutte queste variabili rendono, a mio parere, estremamente difficile dedurre con certezza le vere cause di distribuzioni apparentemente di tipo relitto come queste.

probabilmente in parte hai ragione :ok: però c'è un punto che non mi convince :?

come hai ricordato, le alterazioni ambientali di origine antropica in funzione dell'utilizzo agro-pastorale (pensiamo ad es. agli incendi appiccati deliberatamente per eliminare la macchia mediterranea e sostituirla con formazioni prative adatte per il pascolo) hanno colpito un po' tutti i territori che circondano il mediterraneo... mi riesce difficile ammettere che nel caso di determinate specie, queste azioni antropiche possano aver totalmente annientato le popolazioni peninsulari italiane, lasciando invece indenni sia quelle provenzali che quelle greche

invece c'è un altro aspetto che non abbiamo ancora considerato, e che potrebbe dar conto anche (ma non solo) del fatto che sia nell'europa sud-occidentale, sia nella penisola balcanica, ci sono una quantità di specie sia di Zabrus che di Dorcadion s.l. (gli uni e gli altri legati prevalentemente ad habitat steppici), mentre quelle italiane degli uni e degli altri sono in numero minimo

questi territori avevano a sud ampi spazi dove gli elementi termo-xerofili potevano trovare aree di rifugio durante le fasi quaternarie di deterioramento climatico, per poi tornare ad espandersi verso nord al ritorno di un clima più caldo

invece le popolazioni della penisola italiana a sud avevano il mare, è verosimile che i contingenti termo-xerofili terziari italiani siano andati incontro durante il quaternario a un'estinzione molto più generalizzata rispetto a quelli balcanici e iberico-provenzali, con possibilità molto più limitata di ricolonizzazione; è ormai accertato che un ponte di terra emersa "transadriatico" (in senso lato), almeno nel quaternario, non è mai esistito, e che le diffusioni "transadriatiche" recenti (cioè con differenziazione modesta o nulla) si devono con ogni probabilità a colonizzazione su zattere originate da formazioni deltizie sulla costa orientale adriatica, o evt (per le specie atte al volo) a colonizzazione via aeroplancton; in entrambi i casi, meccanismi assolutamente casuali, dai quali una colonizzazione riuscita o il suo fallimento possono risultare senza alcuna logica prevedibile a priori

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MessaggioInviato: 27/07/2016, 8:15 
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Nome: Maurizio Gigli
gomphus ha scritto:
invece c'è un altro aspetto che non abbiamo ancora considerato, e che potrebbe dar conto anche (ma non solo) del fatto che sia nell'europa sud-occidentale, sia nella penisola balcanica, ci sono una quantità di specie sia di Zabrus che di Dorcadion s.l. (gli uni e gli altri legati prevalentemente ad habitat steppici), mentre quelle italiane degli uni e degli altri sono in numero minimo

questi territori avevano a sud ampi spazi dove gli elementi termo-xerofili potevano trovare aree di rifugio durante le fasi quaternarie di deterioramento climatico, per poi tornare ad espandersi verso nord al ritorno di un clima più caldo

invece le popolazioni della penisola italiana a sud avevano il mare, è verosimile che i contingenti termo-xerofili terziari italiani siano andati incontro durante il quaternario a un'estinzione molto più generalizzata rispetto a quelli balcanici e iberico-provenzali, con possibilità molto più limitata di ricolonizzazione;

