Articolo molto interessante che lascia un gusto un pò amaro e che porta a cercare le cause al di là di una semplice discussione sul sistema più idoneo di classificazione.
Io ricordo quando ero uno studente universitario (adesso lo sono di nuovo), durante la tesi in biologia marina (2003) si discuteva sulla mancanza di sistematici. Ma soprattutto ci si rendeva conto come gran parte degli studi (e i relativi finanziamenti) andassero più verso lo studio delle dinamiche a livello di comunità piuttosto che analizzare la singola specie o gruppo di specie.
L'andamento della politica sull'istruzione sta portando a voler considerare l'università come un'azienda; un'azienda che deve produrre e rivendere. Se per una facoltà di ingegneria risulta più facile immaginare cosa studiare e come rivenderlo sul mercato, per una facoltà scientifica con indirizzo naturalistico risulta più difficile. Tale difficoltà deriva dal fatto che ci si scontra con l'ottusità di chi crede che saper distinguere un Arbacia lixula da un Paracentrotus lividus sia una cosa inutile e infruttuosa. Per non parlare dei beni culturali (Pompei docet).
Quando si inizierà a considerare ignorante anche chi, oltre a non conoscere chi ha scritto "I promessi sposi", non conosce la differenza tra molecola e atomo (che si insegna a scuola, ma chissà perchè un avvocato si sente in diritto di non saperlo o non ricordarlo) forse qualcosa cambierà.
Spero di non essere andato troppo fuori tema