Su questo non credo ci siano dubbi, ma era stato solo accennato nei primi interventi, in quanto dato ormai come assodato. Vale un po' per tutti gli elementi termofili in generale, non solo di ambiente steppico, e non solo tra gli insetti, con alcune eccezioni (probabilmente, alcune specie sono riuscite a resistere in piccole aree di rifugio anche lungo la penisola italiana, ma meno che nella penisola iberica e nei balcani, inoltre queste due penisole hanno avuto più contatti col Nord Africa, la prima, e con la penisola anatolica (e di conseguenza il Medio Oriente), la seconda, che hanno consentito il ritorno di specie che in Italia generalmente non sono riuscite a tornare. Anzi, a mio parere, questa ricolonizzazione dal Maghreb e dal Medio Oriente ha avuto molta più importanza nel determinare la maggior presenza di elementi termofili e termoxerofili nelle penisole iberica e balcanica che non la maggiore presenza di aree di rifugio su queste stesse penisole rispetto a quella italiana. Basti pensare al numero di specie comuni tra Spagna meridionale e Marocco, o tra Grecia e Turchia, in gruppi tipicamente termofili, come ad esempio quello di cui mi occupo, e non solo.
Ad esempio, le due specie di Julodis iberici, una delle quali arriva fino in Provenza, sono strettamente imparentate a quelle maghrebine, una molto strettamente (è una sottospecie di Julodis onopordi, a diffusione, per il resto, Nord-Africana), l'altra un po' meno, ma comunque sempre di chiare origini maghrebine. Per le due specie balcaniche di Julodis si può dire lo stesso. Una, Julodis ehrenbergi, oltre ai Balcani vive in gran parte del Medio Oriente, dalla Turchia all'Egitto, l'altra, Julodis pubescens, è endemica dei Balcani, con una sottospecie a Creta, ma è chiaramente imparentata con specie medio-orientali.
Tra l'altro, il fatto che in ciascuna delle due penisole ci sia un taxon strettamente imparentato (in un caso, lo stesso) con quelli di zone adiacenti che hanno certamente costituito aree di rifugio nei glaciali, accompagnato da una specie un po' più differenziata, che potrebbe indicare un isolamento più lungo, potrebbe indicare un ritorno del genere avvenuto in due periodi diversi. La prima cosa che mi viene da pensare è che le entità più differenziate siano tornate nelle due penisole europee in un interglaciale più antico, e le altre due in uno più recente.
Questo è solo un esempio, ma tra i Buprestidi ce ne sono tantissimi, sia in Spagna che in Grecia. Per l'Italia molto di meno, ed anche più difficilmente spiegabili ed irregolari, come dovrebbe essere in una situazione in cui poche specie sarebbero sopravvissute in zone di rifugio nella Penisola o nelle isole maggiori, a cui si potrebbero essere aggiunte altre specie arrivate alcune via terra (da Nord, principalmente dai Balcani), ma anche via mare, o portate dal vento, come accennavi, o forse portate, in qualche caso, dall'uomo. Tra i casi che mi vengono in mente tra i Buprestidi cito in Sardegna Buprestis douei e Sphenoptera impressifrons, con chiare origini nordafricane, non ancora chiarite; in Sicilia il caso più eclatante è quello di Chrysobothris dorsata (anche in questo caso, non si sa bene cosa ci faccia in Sicilia una specie africana, ma essendo presente, anche se si è scoperto da relativamente poco, anche in alcune zone della Spagna e della Grecia, ritengo possibile che sia una delle specie precedentemente diffusa lungo le coste mediterranee e riuscita a resistere ai glaciali in zone di rifugio nelle tre penisole). Per la Penisola, mi limito a citare due Capnodis, Capnodis miliaris e Capnodis cariosa. Sono entrambe elementi decisamente termofili, che si estendono in tutto il Medio Oriente, fino in Iran, però in qualche modo in Italia ci sono, la prima solo all'estremo Sud, la seconda un po' in tutto il Centro-Sud. Sono le discendenti di quelle sopravvissute in rifugi nel Sud della Penisola? Ci sono tornate dopo dai Balcani (in Nord Africa occidentale non ci sono)? In che modo?

Comunque, ho idea che tutta questa cosa delle zone di rifugio da sola non basti a spiegare certe distribuzioni indicate da Marco. Potrebbe essere uno dei fattori che hanno contribuito, anzi quasi certamente lo è, ma su cui si devono poi essere innestati altri fenomeni.

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Julodis ha scritto:
... Questo è solo un esempio, ma tra i Buprestidi ce ne sono tantissimi, sia in Spagna che in Grecia. Per l'Italia molto di meno, ed anche più difficilmente spiegabili ed irregolari, come dovrebbe essere in una situazione in cui poche specie sarebbero sopravvissute in zone di rifugio nella Penisola o nelle isole maggiori, a cui si potrebbero essere aggiunte altre specie arrivate alcune via terra (da Nord, principalmente dai Balcani), ma anche via mare, o portate dal vento, come accennavi, o forse portate, in qualche caso, dall'uomo. Tra i casi che mi vengono in mente tra i Buprestidi cito in Sardegna Buprestis douei e Sphenoptera impressifrons, con chiare origini nordafricane, non ancora chiarite; in Sicilia il caso più eclatante è quello di Chrysobothris dorsata (anche in questo caso, non si sa bene cosa ci faccia in Sicilia una specie africana, ma essendo presente, anche se si è scoperto da relativamente poco, anche in alcune zone della Spagna e della Grecia, ritengo possibile che sia una delle specie precedentemente diffusa lungo le coste mediterranee e riuscita a resistere ai glaciali in zone di rifugio nelle tre penisole). Per la Penisola, mi limito a citare due Capnodis, Capnodis miliaris e Capnodis cariosa. Sono entrambe elementi decisamente termofili, che si estendono in tutto il Medio Oriente, fino in Iran, però in qualche modo in Italia ci sono, la prima solo all'estremo Sud, la seconda un po' in tutto il Centro-Sud. Sono le discendenti di quelle sopravvissute in rifugi nel Sud della Penisola? Ci sono tornate dopo dai Balcani (in Nord Africa occidentale non ci sono)? In che modo?

Comunque, ho idea che tutta questa cosa delle zone di rifugio da sola non basti a spiegare certe distribuzioni indicate da Marco. Potrebbe essere uno dei fattori che hanno contribuito, anzi quasi certamente lo è, ma su cui si devono poi essere innestati altri fenomeni.

finora a proposito di trasporto antropico abbiamo posto l'attenzione su prodotti agricoli, piante da mettere a dimora con relativo pane di terra, terriccio di varia natura imbarcato come zavorra... ma che dire di sterpi e ramaglie assortiti, da utilizzare come combustibile, in cui poteva esserci di tutto di più? ho il sospetto che fra un eventuale trasporto di ramaglie di tamerici destinate a questo scopo e la presenza di Buprestis douei in sardegna potrebbe esserci un nesso, il che ovviamente non esclude che invece (o inoltre) ci sia arrivata per conto suo, in volo, con l'aiuto del vento

e lo stesso potrebbe al limite essere accaduto per le due Capnodis che citavi, magari in aggiunta alla colonizzazione su zattere provenienti dalle formazioni deltizie della sponda orientale dell'adriatico (in alcuni periodi passati molto più imponenti di quanto siano oggi), o a quella come aeroplancton, entrambe decisamente più facili che tra nordafrica e sardegna, data la distanza fra le due coste (attualmente una settantina di km, e in periodi di regressione marina sicuramente meno)

specie come la Sphenoptera potrebbero anche essere arrivate come probabilmente sono arrivati il Carabus morbillosus, il Dicheirotrichus punicus e altro (e magari, fra i buprestidi, il Cyphosoma lawsoniae): con terreno caricato come zavorra, in questo caso contenente radici di Inula viscosa o comesichiamaadesso, in cui si trovavano adulti già schiusi e pronti a uscire... riconosco, ad ogni modo, che fra le specie citate solo il morbillosus si può oggettivamente escludere che ci sia arrivato per conto suo in volo :to:

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Nome: Marco Villani
Per quanto riguarda i collegamenti tra Penisola Iberica e Maghreb e Balcani ed Anatolia ho qualche dubbio. Mi viene da pensare che, durante l'ultima glaciazione, l'acqua fosse venuta a mancare non solo nei mari provocando l'abbassamento del livello marino, ma innanzitutto dall'atmosfera, riducendo drasticamente la piovosità. Pertanto è possibile che aree che oggi sono desertiche, allora lo fossero ancora di più. In questo modo molte faune delle coste africane del Mediterraneo sarebbero andate estinguendosi. Il ché spiega anche come mai i gruppi afrotropicali siano così diversi da quelli nordafricani. Poche decine di migliaia di anni non sarebbero state sufficienti a diversificare interi generi. Per quanto riguarda i Mantodei, aggiunto che esistono solo 3 specie (Oxypiloidea maroccana, Tenodera rungsi, Tarachodes saussurei) in cui il genere ha origini africane (nel caso di T. saussurei la stessa specie è presente anche nel Golfo di Guinea e nel Sahel). In questo modo, l'unica speranza di salvezza per la fauna iberica era la catena dell'atlante che, in mezzo alle valli, poteva offrire riparo da nord per il gelo e da sud per la desertificazione estrema. Per il resto non credo esistano specie di origine europea presenti in altre aree del nord Africa, salvo nella zona dell'Atlante (salvo elementi nilotici). Seguendo questo ragionamento, è possibile intuire che i due generi che avevo utilizzato come esempio (Prionotropis e Pseudoyersinia) potessero avere una diffusione molto ampia nel Mediterraneo (Prionotropis) oppure solo nella parte occidentale (Pseudoyersinia). A seguito degli sconvolgimenti trattati sopra, oggi questi generi sono limitati in zone con le seguenti caratteristiche: zone che durante l'ultima epoca glaciale godevano di temperature relativamente alte; zone in cui la desertificazione era poco accentuata; zone ove, dalla fine della glaciazione fino ad oggi, mancano predatori/competitori. Il fatto che i due generi siano brachitteri ed incapaci di volare (almeno nelle femmine) li rende degli ottimi esempi in quanto tendono a spostarsi molto lentamente ed è probabile che l'areale che vediamo oggi sia molto simile a quello di decine di migliaia di anni fa. Infine, volevo farvi notare che la Prionotropis della Spagna orientale (P. flexuosa) ha la specie più simile in Anatolia (P. maculinervis), mentre appare piuttosto dissimile dal blocco balcanico-italico-provenzale. Imputerei la cosa ad una origine del genere panmediterranea, con il genere che si è diffuso dall'Africa settentrionale raggiungendo gli estremi occidentali e orientali del Mediterraneo (ove vi sono i "ponti"): Spagna e Anatolia. Infatti sia la specie spagnola che quella anatolica hanno ali dei maschi ben sviluppate, quindi un carattere arcaico, mentre le altre specie hanno maschi brachitteri.

Magari poi ho scritto una castroneria dietro l'altra. E' un argomento che mi affascina ma sul quale non sono ferrato :oops: .


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Nome: Maurizio Gigli
gomphus ha scritto:
finora a proposito di trasporto antropico abbiamo posto l'attenzione su prodotti agricoli, piante da mettere a dimora con relativo pane di terra, terriccio di varia natura imbarcato come zavorra... ma che dire di sterpi e ramaglie assortiti, da utilizzare come combustibile, in cui poteva esserci di tutto di più?
Se è per questo, visto che trasportavano pure animali (pecore, capre, mucche, cavalli, maiali, conigli, ecc.), e che i viaggi in mare, anche per le relativamente brevi distanze del Mediterraneo, richiedevano comunque un certo tempo, coi mezzi d'allora, dovevano trasportare anche fieno e altri vegetali per nutrire gli animali durante il viaggio, e pure lì dentro poteva esserci di tutto.
Comunque, non trascuriamo le capacità di spostamento, anche casuale degli insetti, che come ben sai, possono essere sorprendenti. I vari casi che hai citato potrebbero essersi originati nei modi più svariati, e mi sa che non lo sapremo mai con sicurezza. Già non siamo sicuri neppure di ciò che quasi certamente è avvenuto durante il brevissimo (in tempi geologici) periodo della nostra attività entomologica! (vedi il morbillosus ad Ostia, che fino a qualche anno fa verosimilmente non c'era).

marco villa ha scritto:
Per quanto riguarda i collegamenti tra Penisola Iberica e Maghreb e Balcani ed Anatolia ho qualche dubbio. ......

Troppa carne al fuoco! Sarebbe meglio esaminare singolarmente i vari casi, ma è un gruppo che non conosco. Mi limito a qualche considerazione generale.
Per prima cosa, attento a non generalizzare. e' vero che nei periodi glaciali c'era meno evaporazione, quindi un clima mediamente più arido per la minore piovosità, ma non ovunque. Intanto, la minore evaporazione dal suolo dovuta alle temperature più basse poteva rendere meno aride determinate zone delle fasce tropicali e subtropicali. Le diverse temperature determinavano differenze nelle zone di alta e bassa pressione, quindi circolazione atmosferica diversa, venti che tiravano in modo, direzione e posizione differenti; oltre alla differenza di livello dei mari, le temperature e le correnti marine erano diverse, i ghiacciai alteravano profondomante le condizioni climatiche anche delle zone circostanti, ecc. In pratica, certe zone erano sicuramente più aride di adesso, ma altre no. Per esempio, come già accennava qualche messaggio fa Maurizio P., il Nord africa era complessivamente più fresco e relativamente umido, in sostanza, in gran parte l'attuale Sahara non era un deserto, ma una distesa steppica che gradualmente volgeva in savana spostandosi a Sud, senza una vera e propria barriera ecologica con l'Africa vera e propria. Tanto che il deserto del Sahara è probabilmente il più giovane deserto del mondo, il che spiega an che perché siano così scarse le specie veramente desrticole endemiche di questo grande territorio. In realtà ora il Sahara è popolato da un insieme di specie che hanno diverse origini:
1 - poche specie superstiti della originaria fauna prima della desertificazione
2 - alcune specie risalite verso Nord dal sahel, ovvero la zona di transizione tra savana e deserto
3 - specie originarie della costa mediterranea e dei monti del Maghreb che sono riuscite ad adattarsi al nuovo ambiente
4 - la gran parte delle specie sahariane proviene invece dai deserti e semideserti del Medio Oriente ed Asia centrale, ed hanno conquistato il Sahara man mano che si estendeva, partendo dalla sua estremità orientale.

marco villa ha scritto:
Per il resto non credo esistano specie di origine europea presenti in altre aree del nord Africa, salvo nella zona dell'Atlante (salvo elementi nilotici)

Anche qui, non si può generalizzare. Le specie di origine europea in Nord Africa ci sono. Solo per fare qualche esempio nei Buprestidi, che conosco meglio (ma vale anche per altri gruppi), le Capnodis, appunto, sono arrivate in Africa dall'Europa. Infatti in questo genere si capisce bene che il centro di origine è nel Medio Oriente, con numerose specie anche molto differenziate. Parecchie, ma non tutte, hanno raggiunto i Balcani, di queste solo 4 sono riuscite ad estendersi in Italia [non credo per trasporto antropico come ipotizzato da Maurizio P., ma con le loro forze, via terra tenebrionis e tenebricosa, sempre via terra, lungo la fascia costiera, per cariosa o forse, chissà mai, anche per trasporto in mare (improbabile per cariosa, possibile per miliaris) o volando, trascinate dai venti].
Più ad Ovest dell'Italia, in Francia, Spagna, Portogallo, sono arrivate solo tenebrionis e tenebricosa (cariosa pare abbia raggiunto la Sardegna, come limite estremo occidentale, in questi ultimi anni, forse con l'aiuto di un passaggio in nave). E le stesse due sono scese in Nord Africa dalla Spagna, estendendosi lungo la fascia costiera verso Est. Lo stesso vale probabilmente per Eurytyrea, Dicerca, ed altri generi. Più strano è il discorso delle Chalcophora, con Chalcophora maura, del Maghreb, chiaramente imparentata con Chalcophora intermedia, di Corsica, Calabria (Sila) e Balcani.
Insomma, una situazione molto complessa, in cui probabilmente sono esistite, oltre a direttive predominanti, orientate principalmente dal Medio Oriente verso il Mediterraneo occidentale, sia seguendo l'Europa meridionale, sia la costa africana, altri percorsi di spostamento che si sono intrecciati e sovrapposti, magari invertendosi col cambiare delle condizioni.

Mi interrompo qui, perché sono a Serrone con la chiavetta, e la connessione va e viene.

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non ho granché da aggiungere all'ottima esposizione del mio semiomonimo :D se non che la C. cariosa da noi è difficile che possa essere arrivata via terra; il ponte di terra emersa fra puglia e costa orientale adriatica, che era stato ipotizzato in passato, a quanto pare non è mai esistito, almeno non in tempi recenti compatibili con le distribuzioni osservate (dato che una popolazione di origine molto antica a questo punto sarebbe verosimilmente ben differenziata), le accurate prospezioni dei fondali marini tra puglia e penisola balcanica non hanno mai trovato traccia di sedimenti che indicassero una fase recente di terra emersa; e al culmine delle regressioni marine nei periodi glaciali, quando la costa nord-adriatica si trovava (se ricordo bene) circa all'altezza di ancona, considerando le condizioni climatiche mi sembra poco probabile che la cariosa a nord arrivasse fin lì

quindi considerando l'introduzione antropica come l'ipotesi meno probabile, rimangono

1) trasporto su zattere di resti vegetali (anche di grandi dimensioni, come interi alberi)

2) spostamento attivo in volo

che non si escludono a vicenda; ad es., in presenza di ammassi vegetali alla deriva e spinti verso le nostre coste da venti di levante, insetti avventuratisi in volo sulla superficie del mare (o spinti dal vento) potrebbero aver sfruttato gli ammassi in questione, andandovisi a posare e rimanendovi fino al loro spiaggiamento, e superando in tal modo anche distanze che difficilmente avrebbero potuto coprire con le loro sole forze, anche se aiutati da venti favorevoli

concordo in pieno sul fatto che difficilmente sapremo mai cosa è successo realmente, salvo alcuni casi particolari; teniamo anche presente che distribuzioni apparentemente simili in gruppi diversi potrebbero anche essersi originate in modo profondamente differente

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Julodis ha scritto:
Anche qui, non si può generalizzare. Le specie di origine europea in Nord Africa ci sono. Solo per fare qualche esempio nei Buprestidi, che conosco meglio (ma vale anche per altri gruppi), le Capnodis, appunto, sono arrivate in Africa dall'Europa. Infatti in questo genere si capisce bene che il centro di origine è nel Medio Oriente, con numerose specie anche molto differenziate. Parecchie, ma non tutte, hanno raggiunto i Balcani, di queste solo 4 sono riuscite ad estendersi in Italia [non credo per trasporto antropico come ipotizzato da Maurizio P., ma con le loro forze, via terra tenebrionis e tenebricosa, sempre via terra, lungo la fascia costiera, per cariosa o forse, chissà mai, anche per trasporto in mare (improbabile per cariosa, possibile per miliaris) o volando, trascinate dai venti].
Più ad Ovest dell'Italia, in Francia, Spagna, Portogallo, sono arrivate solo tenebrionis e tenebricosa (cariosa pare abbia raggiunto la Sardegna, come limite estremo occidentale, in questi ultimi anni, forse con l'aiuto di un passaggio in nave). E le stesse due sono scese in Nord Africa dalla Spagna, estendendosi lungo la fascia costiera verso Est. Lo stesso vale probabilmente per Eurytyrea, Dicerca, ed altri generi. Più strano è il discorso delle Chalcophora, con Chalcophora maura, del Maghreb, chiaramente imparentata con Chalcophora intermedia, di Corsica, Calabria (Sila) e Balcani.
Insomma, una situazione molto complessa, in cui probabilmente sono esistite, oltre a direttive predominanti, orientate principalmente dal Medio Oriente verso il Mediterraneo occidentale, sia seguendo l'Europa meridionale, sia la costa africana, altri percorsi di spostamento che si sono intrecciati e sovrapposti, magari invertendosi col cambiare delle condizioni.


Tuttavia non saprei come spiegare la quasi totale assenza di specie di origine afrotropicale a nord di un deserto formatosi così recentemente. Possibile che, quando si è formato, siano migrate tutte a sud di esso? Mi sembra decisamente strano. Se è vero che lì prima c'era una savana, le caratteristiche ambientali erano abbastanza simili a quelle di alcune zone dell'odierno Magreb. Pertanto, secondo me, è avvenuta piuttosto recentmente una drastica estinzione di gran parte della fauna nordafricana, eliminando quasi tutti gli elementi afrotropicali. le specie oggi presenti sono in gran parte, come dici tu, venute dall'Europa, o dal Medio Oriente, oppure si sono rifugiate nell'Atlante. Per le specie deserticole il discorso invece cambia poiché, essendo abituate a tali ambienti, probabilmente erano sopravvissute anche durante il culmine della desertificazione. Per quanto riguarda il modo in cui sono giunte lì, prima della drastica desertificazione, hai già esposto le possibilità sulle quali mi trovo d'accordo.


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gomphus ha scritto:
non ho granché da aggiungere all'ottima esposizione del mio semiomonimo :D se non che la C. cariosa da noi è difficile che possa essere arrivata via terra; il ponte di terra emersa fra puglia e costa orientale adriatica, che era stato ipotizzato in passato, a quanto pare non è mai esistito, almeno non in tempi recenti compatibili con le distribuzioni osservate (dato che una popolazione di origine molto antica a questo punto sarebbe verosimilmente ben differenziata), le accurate prospezioni dei fondali marini tra puglia e penisola balcanica non hanno mai trovato traccia di sedimenti che indicassero una fase recente di terra emersa; e al culmine delle regressioni marine nei periodi glaciali, quando la costa nord-adriatica si trovava (se ricordo bene) circa all'altezza di ancona, considerando le condizioni climatiche mi sembra poco probabile che la cariosa a nord arrivasse fin lì

quindi considerando l'introduzione antropica come l'ipotesi meno probabile, rimangono

1) trasporto su zattere di resti vegetali (anche di grandi dimensioni, come interi alberi)

2) spostamento attivo in volo

che non si escludono a vicenda; ad es., in presenza di ammassi vegetali alla deriva e spinti verso le nostre coste da venti di levante, insetti avventuratisi in volo sulla superficie del mare (o spinti dal vento) potrebbero aver sfruttato gli ammassi in questione, andandovisi a posare e rimanendovi fino al loro spiaggiamento, e superando in tal modo anche distanze che difficilmente avrebbero potuto coprire con le loro sole forze, anche se aiutati da venti favorevoli

concordo in pieno sul fatto che difficilmente sapremo mai cosa è successo realmente, salvo alcuni casi particolari; teniamo anche presente che distribuzioni apparentemente simili in gruppi diversi potrebbero anche essersi originate in modo profondamente differente

In generale la penso allo stesso modo, sul caso particolare delle Capnodis potrebbero esserci spiegazioni diverse (anche se concordo sul fatto che non lo sapremo mai).

Intanto distinguiamo il caso di cariosa e quello di miliaris.
Per quanto riguarda Capnodis miliaris, per cui non escluderei affatto la possibilità di una importazione antropica antica (ai tempi dei greci, probabilmente), mi sembra plausibile un arrivo "su zattera" dai Balcani. Si tratta di una specie che vive sui pioppi, piante che notoriamente crescono lungo le rive dei corsi d'acqua, quindi spesso sradicate e trasportate in mare dalle esondazioni dei fiumi, e che sono tra le più frequenti che troviamo spiaggiate anche oggi.

Per quanto riguarda la Capnodis cariosa, vive da noi su lentisco e terebinto, nel Mediterraneo orientale e Medio Oriente (si spinge, con le varie ssp., fino in Iran, mentre la miliaris arriva addirittura in Cina) anche su altre specie del genere Pistacia, compresa Pistacia vera.
Il lentisco, almeno in Italia, è una pianta tipicamente della fascia costiera, che di rado si allontana dal mare (qui nel Lazio, ne conosco qualche esemplare sparso sulle colline intorno a Tivoli, che sono comunque ambienti decisamente xerotermici che in tempi recenti si affacciavano sul mare, prima che i vulcani laziali riempissero di piroclasti il grande golfo dove ore sorge Roma), e perfino qualche pianta superstite dentro Roma, testimonianza della flora che esisteva prima dell'urbanizzazione. Il terebinto si trova invece, di solito, sui versanti esposti a Sud (o a Ovest, qui sul lato tirrenico) della fascia collinare, per esempio sul preappennino, a quote dai 200 ai 600 m, da queste parti.
Ipotizzo che nei periodi di regressione marina durante i glaciali, in quella che ora è la metà settentrionale dell'Adriatico, possa esserci stata una fascia, tra la costa e le zone interne a clima più rigido, dove poteva svilupparsi, se non il lentisco, almeno il terebinto, che potrebbe aver consentito l'espansione verso Ovest di questa specie, o meglio, il mantenimento dei contatti tra le popolazioni della penisola italiana e quelle balcaniche e del Mediterraneo orientale. Oppure, questa specie è piuttosto stabile e le differenze che potevano generarsi tra le popolazioni durante l'isolamento nei periodi glaciali finivano per annullarsi per rimescolamento dei caratteri quando negli interglaciali le popolazioni rientravano in contatto (ricordo che da noi cariosa risale, sul versante adriatico, fino al Monte Conero, e lungo la costa balcanica risale parecchio a Nord, per cui la lacuna nella distribuzione si riduce, di fatto, alla fascia costiera della pianura padano-veneta, del cui ambiente naturale originario resta ben poco). Forse poi non è un caso che nei glaciali l'Adriatico arrivasse fino ad Ancona e quello sia anche il limite di distribuzione in Italia di questa specie? Vedo invece improbabile il trasporto di questa specie allo stato larvale (o adulto in celletta) sul mare, in quanto le piante ospiti difficilmente si trovano in condizioni di poter essere trascinate in mare, mentre è possibile uno spostamento attivo in volo degli adulti (magari non solo in caso di tempeste, ma anche posandosi su ammassi di vegetazione galleggiante, come dicevi), visto che, al pari della congenere, è una specie che vola molto bene e si sposta anche per lunghi tratti.

marco villa ha scritto:
Tuttavia non saprei come spiegare la quasi totale assenza di specie di origine afrotropicale a nord di un deserto formatosi così recentemente. Possibile che, quando si è formato, siano migrate tutte a sud di esso? Mi sembra decisamente strano.
marco villa ha scritto:
Pertanto, secondo me, è avvenuta piuttosto recentmente una drastica estinzione di gran parte della fauna nordafricana, eliminando quasi tutti gli elementi afrotropicali.

Però così ti contraddici da solo!
Comunque, si, quando si è formato il Sahara, la maggior parte delle specie "africane" o si è spostata verso Sud, o si è estinta in quelle aree. Pochissime (rispetto a quel che probabilmente c'era prima) sono riuscite ad adattarsi e a sopravvivere nell'area sahariana (più che altro, nei pochi ambienti un po' più favorevoli, o nella fascia subdesertica a Nord del Sahara, qualcuna si è adattata a vivere negli ambienti sparsi tra le catene montuose dell'Atlante o lungo le coste mediterranee).
Del resto, non dimenticare che fino a circa 100.000 anni fa, con l'inizio della glaciazione wurmiana, ovvero l'ultima, anche l'Europa meridionale aveva una buona dose di fauna africana. Se qui a Roma (ma anche molto più a Nord) c'erano elefanti, rinoceronti, ippopotami, coccodrilli, leoni, iene, leopardi, ecc., vuoi che non ci fosse anche una parte di entomofauna africana? Solo che le testimonianze fossili di insetti sono più scarse. Il Wurmiano ha portato all'estinzione quasi totale di queste specie africane (qualcosa era o è rimasto nelle zone più calde dell'Europa meridionale e in Nord Africa, anche se poi ci ha pensato l'uomo a terminare l'opera), sostituite da specie di clima freddo di origine eurasiatica, attualmente anch'esse estintesi nell'area mediterranea, o ridotte ad ambienti di rifugio ad alta quota (per esempio, le marmotte), ed infine da specie di clima temperato sempre di origine eurasiatica, quelle che costituiscono gran parte del popolamento attuale.

marco villa ha scritto:
Per le specie deserticole il discorso invece cambia poiché, essendo abituate a tali ambienti, probabilmente erano sopravvissute anche durante il culmine della desertificazione.

Il fatto è che, non essendoci in precedenza un vero deserto, in quello che ora è il Nord Africa, o la Penisola Arabica, di specie deserticole ce n'erano ben poche. C'erano specie adattate a climi relativamente aridi, come sono anche certe zone mediterranee, la savana, la steppa. Che sono quelle che popolano ora, in gran parte, l'area subdesertica ed i pochi ambienti di rifugio nell'area desertica, insieme a quelle arrivate prevalentemente da Est, evolutesi in deserti più antichi, che hanno approfittato della desertificazione progressiva da Est verso Ovest. Non a caso, ancora oggi, la fauna desrticola del Sahara è molto meno ricca e varia di quella che si ha, per esempio, nel deserto del Kalahari, non certo meno severo come condizioni climatiche, ma con una fauna molto più ricca (è un deserto più antico).

PS - Il culmine della desertificazione in Nord Africa è ora!

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Maurizio Gigli
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